Quando l’arte contemporanea incontra la fisica quantistica

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Nell’unica piazza di Venezia, fra sentori di salsedine e comitive di turisti, è stato da poco inaugurato SMAC – San Marco Art Centre: un nuovo spazio espositivo che ospita la mostra The Quantum Effect, aperta fino al 23 novembre 2025.
Foto dell'opera di Jacqui Davies Time Forks Perpetually Towards Innumerable Futures. In One Of Them I Am Your Enemy (2025)
Jacqui Davies, Time Forks Perpetually Towards Innumerable Futures. In One Of Them I Am Your Enemy (2025). Still da video.

La mostra è un viaggio che intreccia arte e scienza, in un luogo simbolo della città che forse più di ogni altra ha saputo custodire e valorizzare il suo glorioso passato, a pochi passi dai mosaici della Basilica e con lo sciabordio dei vaporetti in sottofondo.

La mostra occupa il secondo piano delle Procuratie Vecchie, palazzo cinquecentesco che affaccia su Piazza San Marco e che è proprio di fronte alle Procuratie Nuove, le quali oggi ospitano vari musei veneziani: dal Correr alla Biblioteca Nazionale Marciana.

Il logo del museo SMAC.
Il logo dello SMAC.

Grazie al recente restauro dell’architetto inglese David Chipperfield (vincitore nel 2023 del prestigioso premio Pritzker), 1000 metri quadrati di questo edificio-capolavoro sono stati finalmente riaperti al pubblico. Salendo il monumentale scalone si entra in uno spazio che unisce affreschi di epoca napoleonica ai più moderni standard museali: un ambiente dove le memorie del passato diventano la cornice ideale per gettare uno sguardo sul futuro.

Una mostra “entangled”

La sfida da cui è nata The Quantum Effect, raccontano i curatori Daniel Birnbaum e Jacqui Davies, viene da una domanda quasi paradossale: «Come si può allestire una mostra su qualcosa che nemmeno chi studia fisica dice di capire del tutto?».

Il riferimento è a Richard Feynman – premio Nobel per la fisica che ha elaborato l’elettrodinamica quantistica – quando diceva di essere sicuro che «nessuno comprende la meccanica quantistica». Infatti, a circa un secolo dalla sua nascita, questo campo della fisica rimane costellato di incertezze e proprio per questo non smette di stupire.

Per affrontare la sfida, Birnbaum e Davies hanno scelto allora un approccio letterario: sono partiti dal romanzo Locus Solus dello scrittore francese Raymond Roussel (pubblicato nel 1914). La vicenda narrata ruota attorno a uno scienziato eccentrico e geniale che conduce i suoi ospiti attraverso le invenzioni sempre più bizzarre che riempiono la sua villa, spesso racchiuse dietro lastre di vetro. E tutta l’esposizione allo SMAC rievoca proprio questa idea di stare “dietro un vetro”, come se i visitatori fossero delle novelle Alice nel paese delle meraviglie.

Il percorso inizia nella Sala Zero, una stanza completamente ricoperta di specchi – opera dell’artista tedesca Isa Genzken – che moltiplicano all’infinito il riflesso delle persone presenti. Da lì ognuno può scegliere se andare a sinistra o a destra, seguendo due direzioni opposte lungo corridoi e stanze che si rispecchiano ma non sono mai completamente identici. Il tentativo è quello di farci vivere il concetto fisico di entanglement quantistico (in inglese, “groviglio” o “intreccio”), cioè quella specie di correlazione misteriosa che può unire particelle anche molto lontane nello spazio.

Visitare questa mostra veneziana significa spalancare molte porte insieme: non è solo una raccolta di opere d’arte contemporanea, ma anche un’occasione per far dialogare saperi che spesso tendiamo a considerare lontanissimi tra loro. I due curatori hanno coinvolto nell’allestimento il fisico teorico Ulf Danielsson – membro dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze e del Comitato Nobel – che ha selezionato le eleganti equazioni esposte in ognuna delle 16 sale. Ogni equazione mostra la “bellezza inattesa” della scienza: pochi simboli matematici rappresentano alcune delle leggi più importanti della fisica, come la celebre E = mc2 o il principio di indeterminazione di Heisenberg (anche se a chi non le conosce possono sembrare quasi dei curiosi geroglifici).

I curatori della mostra dietro una scultura-ragnatela di Tomás Saraceno.
I curatori della mostra dietro una scultura-ragnatela di Tomás Saraceno. SMAC San Marco Art Centre, Venezia, 2025. Foto: Enrico Fiorese.

La scienza vista con gli occhi dell’artista

Venendo alle tante opere d’arte esposte, si può citare l’iconica One Ball Total Equilibrium Tank (1985) di Jeff Koons: un pallone da basket galleggia in un acquario riempito con una miscela di acqua distillata e soluzione salina, associato alle equazioni spazio-temporali di Einstein. Koons si era avvalso della consulenza scientifica di Feynman per ottenere questo equilibrio che simboleggia purezza e fragilità, ma è instabile a causa di variazioni di temperatura e vibrazioni, rappresentando così la vita, la morte e l’ambizione.

Un’altra opera notevole è un famoso ritratto fotografico dell’artista Marcel Duchamp, realizzato dall’amico e collega Man Ray nel 1923: Duchamp si trova nel suo studio, in piedi ma seminascosto dietro il suo primo oggetto in vetro The Glider (L’Aliante, 1913-15). Secondo i curatori della mostra, che associano il ritratto all’equazione di Schrödinger, «Duchamp, ispirato dalle enigmatiche architetture di Raymond Roussel, vedeva nel vetro sia un mezzo sia una metafora – una fragile soglia tra ciò che è visibile e ciò che può essere immaginato».

Ci sono poi le sculture-ragnatela dell’artista argentino Tomás Saraceno, le cui teche illuminate rivelano la bellezza dei sistemi interconnessi e il fragile equilibrio della natura, non a caso associate alla teoria delle stringhe. O ancora dei frammenti filmati dell’opera monumentale di Ilya Khrzhanovsky: DAU è un progetto multidisciplinare all’incrocio tra cinema, arte e antropologia, inizialmente concepito come un lungometraggio sulla vita di Lev Landau (fisico sovietico e premio Nobel).

I curatori Birnbaum e Davies hanno anche scelto di inserire nel percorso espositivo citazioni di cinema e cultura pop, con montaggi di film fantastici o di fantascienza: dal primo film muto su Alice in Wonderland del 1903 al teletrasporto di Star Trek, dalla serie animata de I Simpson fino alle metamorfosi di Wonder Woman. I filmati raccontano come questi generi letterari e cinematografici abbiano influenzato l’estetica, e a volte le stesse idee, della ricerca scientifica. «La fisica quantistica e la fantascienza – osserva Jacqui Davies – sono sempre state in dialogo: non è solo l’arte a ispirarsi alla scienza, ma anche il contrario».

Connessioni che attraversano le discipline

La mostra The Quantum Effect è un interessante punto di partenza per allargare il nostro sguardo sui saperi umani, esplorando quei territori poco battuti dove diversi ambiti disciplinari si intersecano e i confini tra uno e l’altro si confondono. C’è ovviamente la storia dell’arte, che va dai ready-made di Duchamp alle installazioni multimediali contemporanee, che ci fanno riflettere su come l’espressione artistica può mettere in crisi il concetto stesso di realtà. Ma negli spazi dello SMAC ci sono anche due installazioni che rievocano l’esperimento della doppia fenditura, la prova fondamentale che dimostra la dualità onda-particella della luce e della materia.

Gli spazi di SMAC - San Marco Art Centre a venezia (foto di Enrico Fiorese, 2025)
Gli spazi di SMAC – San Marco Art Centre a venezia. Foto: Enrico Fiorese.

E molto facilmente si può sconfinare nella filosofia o nella letteratura, per esempio con le opere di Jorge Luis Borges – citato anche dai curatori per il suo racconto Il giardino dei sentieri che si biforcano (1941). Un altro autore che viene alla mente è Italo Calvino, che nei suoi romanzi fantastici crea universi paralleli in cui le storie nascono da «un numero finito di elementi le cui combinazioni si moltiplicano a miliardi di miliardi».

L’esposizione veneziana è dunque un percorso che usa vetri e specchi per farci “passare dall’altra parte”, come l’Alice di Lewis Carroll, e che invita ad abbracciare l’incertezza della vita stessa. Un’occasione per capire che la scienza non è un ambito chiuso, ma dialoga con l’arte, la letteratura, la filosofia e (perché no?) anche con la fantascienza.

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Sara Urbani

Laureata in scienze naturali con un master in comunicazione della scienza, ha lavorato per la casa editrice Zanichelli. Scrive anche per Odòs – libreria editrice e per i magazine online La Falla e Meridiano 13.

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