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Istruzione

Soprattutto, il sistema di istruzione nazionale è stato negli ultimi anni teatro di una “riforma” dettata soprattutto da esigenze di cassa: in nome del risparmio, tutti gli ordini e i tipi di scuola hanno visto tagliati posti di lavoro, ovvero ore di lezione, ossia occasioni di apprendimento.
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Il rapporto OCSE-ISFOL suscita considerazioni che possono sembrare ovvie, ma che dovrebbero essere usate per sottolineare il carattere “classista” della scuola italiana (che non riesce a rompere i circuiti virtuosi o viziosi che tengono le persone ancorate al loro background culturale) e soprattutto per cominciare a vedere la scuola come uno degli attori del sistema educativo.
Vorrei ripercorrere e riflettere su un dibattito sviluppatosi su IlSussidiario, molto sensibile ai temi del digitale, nei giorni scorsi. Il tema del contendere è il tablet (e sullo sfondo il digitale) a scuola.
Il registro elettronico naturalmente non funziona neanche oggi!” è il commento di un collega in calce al foglietto di carta che pure stamattina vicaria tristemente il futuristico strumento digitale, per l’accesso al quale i genitori hanno appena ricevuto le password: per alcuni di loro si tratta di una sorta d'iniziazione alla modernità, alla Scuola 2.0 che ciclicamente i media magnificano.
L'allegato al recentissimo decreto del ministro dell’istruzione sul tema dei libri digitali stabilisce tempistica, modalità e tetti di spesa delle future adozioni dei testi scolastici in versione “mista” ed elettronica, mettendo in atto quanto annunciato da Carrozza in estate, ovvero l’intenzione di prendere in mano la questione in prima persona.
La notizia è che il registro di classe cartaceo è ancora tra noi. La riforma digitale doveva spazzarlo via con l’inizio dell’anno scolastico, ma in molte scuole esso non è affatto scomparso. Come mai?
La domanda è: vogliamo scegliere una scuola che si centri sui contenuti o una scuola che si centri sulle competenze? Una scuola centrata sugli allievi e i loro bisogni o sugli insegnanti e i loro bisogni? La risposta starebbe nelle Indicazioni Nazionali, se qualcuno si prendesse la briga di leggerle.
Nell’articolo di fondo uscito sul Corriere della Sera del 10 settembre 2013, Biopsia dei mali italiani, Antonio Polito avanza una serie di considerazioni amare sulla scuola, sul suo modo di valutare e sul sistema di valutazione che la misura. Mi pare che, come molti, Polito sia vittima di una serie di abbagli. Proverò a spiegare il perché.
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Siamo di fronte ad una congiuntura favorevole: proprio nel momento in cui alla scuola giungono indicazioni forti, il metodo dell'orientamento narrativo è giunto ad una fase di maturazione in grado di offrire risorse, professionalità e strumenti per operare in quella direzione e per progettare un'azione complessiva.
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Quando qualche anno fa ho parlato per la prima volta di marketing concettuale non avrei mai pensato che la realtà avrebbe superato la fantasia; e in misura davvero imprevedibile.

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