Leggere
 non è educativo

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Pubblichiamo un brano tratto dal recente Lettori si cresce, libro bello (e quantomai necessario) sul come provare a suscitare (e a non soffocare) l’amore e il piacere per la lettura a scuola. Ringraziamo l’autrice, Giusi Marchetta, e la casa editrice Einaudi per la gentile concessione.
Una spada di Damocle pencola sulla testa dell’insegnante di italiano volenteroso mentre sceglie la narrativa per la sua classe: il tema.

Il tema è quell’argomento che devi affrontare attraverso la lettura di un romanzo che sia esaustivo e socialmente accettato. Per le nostre scuole i più gettonati sono pressappoco gli stessi da vent’anni a questa parte: l’amicizia, la droga, il disagio giovanile, il rispetto per l’ambiente, la criminalità organizzata (preferibilmente la mafia, ma anche la camorra negli ultimi tempi ha acquistato punti grazie al successo di Saviano), il razzismo e l’antisemitismo. A questi classici d’antan si aggiungono i temi caldi del momento: bullismo, pericoli della rete e, meno spesso, il terrorismo.

Insomma, Polito, non facciamo che trasmetterti l’idea di una letteratura buona, costantemente preoccupata di informarti, educarti e sensibilizzarti ai problemi del mondo. Non mi meraviglia quindi che tu associ i libri alla noia, alla morale e alla scuola: è colpa nostra se sei abituato a cercare tra le righe un insegnamento o un giudizio.

Sarebbe il caso di smetterla. Non solo perché questa sottile forma di censura snatura un’arte che consiste proprio nel mettere continuamente in discussione il mondo e i suoi valori, ma anche perché se spogliamo la letteratura della sua portata rivoluzionaria e la rendiamo innocua, le togliamo tutto ciò che potrebbe suscitare l’interesse di chi dovrebbe leggerla.

Certo, mi rendo conto che la violenza, il sesso e il turpiloquio presenti in certi romanzi rischierebbero di andare incontro all’ostilità delle famiglie dei nostri alunni. La cronaca ci informa spessissimo di casi in cui la scuola è stata bersaglio di attacchi feroci da parte dei genitori per la presenza nei libri proposti di elementi considerati scabrosi (e che scabrosi non sono, come l’omosessualità o le nuove famiglie).

Mi dico che vale la pena tentare, magari attraverso un compromesso.

Ad esempio, di un autore importante ma problematico, come può essere Bukowski, si potrebbero proporre le pagine più scolasticamente accettabili, lasciando agli alunni più colpiti e maturi la possibilità̀ di procurarsi da soli il resto che non si è assaggiato in classe. (Cosa che, peraltro, la scuola fa da sempre: si è mai letto tutto il Liber di Catullo?)

Se l’insegnante di italiano volenteroso selezionerà bene, l’idea di letteratura che avranno i suoi alunni non sarà vincolata a una correttezza scolastica e benpensante, percepita come moralista e di fatto noiosa. O peggio, associata a qualcosa che spiega o, orrore, dà un ordine al mondo.

Questo non significa rifiutarsi di trattare il tema. Ci sono libri meravigliosi che affrontano la violenza tra ragazzi, la criminalità organizzata o l’Olocausto. La mia incrollabile fiducia nella letteratura mi porta a credere che si sia scritto di qualunque argomento senza retorica, né un intento didascalico o moralista.

Sulla mafia, ad esempio, non ho mai dovuto sorbirmi niente di educativo, ma non credo dimenticherò mai una pagina de Il giorno della civetta letta a scuola.

Una sparatoria in piazza, una cosa veloce, conclusa con un morto a terra e tutti i presenti che scappano. Tranne il venditore di panelle. Interrogato dal maresciallo che, spazientito, gli chiede se ha visto chi ha sparato. «Perché?» risponde. «Hanno sparato?».

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Giusi Marchetta

vive a Torino, dove insegna. Ha pubblicato la raccolta di racconti Dai un bacio a chi vuoi tu (Terre di mezzo, 2008), vincitore del Premio Calvino, e i romanzi L’iguana non vuole (Rizzoli, 2011) e Dove sei stata (Rizzoli, 2018). Ha fondato e coordina il podcast del Tavolo delle ragazze (nato da Tutte le ragazze avanti!, Add editore). Per Einaudi ha pubblicato Lettori si cresce (2015) e ancora per Add il saggio Principesse, (eroine del passato, femministe di oggi) sugli stereotipi di genere nella cultura di massa

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