Ricominciare dall’orientamento

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È possibile realizzare finalmente un “curricolo di orientamento formativo verticale”, dalla scuola dell’infanzia fino all’università? Riflessioni a partire da un seminario senese sulle nuove linee guida emanate dal Ministero.

 

Lo scorso 26 aprile all’Università di Siena si è tenuto un seminario di studio dedicato alle nuove linee guida per l’orientamento nel sistema di istruzione (D.M. 328/2022), il cui sottotitolo esplicitava in modo interrogativo l’intenzione di indagare la possibilità di realizzare finalmente un “curricolo di orientamento formativo verticale”, dalla scuola dell’infanzia fino all’università. Il seminario, organizzato dal Dipartimento di Filologia e Critica delle Lingue Antiche e Moderne e dalla Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo, in collaborazione con “Le storie siamo noi”, ha coinvolto esperte ed esperti di orientamento, dirigenti scolastici e rappresentanti del terzo settore, coadiuvati dalla partecipazione attenta di interlocutori istituzionali dell’ateneo senese e di altri enti di ricerca, università, enti locali e istituzioni scolastiche provenienti da tutta Italia e collegati da remoto.

Nonostante la pluralità di voci e di punti di vista, chi ha partecipato al seminario ha potuto constatare la convergenza di chi è intervenuto su alcuni elementi comuni, che vale la pena riproporre in forma sintetica.

Intanto, sia pure con alcuni distinguo, è evidente il comune apprezzamento per la norma emanata lo scorso dicembre, quelle Linee guida per l’orientamento che – ha sottolineato giustamente Speranzina Ferraro – si pongono in continuità con un lavoro quasi trentennale, che ha avuto inizio con la Direttiva 487/1997 sull’orientamento delle studentesse e degli studenti, in cui già si metteva l’accento sul carattere processuale e formativo dell’orientamento, da intendersi come «attività istituzionale delle scuole di ogni ordine e grado» e, inoltre, «parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia».
Massimo Margottini, anch’egli concorde sul carattere pratico e concreto del documento e convinto sostenitore di un’idea di orientamento come empowerment, rileva tuttavia la presenza di termini come «attitudini», «inclinazioni», «talenti», che sembrano rinviare a un’idea di orientamento come matching – associazione della persona a un determinato percorso formativo o professionale – che andrebbe in un’altra direzione, tutt’altro che auspicabile.

Altrettanto evidente d’altronde è la sostanziale impermeabilità del sistema di istruzione (e della cultura nazionale) a un’idea di orientamento, che, nonostante sia stata confermata dalle Linee guida nazionali per l’orientamento permanente del 2014, si scontra con concezioni e con pratiche superate dalla letteratura scientifica oltre che dalla norma. Come ha evidenziato Federico Batini nel suo intervento di apertura, infatti, utilizziamo ancora oggi strumenti improntati a modelli validi alcuni decenni fa e oggi considerati desueti e quindi sostanzialmente ingiustificabili sul piano scientifico e spesso insostenibili per le persone sono costrette a subirli. La non conoscenza delle teorie e della loro storia, che si può sommare a concezioni di orientamento fondamentalmente sbagliate o limitate, come è il caso dell’orientamento informativo, è uno dei problemi principali da affrontare oggi per chi voglia applicare la norma e realizzare, a scuola e anche all’università, azioni di orientamento formativo, che non dovrebbero “informare”, “promuovere” o addirittura “convincere” le persone ma – si cita la definizione condivisa da Ministero e Regioni già dal 2012 – «facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi ed interagire in tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative».

E se la conoscenza della storia dell’orientamento e delle misconcezioni più comuni può aiutare a evitare di compiere i soliti errori, è ancora più forte il richiamo di Batini a ragionare in termini di «curricolo orientativo verticale territoriale», a partire dalla definizione condivisa degli obiettivi in termini di apprendimenti orientativi dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado, coinvolgendo docenti e studenti, che non possono più essere esclusi ed escluse da un’attività così strategica. E alle università Batini suggerisce di rovesciare il ruolo finora giocato e, anziché pensare alle matricole da guadagnare nel breve periodo al singolo corso di laurea, impegnarsi a incrementare la partecipazione ai percorsi universitari, godendo i frutti che verranno dall’aumento complessivo della popolazione studentesca.

In dialogo con Martina Evangelista e Massimo Margottini, Dina Guglielmi è stata la prima a sottolineare il problema più rilevante da fronteggiare nei prossimi mesi: l’applicazione concreta, calata nella specifica realtà scolastica, di una norma che prevede l’avvio di attività di orientamento già a partire dall’autunno prossimo e che rischia di provocare un ulteriore aumento del divario territoriale e delle differenze tra scuola e scuola all’interno di un sistema dell’istruzione frammentato e disomogeneo. Prima ancora di pensare a una concezione condivisa di orientamento occorrerebbe dunque partire almeno da un lessico di base e da azioni concrete che abbiano caratteristiche comuni, evitando sovrapposizioni e razionalizzando le diverse attività che, dal consiglio orientativo al PCTO, vanno ripensate in modo efficace e integrato.

Come ha avuto modo di chiarire Damiano Previtali, dirigente del Ministero dell’Istruzione e del Merito, queste linee guida rendono necessario e urgente pensare a come realizzare le attività di orientamento previste e finanziate dalla norma che sta per entrare in vigore. Le scuole che volevano realizzare un curricolo di tipo verticale con valore orientativo e praticare la didattica orientativa potevano già farlo negli scorsi anni, ma solo il 5% – ha specificato Previtali – lo ha fatto, ricorrendo al comma 7 dell’articolo 1 della legge 107/2015. Ora è il momento di rivolgersi al restante 95% delle scuole, e pensare soprattutto a chi tenderà ad applicare la norma e a usare i finanziamenti in modo meramente “adempitivo”, e dovrà quindi essere formato e sostenuto.

La piattaforma in via di costruzione da parte del Ministero sarà lo strumento previsto dalla norma per monitorare e supportare le attività, raccogliendo i dati forniti dalle scuole, le quali dovranno in qualche modo imparare a seguire i percorsi tracciati dagli stessi strumenti. La struttura dell’E-Portfolio, per esempio, chiederà di mettere insieme le seguenti informazioni, che dovrebbero essere il più possibile personalizzate:

  • il percorso di studi compiuto;
  • lo sviluppo documentato delle competenze;
  • la scelta di almeno un prodotto riconosciuto criticamente da ciascuno studente come il proprio “capolavoro” per ciascun anno;
  • l’autovalutazione dello studente;
  • la certificazione delle competenze (che sarà ricondotta a un modello unico).

Occorre essere consapevoli che al momento non siamo neanche in grado di disporre della descrizione del percorso di studi personalizzato, che nella maggior parte dei casi viene fatto coincidere con l’orario settimanale delle discipline. Per adempiere a questi obblighi ogni scuola avrà a disposizione delle figure di supporto – tutor e orientatore – che andranno individuate e formate. Ma rimane fermo il problema fondamentale, evidenziato a più riprese da Previtali, della scarsa propensione alla personalizzazione del sistema scolastico italiano, nonostante già dalla fine degli Settanta la norma spinga in quella direzione. L’idea di inserire in norma l’autovalutazione dello studente a partire da un proprio “capolavoro” rappresenta uno dei tentativi più interessanti di favorire questo processo, su cui ha messo l’accento in chiusura del suo intervento Speranzina Ferraro.

Gli interventi dei dirigenti scolastici coordinati da Giulia Guglielmini, presidente di Fondazione per la Scuola, si sono concentrati sul racconto di esempi concreti di esperienze – è il caso soprattutto di Nicola Fonzo – e sui principali problemi ancora irrisolti: la valutazione, il rapporto con gli enti locali e la formazione dei docenti.

Dobbiamo infine a Licia Cianfriglia, del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, l’inquadramento dell’attuale riforma nel quadro del PNRR: un fattore tutt’altro che neutrale, che in qualche modo costringe il governo a procedere in fretta e, soprattutto, a cominciare dalla fine, ovvero dalla scuola secondaria di secondo grado, anziché procedere con ordine, a partire dalla scuola dell’infanzia. Occorrerà dunque, con il prossimo anno scolastico, risolvere innanzitutto il problema di motivare il personale della scuola, formarlo rapidamente – grazie al supporto di Indire – e mettere il collegio dei docenti in condizione di scegliere i criteri per assegnare ai tutor gli studenti. Sarebbe opportuno, per evitare che si faccia finta di cambiare semplicemente assegnando un nome diverso alle stesse attività già svolte, creare figure più stabili all’interno dell’organizzazione scolastica.

Per quel che riguarda il mio intervento, dedicato alla didattica formativa e ai moduli di orientamento formativo previsti dalla norma – 30 ore annue per ciascun anno della scuola secondaria – mi sono limitato a illustrare quanto previsto dalla norma e a ripercorrere la storia e le pratiche sviluppate dall’orientamento narrativo, una metodologia di orientamento formativo che si è rivelata particolarmente efficace in ambito scolastico e che è oggetto di una sperimentazione nell’ambito di un progetto di ricerca intitolato “Orientare con la letteratura”, che sto realizzando grazie a un finanziamento dell’ateneo senese e che intende fornire ai docenti di italiano e di lingua e letteratura italiana gli strumenti concettuali e operativi – un breve percorso formativo online e dei kit didattici validati – per praticare la didattica orientativa con la letteratura nella scuola secondaria.

In conclusione, al di là dei giudizi personali degli organizzatori e dei riscontri positivi ricevuti, che dimostrano il bisogno di dialogo e di confronto tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti nei processi di riforma, è opportuno segnalare la sostanziale debolezza delle istituzioni scolastiche destinatarie delle risorse normative e finanziarie che dovrebbero introdurre pratiche di orientamento capaci di migliorare la personalizzazione dei percorsi di istruzione.

Forse, per ricordarci quanto sia importante abbattere gli ostacoli che impediscono il cambiamento, si può ripartire dalle parole della studentessa che è intervenuta per ricordarci l’importanza di «imparare a conoscersi col tempo, provandoci, ma non lasciandosi trasportare dalle scelte sbagliate che si pensano irrecuperabili». Lei lo diceva delle persone in formazione, reclamando implicitamente percorsi più flessibili, ma vale anche per chi ha responsabilità politiche e amministrative e oggi ha bisogno di un’iniezione di fiducia per affrontare i cambiamenti senza ridurre ogni norma a mero adempimento formale. Come ha opportunamente sottolineato Giulia Guglielmini, il seminario ha rappresentato una prima occasione di approfondimento e ha reso evidente «la necessità e il piacere di programmare le prossime tappe di un percorso ancora lungo».

Prossimo appuntamento, in attesa che venga approvata la norma sui percorsi di formazione iniziale, il nono convegno biennale “Le storie siamo noi” che si terrà il 6 e 7 ottobre a Follonica, la città che proprio venticinque anni fa, nel novembre del 1998, aveva ospitato il primo Seminario Nazionale sull’orientamento nella scuola materna ed elementare.


La registrazione del seminario è disponibile sul canale YouTube del DFCLAM.

Il programma del seminario:

– Saluti istituzionali di CLAUDIA VACCAREZZA (dirigente Area Servizi allo Studente), PIERLUIGI PELLINI (direttore del DFCLAM), LUCIA MORBIDELLI (delegata del Rettore all’Orientamento), EMILIO MARIOTTI (delegato del Rettore alla Formazione dei docenti).

  • “Linee guida, orientamento formativo, curricolo in verticale” di FEDERICO BATINI (Università degli Studi di Perugia)
  • “La didattica orientativa con approccio narrativo” di SIMONE GIUSTI (Università di Siena)
  • “Verso nuove pratiche di orientamento: attori, percorsi, strumenti” con DINA GUGLIELMI (Università di Bologna) e MASSIMO MARGOTTINI (Università di Roma Tre) e MARTINA EVANGELISTA (Pratika)
  • La voce degli studenti
  • “E-portfolio, uno strumento per lo sviluppo” DAMIANO PREVITALI (Ministero dell’Istruzione e del Merito)
  • “Il ruolo del dirigente scolastico e della governance” GIULIA GUGLIELMINI (Fondazione per la Scuola) con i dirigenti scolastici LICIA CIANFRIGLIA, NICOLA FONZO e SPERANZINA FERRARO.
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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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