Storie che nascono

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Prima la lingua o la letteratura? In coda a un seminario di quattro giorni nell’ambito del master in didattica della lingua italiana dell’École Normale Supérieure di Rabat è nata una riflessione sull’uso del testo letterario nei corsi di lingua straniera e, più in generale, sul ruolo della letteratura nell’apprendimento.

Sono stato invitato dall’École Normale Supérieure e dall’Università di Rabat a tenere un ciclo di lezioni a un gruppo di studenti di laureati in lingua italiana e intenzionati a diventare insegnanti a tempo indeterminato della scuola secondaria.
All’inizio del quarto e ultimo giorno di lezione ho deciso di far svolgere agli allievi un esercizio che non adoperavo da tanto. Si chiama “storie che nascono” e me lo ha insegnato molto tempo fa l’amico pedagogista Federico Batini. È un gioco di scrittura utile a far lavorare in modo efficace sulla socializzazione e, soprattutto, sull’ascolto. Innanzitutto, occorre disporre gli allievi a coppie e distribuire loro una penna, un foglio e delle carte speciali. Non avendo con me le carte, ho provveduto a fabbricarle a mano. Si tratta, in estrema sintesi, di fogli con su scritta una frase (qualcosa del tipo “Non mi era mai capitato di vedere niente di simile, prima…”) accompagnata da quattro parole (“fama”, “fagiolo”, “futuro”, “verità”). Gli allievi, una volta avuta la carta da gioco – che può essere assegnata o estratta a caso – sono invitati a scrivere un breve racconto che inizi con la frase indicata e che contenga, nel discorso, tutte e quattro le parole trascritte.
Frase e parole sono diverse per ogni gruppo, che ignora quelle degli altri. È opportuno che gli allievi sappiano da subito che in un secondo momento saranno invitati a leggere i loro racconti agli altri gruppi, i quali dovranno individuare le parole-vincolo nascoste.

Le ragazze e i ragazzi coinvolti – quasi tutti docenti di italiano lingua straniera nelle scuole secondarie di Rabat – hanno svolto il compito con grande serietà. Hanno cominciato parlando tra di loro, poi si sono messi a scrivere, continuando a confrontarsi e a stimolarsi a vicenda. Per almeno dieci minuti sono stati molto concentrati, con l’aria assorta, il viso a tratti sorridente. Hanno chiesto del tempo ulteriore per finire i racconti, poi, a un certo punto, ho preso la parola e ho spiegato loro il prosieguo dell’attività: a turno, una coppia alla volta, li ho invitati a leggere ad alta voce il loro racconto. Solo alla fine della lettura, quindi, gli altri partecipanti hanno tentato di indovinare le parole-vincolo.

L’edificio dell’ENS di Rabat.

Hanno vinto due ragazze che sono riuscite a nascondere le parole assegnate in modo eccellente, ricorrendo a due trucchi. Innanzitutto, hanno mascherato una delle parole più insidiose, “leone”, usandola come cognome di uno dei personaggi del racconto. Inoltre, hanno infarcito il racconto di parole rare che hanno attirato l’attenzione, rendendo pressoché impossibile individuare le vere parole-vincolo.

È un’attività molto utile a riflettere su uno degli aspetti fondamentali dell’esperienza letteraria: l’ascolto. La disponibilità all’ascolto e la capacità di ascoltare sono due dei requisiti necessari alla fruizione della letteratura, a scuola e in qualsiasi altro ambiente. Lo sapeva bene Boccaccio quando ha inventato la cornice narrativa del suo Decameron. La disponibilità all’ascolto e la capacità di ascoltare sono due dei requisiti necessari alla fruizione della letteratura, a scuola e in qualsiasi altro ambiente. Lo sapeva bene Boccaccio.Dieci giovani donne e uomini che, per mettersi in salvo dal caos provocato in città dal morbo della peste, creano una piccola comunità rurale – l’“allegra brigata” – in cui l’ordine regna sovrano. Un ordine basato sul canto, sulla danza e, soprattutto, sulla narrazione, ovvero sulla condivisione di storie. Una condivisione che si basa, appunto, sull’ascolto, poiché non può esistere una storia in assenza di interlocutori che vogliano e sappiano ascoltarla.

Ascolto, fiducia, libertà di espressione sulla base di regole condivise: sono alcune delle condizioni che il docente di lingua deve riuscire a creare affinché le classi diventino delle comunità narrative nelle quali sia possibile compiere delle esperienze letterarie significative, simili a quelle che compie un lettore comune, il quale si procura delle opere in modo autonomo e allo scopo principale di godere della loro lettura, e non a quelle che normalmente compie lo studente, il quale è sollecitato a comprendere, analizzare e interpretare testi che non necessariamente ha letto e ascoltato e che, quindi, non lasceranno un segno, un’impronta nella sua vita.

Ho detto altrove che la lettura è un’attività pericolosa, poiché può produrre cambiamenti importanti nelle persone, orientare il corso della loro vita. Anche per questo è fondamentale che il docente sia un interlocutore affidabile, in grado di creare un clima di fiducia e di ascolto anche attraverso l’uso della letteratura. Esercizi di scrittura creativa, lettura ad alta voce, narrazione orale, giochi di ruolo dal vivo: sono tutti metodi che possono contribuire a valorizzare e a esercitare le funzioni del lettore concreto e a prepararlo a fare delle vere e proprie esperienze estetiche.

Il mio motto è: “vale tutto!”. Ogni trucco è buono quando conduce i bambini e i ragazzi (ma anche gli adulti, se ancora non ne hanno avuto l’occasione) a fare delle esperienze estetiche attraverso la fruizione delle opere letterarie. Solo chi abbia provato almeno una volta cosa significhi attivare le proprie risorse cognitive ed emotive per creare nella propria mente il mondo narrato di un romanzo, riuscendo anche solo per un momento, come in un videogioco, a perdere il controllo del corpo e a Il mio motto è: “vale tutto!”. Ogni trucco è buono quando conduce i bambini e i ragazzi a fare delle esperienze estetiche attraverso la fruizione delle opere letterarie.simulare le azioni dei personaggi, ha qualche possibilità di divenire, un giorno, il membro di un’allegra brigata di narratrici e narratori.
Questa è la condizione necessaria a un uso davvero proficuo del testo letterario nella didattica della lingua fin dalle prime fasi dell’apprendimento, sia per motivare l’apprendimento stesso, rendendolo piacevole, immediato, sensato, sia per ampliare il lessico grazie alla possibilità di creare schemi di storia e metafore in modo “automatico”, attraverso la simulazione dell’esperienza.
Ma questa è davvero un’altra storia.

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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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