Nuove Indicazioni 2025 – Infanzia e Primo ciclo #1

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Sono state pubblicate sul sito del Ministero le Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025. La bozza di documento è in questi giorni oggetto di analisi da parte di organizzazioni professionali, associazioni, docenti, cittadine e cittadini. Su La ricerca pubblichiamo alcune riflessioni di carattere generale, didattico e disciplinare, con l’intento di contribuire costruttivamente ai lavori di consultazione. Ecco la prima, sul latino.

Nella bozza delle Indicazioni nazionali ci sono di sicuro molte cose (troppe?) di cui ragionare riguardo all’insegnamento del Latino (chiamato LATINO PER L’EDUCAZIONE LINGUISTICA, abbreviato in LEL), che dovrebbe essere riservato al secondo e/o terzo anno della Secondaria di Primo grado, non è chiaro se in forma obbligatoria oppure opzionale. Inoltre, per una valutazione di quanto proposto in bozza, sarebbe utile avere un’idea sicura del monte ore offerto a questa disciplina. Infatti la suggestione che il Latino costituirà un’ora opzionale alla settimana per il secondo e terzo anno è solo frutto di anticipazioni giornalistiche non contenute nel documento pubblicato.

In poche parole: dato che molti studenti hanno spesso “voragini” nell’uso della lingua madre – su questo i colleghi della Secondaria di primo grado sono concordi, e anche noi docenti di Liceo ce ne accorgiamo – e al secondo anno stanno ancora cercando di padroneggiare la sintassi italiana, si deve evitare che il Latino (qualora non fosse opzionale) diventi un secondo ostacolo.

Comunque si possono formulare le seguenti osservazioni:

Prima nota. Un po’ general-generiche le premesse sul «perché si studia il Latino» che dovrebbe tra l’altro innescare una «virtuosa dinamica di acquisizione del passato, comprensione del presente e confronto con le sue istanze, preparazione per il futuro». Si tratta – in questo caso – di un’espressione retorica, quasi “formulare”, che si potrebbe applicare a quasi tutti gli ambiti del sapere. Abbiamo però apprezzato l’assenza di note moralistiche ed eccessivamente identitarie come quelle contenute nella premessa sull’insegnamento della Storia.

Seconda nota. Meglio articolate le successive sezioni, sulle competenze attese, gli obiettivi di apprendimento e le conoscenze. Sembra evidente la curvatura dell’insegnamento in una direzione soprattutto linguistica, sia nella prospettiva di far apprendere almeno le prime due declinazioni (facendo capire così cosa sia una lingua flessiva) e i principali modi verbali, sia nella ricerca di parole latine che abbiano contribuito in modo significativo al lessico italiano. Ci pare, nel complesso, un’indicazione condivisibile, che però deve essere perseguita con semplicità e linearità.

Terza nota. Eccessivo pensare che si possa davvero «con l’aiuto del docente, partire dal latino per stabilire confronti con le strutture più semplici di altre lingue flessive note», oppure «riconoscere la funzione del latino nella redazione di documenti storici, letterari e giuridici e come lingua franca utilizzata per lo scambio intellettuale in Europa almeno fino al XIX secolo»? Forse sì – ribadiamo – anche se secondo i colleghi che insegnano alle Secondarie di primo grado il “forse” andrebbe tolto… A nostro avviso, comunque, ciò dipende molto – come anticipavamo – da tempi e modi di inserimento della disciplina nel curricolo, nonché dalla reale motivazione di studenti e docenti. Il rischio è però quello di un po’ di confusione, con troppa “carne al fuoco”. Rischio che intravvediamo anche nel Modulo interdisciplinare di insegnamento Mito e arte proposto come esempio finale, nel quale la dimensione linguistica è fortemente annacquata e stemperata; tra l’altro epica e mitologia sono solitamente oggetto di trattazione nel primo anno della Secondaria di primo grado, e ciò comporterebbe il recupero di numerosi argomenti studiati in precedenza: ma questo è solo un esempio “teorico” e come tale va visto.

Quarta nota. Insomma, ancora una volta il Latino ci mette davanti a scelte complesse. È percepito come inutile, vecchio e polveroso ormai anche da molti studenti liceali (il boom del “Liceo Scientifico delle Scienze Applicate” certifica questa tendenza) con il placet autorevole di imprenditori e perfino di uomini di cultura (e non solo da oggi: ci vengono in mentre le polemiche tra Antonio Banfi e Concetto Marchesi nel secondo Dopoguerra…). Eppure un suo fascino ce l’ha ancora e di sicuro permane – massime per noi Italiani – una sua “utilità” linguistica e culturale; è necessario però farlo “digerire” (la bozza dice: «ha bisogno di essere giustificato e non è più considerato come un valore di per sé») e così si insiste spesso – e forse si esagera – su una sua dimensione funzionale (è troppo dire ancillare?) rispetto ad altro. Personalmente crediamo che la scommessa del Latino alla Secondaria di Primo grado sarà vinta se i docenti saranno capaci di muoversi in bilico tra queste due diverse esigenze: usare da un lato rigore linguistico ma suscitare d’altro lato nei giovani curiosità e immaginazione. Non sarà facile, ma crediamo valga la pena di provarci, senza però pensare che questa reintroduzione (la materia era stata abolita nel 1978) attivi la “macchina del tempo” e riporti le scuole Medie (così si chiamavano) ai tempi nei quali le frequentavamo noi: sempre ammesso che questo sia cosa auspicabile.

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Gisella Turazza

Classicista, docente di Liceo a Monza, è autrice storica di Loescher (da “Genius loci” a “Primordia rerum”, per la letteratura latina; di “Le pietre parlano”, nel 2018, per geostoria biennio, del versionario greco/latino “Allos Idem”, nel 2020) e consulente editoriale. Ha pubblicato articoli in riviste scientifiche e curato opere di autori greci e latini.

Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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