Voci da Gaza, al Liceo “Banfi” di Vimercate

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Gli studenti del Liceo “Banfi” di Vimercate (MB) sono stati coinvolti in una giornata con toccanti testimonianze di un medico e un giornalista da poco rientrati dalla Striscia di Gaza. Ce ne parlano Elena Rausa e Mauro Reali, docenti in questo Istituto e firme della nostra rivista.

 

I due ospiti con i ragazzi del “Banfo”.

La scuola non può chiudere gli occhi nei confronti del mondo, ripiegandosi sull’esecuzione di “programmi” che non esistono più neanche nella pur variabile nomenclatura ministeriale. E, davvero, noi pensiamo che la maggior parte degli insegnanti interpreti il proprio ruolo educativo così, cercando di sensibilizzare gli studenti e le studentesse anche sugli eventi che caratterizzano il nostro tempo; eventi – purtroppo – sempre più spesso drammatici e luttuosi.

“La scuola non è neutrale”

Quello che è successo (e succede ancora) a Gaza dopo il 7 ottobre 2023 – uno dei dies horribiles della storia dell’umanità, è bene ricordarlo – rappresenta però un qualcosa di inedito, anche per chi come noi ha qualche annetto sulle spalle; le immagini di distruzione delle case, le uccisioni di massa dei civili, l’impedimento all’approvvigionamento di cibo e farmaci, sembrano il prodotto distopico di una creatività perversa e non la manifestazione di eventi reali.

Entrambi lavoriamo da molti anni al Liceo “Banfi” di Vimercate, una scuola che vanta una lunga tradizione di “apertura al mondo” e internazionalità che si è perpetrata attraverso l’avvicendamento di diversi Dirigenti Scolastici e si è ulteriormente rafforzata con l’attuale Preside (detto all’antica…) Daniela Canavero. Pertanto, al pari di moltissimi altri colleghi, abbiamo avvertito la necessità, l’urgenza oseremmo dire, di informare e sensibilizzare gli studenti sui fatti di Gaza: tale esigenza è stata anche esplicitata da una mozione che il Collegio dei Docenti ha votato a larga maggioranza il giorno 14 ottobre 2025, e che è interamente trascritta in calce a questo nostro intervento congiunto. Una mozione che dice che non possiamo più permetterci di restare in silenzio, perché – a nostro avviso – la scuola non deve essere neutrale. E la formula “non neutrale” non significa “faziosa”, bensì incarna l’avversione a quella colpevole indifferenza che Antonio Gramsci definiva «il peso morto della storia».

È però vero che l’enormità dell’evento in corso ha mostrato la parziale inadeguatezza degli strumenti tradizionali di comunicazione didattica (lezione frontale, lettura di articoli, visione di filmati etc.); così, se è vero che ne abbiamo spesso parlato singolarmente nelle classi – cercando di farlo sempre con equilibrio e documentazione – ci siamo però chiesti se fosse possibile offrire ai giovani qualcosa di più incisivo. Qualcosa che ne toccasse anche le corde più profonde e restasse nella loro memoria attraverso la ineguagliabile forza della testimonianza.

Una… “giornata particolare”

È dunque nata l’idea di organizzare – nell’ambito di un più ampio progetto di Educazione Civica denominato “Educare alla pace” – una “giornata particolare”, rubando il titolo al famoso film di Ettore Scola. Una giornata – quella del 27 ottobre 2025 (che ancora non sapevamo sarebbe stata di fragile tregua…) – nella quale, a turno, tutti gli oltre mille studenti del nostro Liceo potessero ascoltare nell’auditorium del Centro Scolastico di Vimercate la voce di due testimoni diretti di quanto sta capitando: il medico Andrea Bona, che è stato per ben due mesi la scorsa primavera nell’ospedale di Emergency a Gaza, e il giornalista della Radio Televisione della Svizzera Italiana Emiliano Bos, storico inviato di guerra e grande conoscitore della realtà mediorientale.

Certamente noi docenti abbiamo curato l’aspetto organizzativo e – approfittando di buone conoscenze – “catturato” i due preziosi e assai richiesti ospiti, che peraltro hanno accolto subito l’invito, onorandolo poi con grande generosità. Abbiamo però voluto che l’evento fosse in qualche modo autogestito dagli studenti, affidandone la conduzione ai membri della redazione del “Banfo”, il nostro giornalino d’Istituto.

“Pensa agli altri”: Emiliano Bos dalla poesia al giornalismo

«Pensa agli altri», recitano i versi del poeta palestinese Maḥmūd Darwīsh: «Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso, e di’: magari fossi una candela in mezzo al buio».

La voce del poeta, richiamato dal giornalista Emiliano Bos, è forse la sintesi perfetta di una giornata che ha visto lo sforzo congiunto degli ospiti e dei nostri studenti e studentesse impegnati nel raccontare una popolazione martoriata, tenendo insieme la complessità dei fatti e la precisione delle parole (del giudizio), con la capacità di riconoscere i punti di luce di questa pagina maledetta della storia.

L’intervento di Emiliano Bos al Liceo Banfi di Vimercate.

Com’è noto, da due anni il territorio della Striscia di Gaza è inaccessibile alla stampa estera e le notizie di cui si dispone provengono dalle voci di giornalisti palestinesi che hanno pagato un prezzo altissimo per la loro testimonianza. Emiliano Bos, che ha potuto visitare Gaza poche settimane fa – pur con le limitazioni di un giornalista al seguito della discussa organizzazione “Gaza Humanitarian Foundation” – ha portato con un breve reportage la voce di alcune ragazze in coda alla distribuzione di patate e cipolle, che a sorpresa non domandano (come ti aspetteresti…) cibo, acqua o un tetto sulla testa, ma felicità, libertà, la possibilità di studiare e di vivere in pace e sicurezza. Al termine del reportage il giornalista si è collegato via WhatsApp con un amico palestinese che da anni lavora per il sostegno a orfani e disabili, categorie oggi cresciute in modo esponenziale. L’uomo ha raccontato dal vivo la “sua” attuale tregua, il sollievo per il silenzio delle bombe, ma anche il deserto di un territorio senza più case, scuole, ospedali, negozi, banche. La pace – si dice – la vita normale finalmente, ma a Gaza nulla è normale; noi lo sappiamo già, ma che emozione sentirlo dire da là, in tempo reale!

Andrea Bona: curare i malati senza medicine

Andrea Bona, come Emiliano Bos allenato a contesti emergenziali, in virtù dei numerosi progetti di medicina d’urgenza ai quali ha partecipato, ha raccontato la peculiarità di questa guerra; una guerra che vera guerra non è, perché le vittime sono in massima parte civili inermi e perché ci si ammala e si muore anche e soprattutto di fame. Per due anni le forniture di cibo, acqua e medicine sono state impedite da un assedio che tiene segregate due milioni di persone, generando problemi gravissimi di malnutrizione infantile, scabbia, impossibilità di cura nelle malattie più gravi perché, ad esempio, l’ossigeno non può entrare e così molte apparecchiature essenziali in sala operatoria. Persino le ustioni gravissime di un bambino sette anni, spinto nel pentolone della zuppa (sì, sembra la trama di una macabra barzelletta…) durante una distribuzione di cibo al solito affollatissima, si medicano senza l’ausilio di anestetici e antidolorifici.

L’intervento di Andrea Bona.

Eppure l’umanità è più forte di tutto perché il «pensare agli altri» è qualcosa che succede ancora: nell’offerta di un pomodoro o di un piatto di salsa all’olio da parte di chi non avrebbe nulla da spartire, nella scelta di occuparsi di chi non ha più famiglia, o di guardare negli occhi un giovane soldato israeliano ricordando a sé stesso e a lui che è in fondo un ragazzo obbligato ad avere quella parte in un gioco che lo sovrasta. Se ne è solo accennato, ma sappiamo che ci sono giovani israeliani renitenti alla leva e altri che tragicamente si sono tolti la vita dopo l’esperienza nella Striscia di Gaza.

Certo ogni guerra è guerra e testimonia l’inarrestabile vitalità dell’archetipo di Marte: questo è lo scandalo che dura da diecimila anni, come recita il sottotitolo dell’opera più nota di Elsa Morante (La storia), colpevolmente cancellato dalle nuove edizioni; però a Gaza è accaduto e rischia di accadere di nuovo qualcosa che ha pochi paragoni nella storia recente. A un passo dal muro di Gaza nord le spiagge di Tel Aviv, piacevolmente frequentate non meno delle nostre in estate, alcuni bagnanti si ritagliano una «zona d’interesse» (avete presente il film Premio Oscar di Jonathan Glazer?), quasi non sapessero o non potessero concepire il dramma vissuto dall’altra parte. E questo assurdo geografico, al di là delle posizioni politiche, ci riguarda tutte e tutti: forse esiste per ciascuno una «zona d’interesse», un muro che oscura la visuale. Per questo è importante il monito di Darwish.

La pace è una cosa fragile (e chiede una difesa plurale)

Al termine della giornata, per i nostri giovani giornalisti, non c’erano più un medico e un reporter, ma soltanto Andrea ed Emiliano (così li hanno, spontaneamente, chiamati…)  per quella confidenza che si crea davanti ad adulti autorevoli e generosi e a temi importanti come la vita, la morte, la solidarietà, la cura, la democrazia, la pace.

La pace e la democrazia, si è capito, sono cose fragilissime e lasciano a ciascuno la sua piccola parte di responsabilità, che comincia con la fatica di informarsi e decidere da che parte stare: oggi con i civili di Gaza, ieri con le vittime e gli ostaggi del massacro del 7 ottobre perpetrato dai miliziani di Hamas, e sempre con lo sguardo rivolto a ciò che ha preceduto quella strage, al quadro complesso delle ragioni e dei torti di un conflitto che da quasi ottant’anni semina morte.

La Giornata per Gaza ha avuto una preparazione storica in ogni classe, a cura dei docenti di storia, e poi un seguito di discussione. Per noi che scriviamo, la sfida di costruire un percorso che raggiungesse l’intera popolazione scolastica, con tre interventi di taglio diverso a seconda dell’età, è stata vinta. Ci rincuora la domanda di una studentessa di terza liceo, a chiusura del primo intervento di Andrea Bona: «Si ride ancora a Gaza, le è capitato di scherzare e raccontare barzellette ai bambini che ha curato?». In questo sguardo che cerca cose belle e buone è il senso di un mestiere e anche una speranza per tutti.

Prima di condividere il testo deliberato dal Collegio dei Docenti – già anticipato – ci preme ringraziare i colleghi che insieme con noi hanno partecipato alla progettazione e realizzazione del progetto “Educare alla Pace 2025”: Arianna Giardini e Arianna Lucchini (per l’ideazione e la pianificazione), Sonia Riccelli (per il coinvolgimento di Emergency, presso cui ha lungamente operato), Isabella Bettinelli (per le fotografie e il coinvolgimento del team “Banfo”), Luca Tedoldi (per il supporto nella gestione del tavolo), Emanuele Rainone (per aver guidato l’approvazione collegiale della mozione) e, naturalmente, la Dirigente Scolastica Daniela Canavero, per aver sposato un’attenzione alla pace e all’apertura globale che è da sempre l’anima del nostro Liceo. Il ringraziamento più sentito va però ai nostri giornalisti in erba: Alice Artino, Dennis Calò, Ada Cantù, Francesco Ciccarello, Mattia Fantini.

MOZIONE VOTATA AL COLLEGIO DOCENTI DEL LICEO “BANFI” IN DATA 14.10.2025

“La scuola condanna ogni forma di terrorismo, occupazione, apartheid e genocidio”.

In qualità di docenti, riteniamo che il nostro lavoro non si esaurisca nella trasmissione di conoscenze, ma includa la responsabilità profonda di formare cittadini e cittadine consapevoli, capaci di osservare criticamente la realtà, di riconoscerne le dinamiche, di nominarle per ciò che sono e di assumersi la responsabilità di prendere posizione. Educare è un atto morale: implica il coraggio di scegliere da che parte stare, soprattutto nei momenti storici in cui i valori fondanti della convivenza civile vengono messi in discussione.

Non possiamo più permetterci di rimanere in silenzio: la storia che insegniamo ogni giorno nelle nostre classi ci chiede coerenza. Quello che accadde durante l’età delle conquiste coloniali e durante la Seconda guerra mondiale – e che la storiografia ha definito senza esitazioni “genocidi” – sta accadendo oggi sotto i nostri occhi: la violenza contro la popolazione civile, la fame come arma, medici, giornalisti, insegnanti, studenti, ma anche mamme e bambini considerati alla stregua di obiettivi di guerra. Tutto ciò che è stato lungamente costruito da una società è sistematicamente ridotto in polvere e cenere.

Una parte dell’opinione pubblica internazionale, anche grazie alla mobilitazione della società civile, dei sindacati e dei movimenti studenteschi, sta prendendo posizione in modo sempre più massiccio. Tuttavia gli eventi incalzano e la guerra, il riarmo, la distruzione del diritto internazionale e il ritorno a logiche autoritarie sembrano accelerare.

La ripresa del nostro anno scolastico  sta avvenendo mentre a Gaza 660.000 bambini e ragazzi, ad oggi, sono privati dell’istruzione per il terzo anno consecutivo (fonte UNRWA): per questo è urgente che il mondo della scuola, e in particolare il corpo docente, faccia sentire ora la propria voce.

In base a tutto quanto sin qui premesso, IL COLLEGIO DOCENTI DELIBERA:

  • di esprimere una ferma condanna di ogni forma di terrorismo, occupazione, apartheid, colonialismo e genocidio, con particolare riferimento alla situazione in Palestina.
  • di riconoscere la responsabilità, come educatori ed educatrici, nel promuovere la consapevolezza storica e il senso critico nelle nostre classi, anche rispetto all’attualità e al contesto geopolitico.
  • di promuovere momenti di riflessione sui temi della pace, dei diritti umani e del diritto internazionale.

 

 

 

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Elena Rausa

Docente di Lettere nei Licei e Dottoressa di Ricerca in Italianistica. Ha pubblicato tre romanzi: “Le invisibili” (Neri Pozza, 2024), “Ognuno riconosce i suoi” (Neri Pozza, 2018), “Marta nella corrente” (Neri Pozza, 2014).

Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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