Per una comprensione sobrIA #3: definire concetti organizzatori

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Una riflessione in tre parti, lucida e senza illusioni, sull’infrastruttura logistica della conoscenza, per arrivare a un suo uso autonomo ed emancipato. Terza parte: definire concetti organizzatori.

I due contributi precedenti hanno chiarito che le conoscenze e le competenze necessarie per comprendere e usare in modo emancipato l’infrastruttura logistica della conoscenza sono dinamiche e che pertanto ogni loro riduzione a syllabus, a framework o – peggio! – a manualistica addestrativa è assolutamente ingannevole. La condanna di queste forzature dovrebbe anzi essere una delle priorità di un corretto rapporto etico e deontologico con apparati in continua mutazione, funzionale e cognitiva.

L’accettazione di un sapere e di un saper fare che possono continuamente rimettere in discussione la zona di comfort operativo e culturale appena raggiunta è anzi il primo elemento costitutivo di una comprensione davvero sobria. Accanto a ciò – o forse ancora prima – è necessario un posizionamento davvero critico sul complesso socio-tecnico di riferimento, che ha con assoluta prevalenza finalità di profitto ed è di conseguenza proprietario, monopolistico, energivoro, iper-estrattivo ad alto impatto ambientale, chiuso, autoregolato, verticistico e fondato su lavoro invisibilizzato[1].

Come già affermato, siamo nel campo della cittadinanza attiva. La direzione da rivendicare è il servizio universale aperto, a controllo democratico e – in primo luogo – eco-compatibile. L’infrastruttura logistica della conoscenza dovrebbe cioè essere trasformata da risorsa per l’investimento individuale e l’acquisizione di voucher da spendere nella competizione permanente, a zona di sviluppo cooperativo e mutualistico, per l’incremento di accessibilità, comprensibilità e condivisione paritaria e pluriversale[2] della conoscenza, restituita alla sua vocazione di bene comune.

Per dare senso e forza a questa posizione è necessario individuare potenzialità dell’infrastruttura con valenze inclusive e collettive, abilitanti e non abiliste.

Proverò di seguito a indicarne alcune, con l’avvertenza che il terreno di sperimentazione, analisi e confronto a mio giudizio attualmente più promettente non è – ancora – la mediazione didattica, anche se ho già in passato sottolineato la possibile convergenza dei dispositivi generativi  con lo Universal Design for Learning, ora arricchita dalle nuove funzionalità produttive e/o trasformative di materiali multimediale.

C’è bisogno invece di protagonismo operativo e cognitivo nel campo dell’attività intellettuale dialogica: solo così sarà davvero praticato e compreso – sobriamente praticato e sobriamente compreso – il proprio mutato e mutante rapporto con la conoscenza da parte di persone già acculturate e quindi in grado di individuare, discutere, apprezzare (o evitare) gli aspetti metacognitivi dell’infrastruttura, evocati anche da Gemini Storybook:

Abbiamo già accennato che il sistema in atto (e in progress) coniuga produzione, integrazione e ibridazione di manufatti mediatici molto diversi tra loro, facilitando o assumendosi totalmente gli aspetti esecutivi della loro elaborazione. La discussione etica e giuridica sull’autorialità[3] e sulla creatività[4] è molto complessa e qui non la affrontiamo, perché ciò che ci interessa è piuttosto il fatto che i dispositivi generativi spingono l’orizzonte culturale generale verso una transizione dall’egemonia del testo verbale a forme comunicative multimediali, crossmediali e multimodali.

Questo contesto operativo e culturale, se realizzato come servizio universale ad approccio intenzionalmente inclusivo, potrà democratizzare l’accesso alla conoscenza, perché rispettoso di stili cognitivi differenti e di background culturali eterogenei, ampliando le occasioni di apprendimento, arricchendo le relative strategie e rendendo l’acculturazione collettiva più equa.

In questa prospettiva, è più che mai importante sapere (e quindi prima imparare a) tenere in equilibrio l’opportunità di velocizzare gli aspetti esecutivi e ripetitivi di un’attività culturale e la necessità di riflettere “con lentezza”, ovvero in modo attento e ponderato, su quelli significativi ed evolutivi.

Un esempio ai confini della banalità: la realizzazione di immagini e video come supporto alla comprensione (e, perché no? alla stesura) di un testo può contare sulla sempre più collaudata efficienza computazionale e sulla conseguente rapidità esecutiva dei dispositivi e nel contempo richiede un approccio “slow” alla progettazione e al concepimento delle indicazioni con valenza generativa.

Un altro ambito dell’attività culturale può essere soggetto a una sorta di sisma cognitivo: accanto alla lettura “ordinaria” da parte degli esseri umani, si va infatti configurando una sorta di “metalettura”, tipica dei taccuini inter-attivi come NotebookLM o Perplexity.ai, a cui gli umani possono consegnare materiali culturali parzialmente multimediali[5], da scansionare, analizzare, classificare. Gli utenti potranno così formulare domande libere, ma anche attivare proposte di quesiti automatizzate, richiedere report di complessità differente, quiz, mappe, anteprime audio e video[6].

La configurazione operativa di questo tipo di servizi generativi, a strutturazione potente ma anche vincolante, ha infatti lo scopo di avviare, sulla base dell’iniziale selezione di materiali da parte dell’attore umano, una conversazione che via via si arricchirà mediante analisi, confronto, interpretazione, sintesi, ma anche scoperta, esplorazione, proposta, presentazione. È infatti possibile richiedere al dispositivo di ricercare e trattare altre fonti oltre a quelle iniziali.

Dal punto di vista intellettuale siamo quindi di fronte a istanze operative che possono aiutarci sia ad affrontare l’overload informativo, sia a condurre attività di ricerca propedeutica ed euristica, in cui l’apparato digitale avrà l’incarico (ma non la delega in bianco) di proporre, recensire e individuare correlazioni e suggerimenti, preparando il terreno per il percorso successivo, che dovrà essere a piena supervisione umana.

La “metalettura” da parte dei dispositivi, insomma, può aiutare ad affrontare l’attuale iper-complessità dei saperi, ma solo se guidata epistemologicamente dagli agenti umani. Essa delinea uno spazio intellettuale e culturale del tutto nuovo, che si basa sulla conversazione con i dispositivi, ma deve comprendere anche il dialogo tra esseri umani, per cui è d’obbligo una costante postura attiva e riflessiva, utile per interpretare e riutilizzare criticamente i contenuti via via proposti dagli assistenti.

Considerando questa forma di interazione conversazionale, i primi segnali di una potenziale attenuazione della preminenza del testo scritto nei processi di acculturazione, e il continuo perfezionamento dei dispositivi, possiamo poi intravvedere all’orizzonte facilitazione e potenziamento dei processi metacognitivi. A patto, di nuovo, che la gestione sia partecipata e dialogica, aperta e trasparente, non individuale e selettiva.

Questa condizione, insieme all’equilibrio fast/slow e a una costante supervisione umana, costituisce l’humus imprescindibile per costruire e consolidare autentiche capacità critiche d’uso emancipato dell’infrastruttura logistica, fondate sull’interdipendenza sociale e non più sulla competizione individualistica.

Tra le potenzialità cognitive fast&slow per il lavoro intellettuale, vi è poi la capacità delle chatbot di dare rapidamente senso alle schematizzazioni fornite come immagini, intessendo in proposito dei veri e propri saggi.

Questa capacitazione computazionale si affianca al fatto che i dispositivi generalisti possono agire sulle caratteristiche del testo, incrementandone l’accessibilità, adattandoli a diversi livelli scolastici, variandone la lunghezza, organizzandoli in paragrafi fluidi o in elenchi puntati.

Come già accennato, ci sono anche moduli interni ai programmi di word processing destinati in modo specifico all’assistenza alla scrittura mediante:

  • operazioni di adattamento di testi scritti dall’utente di tipo micro, definite di volta in volta tramite prompt contestuale;
  • operazioni di adattamento di tipo macro, con procedure e tecniche algoritmiche predefinite, come titolazione, traduzione, sintesi, parafrasi, abbreviazione, controllo ortografico e grammaticale, semplificazione, regolazione e cambiamento del tono e/o dello stile;
  • redazione automatizza di articolo generico, informativo e motivazionale, post per blog, script per brevi video e così via. I due file qui sotto – entrambi esempi di ricerca approfondita – permettono di approfondire ulteriormente questo tema.

 

➡️​📃 ​​Funzioni Scrittura AI Google e Canvas

 

➡️​📃​ Funzioni Tipiche degli Assistenti Artificiali alla Scrittura

Avendo come obiettivo generale la democratizzazione della conoscenza in senso mutualistico, vanno ancora aggiunte due considerazioni.

Vi sono applicativi specificamente destinati a segnalare quali adattamenti sono necessari a un testo perché sia comprensibile a quante più persone possibile[7], secondo i principi di Tullio De Mauro.

Chi voglia elaborare documenti ad alta comprensibilità può inoltre utilizzare gli spazi di personalizzazione delle chatbot per realizzare e perfezionare, condividendoli e sperimentandoli in modo dialogico e mutualistico, assistenti personalizzati, in grado di agire sul testo fornito in base alle indicazioni ricevute e alla documentazione allegata.

Chiudiamo pertanto proponendo ai lettori un esercizio:

  • scegli una chatbot che ti consenta di strutturare dispositivi personalizzati (cfr. per esempio i Gem di Gemini o i Progetti di Grok);
  • scarica uno o più fascicoli sul Plain Language[8] e caricali come documentazione del tuo assistente personalizzato;
  • scrivi brevi istruzioni su come agire, per esempio: «Intervieni sul testo che ricevi con il copia-e-incolla nella conversazione o come allegato, screenshot compresi, utilizzando le indicazioni contenute nei documenti che costituiscono la tua base di conoscenza; poi restituiscilo nella tua risposta, adattato e con l’indicazione precisa delle trasformazioni effettuate e delle loro motivazioni–».

Note

[1] A. Casilli, Waiting for Robots: The Hidden Hands of Automation, University of Chicago Press, Chicago 2025.

[2] Per il concetto di pluriverso cfr. AA. VV., Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo, Orthotes editrice, Napoli 2021.

[3] Cfr. S. Aliprandi, L’autore artificiale 2. Creatività e proprietà intellettuale nell’era dell’AI, Ledizioni, Milano 2025.

[4] Cfr. P. Dalprato, Creatività ibrida. Autore e opera nell’era delle macchine intelligenti, Ledizioni, Milano 2025.

[5] Nel caso dei video, il dispositivo agisce sulla trascrizione dell’audio.

[6] Qualcosa di analogo fa pdftovideo.ai, che elabora video intorno al contenuto di documenti, così come inpodcast.ai permette di realizzare podcast su materiali testuali forniti dall’utente. Entrambi fornisco esiti intermedi, editabili dagli utenti.

[7] Hemingway editor e Textbuddy, che è anche in grado – con abbonamento al servizio – di intervenire sul testo.

[8] Una semplice ricerca con le parole chiave “Plain language pdf” permetterà il download di parecchi materiali utili e utilizzabili. La lingua non è un ostacolo, perché i dispositivi “parlano” quella dell’utente a prescindere da quella dei documenti su cui agiscono.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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