Lo sguardo di Dorothea Lange

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«Per quanto brutto sia, il mondo è potenzialmente pieno di buone fotografie. Ma per essere buone, le fotografie devono essere piene di mondo»: questa, in sintesi, la filosofia che ha sempre guidato lo sguardo di Dorothea Lange, una donna che ha fatto la storia della fotografia. Con un linguaggio allo stesso tempo asciutto e raffinato, Lange ha saputo consegnarci immagini iconiche in grado di superare il “qui e ora” per diventare universali e senza tempo.
Rondal Partridge, Dorothea Lange, fotografa della Resettlement Administration California, 1936. The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Possono bastare 200 scatti per ripercorrere la carriera di una delle più grandi fotografe del Novecento? È quello che prova a fare (riuscendoci) la mostra Dorothea Lange – L’altra America visitabile al Museo Civico di Bassano del Grappa fino al 4 febbraio e realizzata in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino. Una donna che ha saputo raccontare per immagini alcuni dei momenti più drammatici nella storia recente degli Stati Uniti, toccando temi ancora oggi attuali come le migrazioni, la crisi climatica e le discriminazioni razziali.

Lange è nata nel 1895 a Hoboken (New Jersey) e fin da giovane si appassiona alla fotografia, tanto da aprire il proprio studio di ritrattistica a San Francisco nel 1919. Per fare un buon ritratto, chi sta dietro l’obiettivo cerca spesso di entrare in relazione con i soggetti fotografati, e questo per lei era molto facile, forse anche grazie a una sua caratteristica che in altre circostanze l’avrebbe svantaggiata. All’età di sette anni Lange aveva contratto la poliomielite, cosa che le aveva lasciato la gamba destra indebolita e una zoppia permanente, ma che in qualche modo facilitava il contatto con le persone che voleva fotografare. Della sua disabilità Lange diceva: «Mi ha formato, mi ha guidato, mi ha istruito, mi ha aiutato e mi ha umiliato… Non l’ho mai superata e sono consapevole della sua forza e del suo potere».

All’inizio degli anni Trenta, la fotografa abbandona l’attività di ritrattista e inizia a testimoniare con i suoi scatti gli effetti della terribile crisi economica che sta colpendo gli Stati Uniti. Nel 1935, Lange si unisce (assieme al marito, l’economista Paul Shuster Taylor) a un gruppo di fotografi che lavorano per l’agenzia governativa Farm Security Administration (FSA) istituita dal presidente Roosevelt nell’ambito del New Deal, e con cui realizzerà alcune delle sue immagini più famose.

Nel corso delle campagne fotografiche della FSA, Lange e gli altri documentano le drammatiche condizioni di vita dei contadini migranti e delle loro famiglie in gran parte del territorio degli USA, ma in particolare della California. Questo lavoro le permette di avvicinare e raccontare al proprio Paese e al resto del mondo i luoghi e soprattutto i volti di una vera a propria tragedia della povertà, che si può riassumere nel celebre scatto della Migrant Mother.

 

Dorothea Lange, Madre migrante. Raccoglitori poveri di piselli in California. Madre di sette figli. Età: trentadue Nipomo, California. 1936. The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

La protagonista di questa famosa fotografia si chiama Florence Thompson, all’epoca ha 32 anni ed è immobile di fronte all’obiettivo, mentre un figlio le dorme in braccio e altri due si appoggiano alle sue spalle quasi nascondendosi. La posa e l’inquadratura possono richiamare alla mente certe immagini di madonne con bambino, ma le madri migranti ritratte da Lange e dagli altri autori della Farm Security Administration sono moltissime. I loro volti sofferenti raccontano non solo la tragedia del presente, ma anche la speranza per il futuro custodita negli sguardi spaesati dei bambini che le circondano.

 

Dorothea Lange, Bambini della famiglia Free all’ingresso della loro casa, in abiti domenicali, Dead Ox Flat, Malheur County, Oregon. 1939. The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Le massicce migrazioni interne documentate dalla FSA erano iniziate dopo il crollo di Wall Street del 1929, ma oltre alla crisi economica le zone centrali degli Stati Uniti erano state colpite anche da siccità, tempeste di sabbia e infine alluvioni ed esondazioni del Mississippi. In particolare, una lunga serie di tempeste di sabbia e polvere (chiamate Dust Bowl) aveva reso sterili enormi distese di terre coltivate, ma questi eventi estremi non erano solo sfortunate calamità naturali: decenni di tecniche agricole inappropriate, come arature troppo profonde e la mancata rotazione delle colture, avevano rovinato i terreni fertili delle Grandi Pianure americane che si era seccato e veniva portato via dal vento in grandi nuvole nere che oscuravano il cielo. Il disastro ecologico provoca un gigantesco esodo da Oklahoma, Kansas, Texas e altri stati confinanti: oltre mezzo milione di persone perdono tutto e molte si spostano verso ovest in cerca di lavoro. Questi eventi storici sono anche raccontati nel romanzo Furore di John Steinbeck e cantati nelle Dust Bowl Ballads del musicista folk Woody Guthrie.

 

Dorothea Langeabandoned-equipment, The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Per circa tre anni, Dorothea Lange e gli altri fotografi della FSA documentano con centinaia di migliaia di scatti la drammatica situazione dei contadini di queste terre, costretti a emigrare soprattutto verso la California. L’intento era quello di raccontare al resto della popolazione americana la necessità di aiuti e solidarietà nei confronti di queste persone. La stessa Lange ricordava come il suo interesse nei confronti delle fasce più povere della popolazione fosse nato vedendo le persone in fila per avere un po’ di cibo e del lavoro, questo l’aveva convinta ad abbandonare il suo avviato mestiere di ritrattista per dedicarsi interamente alla documentazione dell’attualità.

I suoi lavori più noti sono quelli svolti nelle campagne, ma Lange fotografa anche episodi di vita cittadina legati alla crisi economica che caratterizza gli anni Trenta: uffici di collocamento presi d’assalto, scioperi e manifestazioni di protesta. Sullo sfondo di città e paesi degli Stati Uniti, in cui anche i cartelloni pubblicitari promettono e fanno sognare una vita diversa. Per esempio, lo scatto La prossima volta prova il treno mostra un cartello che con amara ironia invita al relax due contadini migranti che percorrono a piedi una strada polverosa, sotto una calura che è facile intuire, in mezzo a un paesaggio desertico.

 

Dorothea Lange, In direzione di Los Angeles, California. 1937. The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Fra il 1931 e il 1939, più di 300.000 persone abbandonano la propria casa e la propria terra per cercare un futuro migliore altrove. Dorotea Lange concentra il suo sguardo soprattutto sulla California, dove le famiglie migranti trovano condizioni di vita probabilmente peggiori rispetto a quelle lasciate. Sono accampati infatti in tendopoli improvvisate, chiamate in maniera dispregiativa “giungle”, in cui manca tutto: cibo, servizi igienici e accesso all’acqua.

 

Dorothea Lange, Unemployed Lumber, The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Ma anche grazie all’imponente lavoro di documentazione realizzato da funzionari e fotografi della FSA, il governo statunitense stanzia fondi per migliorare la situazione dei migranti agricoli. Per sostituire le baraccopoli vengono costruiti degli accampamenti con abitazioni prefabbricate, dove sono garantiti i servizi essenziali, bagni pubblici e la fornitura di energia elettrica. Inoltre, per evitare lo sfruttamento e ottimizzare i guadagni, le famiglie migranti si organizzano in cooperative agricole. Così le persone iniziano a stare meglio, le possibilità di lavoro aumentano e la vita attorno ai prefabbricati inizia ad avere una parvenza di “normalità”.

 


Dorothea Lange, Children Living in a Camp Between Weedpatch and Lamont Kern County California, The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Il programma però termina nel 1941 con l’entrata in guerra degli Stati Uniti in seguito all’attacco giapponese di Pearl Harbour. E proprio sulla popolazione statunitense di origine nipponica si concentra il secondo grande ciclo di fotografie visibile nella mostra bassanese. Infatti, dopo la dichiarazione di guerra del presidente Roosevelt, il governo decide di internare in campi di prigionia tutti i membri della comunità nippo-americana residenti negli Stati Uniti. Si tratta di intere famiglie, compresi bambini e anziani, coinvolte loro malgrado in quella che è una pagina non molto conosciuta e piuttosto inquietante della storia americana.

 

Dorothea Lange, Hayward, California. Members of the Mochida family awaiting evacuation bus, The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

L’internamento ha riguardato circa 125.000 persone, che durante il conflitto erano considerati “possibili nemici” e per questo furono deportati in 75 siti di incarcerazione soprattutto negli Stati interni dell’Ovest. Anche qui Dorothea Lange fotografa tutto con obiettività, lasciando trasparire però la sua vicinanza umana anche nei confronti di queste persone, altri vinti, ridotti in povertà e addirittura privati della loro libertà dagli eventi storici.

 

Dorothea Lange, Learning to Walk, The New York Public Library | Library of Congress Prints and Photographs. Division Washington.

Dopo aver documentato l’ingiusta deportazione delle persone con discendenza giapponese dalla costa del Pacifico, all’inizio degli anni Quaranta, Lange è costretta a rallentare la propria attività a causa di continui problemi di salute. Ma negli anni Cinquanta realizza alcuni servizi per la rivista Life e si dedica all’insegnamento presso l’Art Institute di San Francisco. Muore nel 1965 a causa di un tumore inoperabile, a pochi mesi dall’inaugurazione di una importante mostra al Museum of Modern Art di New York che ne consacrerà il nome.

(I materiali originali delle campagne fotografiche di Lange sono conservati negli archivi della Library of Congress di Washington e della Public Library di New York.)

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Sara Urbani

Laureata in scienze naturali con un master in comunicazione della scienza, lavora per la casa editrice Zanichelli. Scrive anche per Odòs – libreria editrice e per i magazine online La Falla e Meridiano 13.

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