
È possibile curare con gli psichedelici? Evidentemente sì: nelle culture tradizionali l’uso di sostanze psicoattive presenti in natura è di tipo curativo, oltre che cerimoniale; e nella ricerca scientifica contemporanea l’attenzione verso molecole come LSD e psilocibina si è coagulata proprio attorno alle possibilità terapeutiche – dopo che la prima ondata psichedelica degli anni Sessanta e Settanta aveva messo l’accento sul lato ricreativo e “politico”, scatenando la repressione, i divieti e decenni di oscuro silenzio, come un “Medioevo” del settore: tanto che oggi si parla di “Rinascimento Psichedelico”.
È possibile curare con gli psichedelici in Italia, e addirittura prevedere un percorso di formazione per operatori della salute fisica e mentale? È quello che ha immaginato un gruppo di visionari, tutti professionisti affermati nel loro settore beninteso, ma con un’idea concreta e utopica insieme. La miccia l’ha accesa il giornalista Federico Di Vita, che da anni lotta da un lato per diffondere un’informazione corretta su una materia ancora bollata da un certo stigma, dall’altro per immaginare la fase successiva al rinascimento psichedelico, e cosa viene dopo il rinascimento? L’Illuminismo Psichedelico, che è anche il titolo del suo podcast, prodotto dall’Associazione Luca Coscioni; “Illuminismo Psichedelico Academy” è la scuola di formazione che propone il Corso in Terapie Assistite con Psichedelici. È il primo del genere in Italia, e uno dei primi in Europa: la notizia c’è, come si dice.
Ma c’è anche tanto da spiegare, per cui ne abbiamo parlato con Di Vita, con i due direttori didattici, la psicoterapeuta Sara Ballotti e lo psicoterapeuta Raffaello Caiano, e con il direttore scientifico Enrico Greco, ricercatore associato di chimica dell’ambiente e dei beni culturali all’Università della South Florida.
D: Corso in Terapie Assistite con Psichedelici: innanzitutto spiegateci bene che cos’è: un master? Una scuola di specializzazione? Un corso che rilascia crediti formativi? Una roba da fricchettoni?
Caiano: Non si tratta di un master universitario né di una scuola di specializzazione, ma di un percorso di formazione avanzata e di aggiornamento professionale rivolto a medici, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti. Il corso è accreditato con crediti ECM e offre una preparazione solida, multidisciplinare e basata sull’evidenza scientifica, arricchita anche da una prospettiva umanistica ed esperienziale. Quanto al rischio che qualcuno possa pensare a una “roba da fricchettoni”, ci fa sorridere perché è un pregiudizio che accompagna il tema da decenni: in realtà parliamo di un campo di ricerca che sta trovando riconoscimento istituzionale e accademico in tutto il mondo, con sperimentazioni cliniche in corso anche in Italia. L’obiettivo è preparare oggi i professionisti a una sfida che sta maturando a livello internazionale: l’integrazione delle terapie assistite con psichedelici, un ambito di ricerca in rapida evoluzione che apre prospettive significative anche per il futuro del nostro paese.
D: Come è strutturato il corso?
Caiano: Il corso dura circa 16 mesi, da gennaio 2026 ad aprile 2027, per un totale di circa 300 ore. Si articola in weekend formativi mensili, due ritiri residenziali estivi, incontri di mentoring online e una parte di formazione a distanza. In questo modo unisce teoria, pratica e supervisione, offrendo ai partecipanti un percorso completo e ben equilibrato.
D: Come vi è venuto in mente? Voglio dire, da un lato sembra un po’ il naturale sviluppo del lavoro di divulgazione e lotta contro il pregiudizio che da anni – con un gruppo piccolo ma agguerrito di scrittori e intellettuali – tu Federico di Vita stai facendo: prima il libro La scommessa psichedelica (2020), poi il podcast Illuminismo psichedelico (dal 2021), gli eventi live, la costruzione di una community… dall’altro è un salto di qualità abbastanza grosso: te lo aspettavi, lo avresti detto tre anni fa?
Di Vita: Hai ragione, le cose si stanno evolvendo in modo continuo e coerente eppure il lancio di un corso come questo in Italia rappresenta un salto di scala. Rispetto alla Scommessa Psichedelica, se vogliamo prenderla come punto d’inizio overground di questo percorso, sono aumentate e in una certa misura anche cambiate le persone che mi accompagnano. Non perché non ci siano più i miei amici scrittori di un tempo – ci sono ancora tutti, in effetti – ma perché a loro si sono aggiunti tanti altri interessi e professionalità.
Quello che era cominciato come un messaggio che con quel libro intendevamo lanciare alla bolla culturale italiana, “la psichedelia è importante e agisce in tante direzioni”, con Illuminismo psichedelico ha visto una importante evoluzione e un ancor più cruciale coinvolgimento di tante altre persone e soprattutto di tante altre professionalità, il cui interesse si è aggregato attorno al podcast: psicoterapeuti, politici, psichiatri, medici, ricercatori, avvocati – tutti interessati a capire come custodire e far germogliare la promessa offerta dai composti psichedelici, certamente partendo dal piano terapeutico, ma tenendo conto anche delle tante altre potenzialità che queste sostanze mostrano in contesti non solo clinici, in alcuni casi da millenni.
Come ricordavi nel tempo l’evoluzione di questo progetto ha preso tante direzioni, è nata una vasta community online, dedicata agli abbonati Patreon, uno spazio protetto di condivisione di informazioni, solidarietà e confronto, che costituisce per tante persone, magari isolate nel loro cerchio di amicizie riguardo a questi interessi, un vero e proprio elemento di sicurezza, insomma una parte del setting – sentirsi compresi, parte di una comunità, non giudicati e liberi di confrontarsi è un elemento importante.
Sempre per gli abbonati Patreon abbiamo cominciato a organizzare dei cerchi di integrazione, prima online e poi, sotto il coordinamento della psicoterapeuta Sara Ballotti, anche dal vivo in diverse città italiane. L’anno scorso ci siamo domandati come dare una cornice anche formale a tutto questo fermento, e abbiamo fondato una piccola associazione, chiamandola come il podcast. È stato buffo vedere i burocrati avere a fare con un nome del genere per una associazione del terzo settore, ma tutto sommato non hanno battuto ciglio, i bancari e i commercialisti invece si sono proprio interessati! Nello statuto dell’associazione abbiamo incluso la possibilità di creare dei percorsi di formazione.
E così siamo arrivati oggi al lancio di questo corso in terapie assistite con psichedelici, il primo in Italia e tra i due o tre più ambiziosi di tutto il continente. Proprio grazie ai contatti e alla rete che avevo messo su negli anni, ero perfettamente cosciente che in Italia c’era il materiale umano per mettere su una “scuola” di altissimo profilo in questo ambito, e quindi l’abbiamo fatto. Era arrivato il tempo, anche da un punto di vista culturale, di iniziare a formare i clinici, dato che il momento in cui alcuni di questi composti saranno inclusi nella farmacopea occidentale sembra ormai sempre più prossimo.
D: Ma la prima cosa cui si pensa è: si può fare? Stiamo parlando di sostanze tabellate, cioè considerate droghe pericolose – per quanto ingiustamente – al pari della coca o dell’eroina. Sono pochi i paesi che hanno avviato degli studi sperimentali (peraltro di grande successo) sull’applicazione degli psichedelici in campo medico e psicologico. E ancora meno quelli in cui è possibile usare queste sostanze in una terapia. Qual è lo spazio di manovra in Italia? Mi viene in mente una puntata del podcast in cui si spiega perché di fatto sarebbe già possibile praticare cure palliative con la psilocibina muovendosi tra le maglie della legge: la chiave è quella oppure il fatto che si tratta solo di formazione e non di pratica?
Ballotti: La ricerca scientifica sugli psichedelici è ormai attiva in gran parte d’Europa: Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Portogallo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia… e potrei continuare. Finalmente anche in Italia qualcosa si muove: a Chieti è appena partito il primo studio clinico con psilocibina, guidato dal professor Giovanni Martinotti, che tra l’altro fa parte del corpo docenti del nostro corso. Paesi come la Repubblica Ceca e la Germania hanno già aperto all’uso medico della psilocibina. Non dimentichiamo che in Italia l’esketamina è già impiegata nel trattamento della depressione resistente e che, come raccontato nella puntata citata, gli psichedelici possono essere usati nelle cure compassionevoli e nel fine vita senza cambiare le leggi attuali.
Insomma, sì: si può fare! Il nostro corso è teorico, ma non solo. È anche esperienziale, perché non si può pensare di accompagnare qualcuno in stati espansi di coscienza senza averlo sperimentato in prima persona: per questo proponiamo moduli con respirazione olotropica, attivazione della kundalini, meditazione e altre pratiche capaci di indurre gli stati espansi.
Ed è pratico, perché medici e, soprattutto, psicologi devono essere preparati ad accogliere le persone che già hanno fatto uso di sostanze psichedeliche e che cercano un supporto per integrare l’esperienza. Che siano tabellate non significa che non vengano usate! È pratico anche perché, come dicevamo sopra, lo spazio per un utilizzo legittimo in Italia già esiste: serve formare professionisti consapevoli, capaci di muoversi in questo ambito con competenza, etica e responsabilità.
D: Ci sono attorno agli psichedelici, ne facevo cenno prima, comunità molto attive, ma sono pur sempre nicchie. Ora, uscire dallo spazio underground per un movimento, ma anche per le sostanze in sé, può essere un rischio: soccombere al canto delle sirene capitalistiche, cioè sottomettersi alla logica del profitto, e soprattutto pur di sfondare la barriera di diffidenza cedere a un approccio riduzionista, esclusivamente medicale e farmaceutico. D’altro canto, è un passo ormai necessario: sembra arrivato il momento di andare mainstream, no?
Di Vita: Il rischio c’è, la fine della fase storica chiamata Rinascimento Psichedelico si deve occupare di questi passaggi, per far sì che la scommessa diventi una rivoluzione e non una distopia. La maggior diffusione della cultura psichedelica, un progetto che del resto stiamo portando avanti da anni, inevitabilmente finirà per culminare con una emersione sempre maggiore nel dibattito pubblico, come dici tu finendo per tracimare nel mainstream. Sta già succedendo, del resto: nell’ultimo singolo di Giorgia si citano esplicitamente la parola “psichedelia” e Lucy in The Sky With Diamonds, per esempio.
La rottura di questa barriera costituirà una fase delicata, perché tanti cominceranno a parlare di un tema controverso e di cui conoscono poco, il dibattito andrà presidiato – per quanto possibile – da persone competenti e informate, come quelle che si sono aggregate attorno al podcast negli ultimi anni. Le prospettive da affrontare saranno diverse, la tutela e il riconoscimento degli usi cerimoniali e di festa, la difesa non solo delle molecole modificate (di solito in peggio) dalle case farmaceutiche col fine di ottenere un brevetto e poterle vendere a caro prezzo, ma anche naturalmente delle sostanze che già conosciamo, sono orizzonti a medio termine ma che è bene tener presenti.
Per difendersi da un certo tipo di speculazioni una bussola sul piano giuridico potrà essere quella di tentare di regolare, entro certi termini, l’auto-produzione, seguendo una linea già tracciata nel caso della marijuana. E al tempo stesso vanno pensate modalità che rendano le terapie e la formazione alla portata di tutti.
È per questo che abbiamo fatto del nostro meglio per tenere per quanto possibile bassi i costi di questo corso. Percorsi di formazione analoghi all’estero, per monte ore e qualità dei docenti, costano come minimo il triplo. Come corso in terapie assistite con psichedelici questo è il più economico in assoluto disponibile nel mercato occidentale. Anche rispetto ai corsi che elargiscono ECM per la formazione continua del personale sanitario e che prevedano classi ridotte e lezioni in presenza, quello che proponiamo è in linea con i costi presenti nel mercato italiano, questione forse poco nota a chi non conosce la materia ma ben chiara per psicoterapeuti, psicologi e psichiatri, che ci hanno non per caso già sommersi di richieste.
D: Domanda semplice semplice: ora ci spiegate perché questa notizia del corso, e la psichedelia in generale, è importante. Cioè, perché dovrebbe interessare tutti?
Greco: Credo che ci siano diverse ragioni, epistemiche, cliniche ed etiche, per cui questo progetto è rilevante e perché il tema delle terapie assistite dagli psichedelici può avere ricadute che vanno ben oltre il “circolo ristretto degli addetti”. Ecco come la spiegherei:
Una svolta nella salute mentale
Negli ultimi anni, crescono le evidenze scientifiche che l’uso controllato e guidato di sostanze psichedeliche (come psilocibina, MDMA, LSD in contesti clinici) possa potenziare gli effetti della psicoterapia, aggiungendo un “salto qualitativo” nei processi di cambiamento psicologico. In chi soffre di depressione resistente, disturbi post-traumatici, ansia esistenziale in malattie terminali e altre condizioni complesse, queste tecniche emergenti aprono possibilità che, fino a poco tempo fa, erano considerate marginali o addirittura tabù.
Una risposta all’“impasse terapeutico”
Molti approcci tradizionali (psicofarmaci, psicoterapie convenzionali) funzionano, ma non sempre abbastanza, non sempre per tutti. Esiste una fascia di pazienti che “non risponde” o che resta in una sofferenza cronica non risolta. Le terapie psichedeliche non sono una “bacchetta magica”, ma rappresentano un potenziale strumento alternativo, complementare, che merita di essere esplorato con rigore e cautela.
Innovazione e rigenerazione del discorso scientifico e culturale
La psichedelia è stata per decenni stigmatizzata, marginalizzata o temuta e molti studi storici sono stati interrotti dalle restrizioni legali e normative. Ma oggi stiamo assistendo a una rinascita della ricerca: nuove tecnologie (neuroimaging, studi di rete cerebrale, metodologie integrate), rigore metodologico e un approccio interdisciplinare rendono di nuovo possibile esplorare con rigore ciò che prima era “invisibile”.
Insomma, questo corso non è solo “un altro corso”: è un simbolo che in Italia si può passare dal discorso di nicchia al dialogo pubblico, accademico e clinico.
La questione della preparazione professionale e della sicurezza
Laddove le tecniche sono potenzialmente potenti, il rischio che vengano gestite in modo superficiale è reale. Un corso ben progettato serve proprio per dotare le figure professionali (medici, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, altri operatori della salute mentale) di conoscenze, competenze, supervisione e coscienza critica. In condizioni controllate, l’esperienza psichedelica non è casuale né libera da rischi: va preparata, monitorata e integrata.
In questo senso, la nostra scuola punta a elevare il livello, non semplicemente ad “ampliare l’accesso”, ma a farlo bene, con responsabilità.
Una questione etica e sociale
Alla base di tutto, credo ci sia una domanda morale: se esistono modalità che possono alleviare la sofferenza mentale in modi nuovi, non dovremmo esplorarle con serietà? Non come “moda” o “modello esotico”, ma con criteri rigorosi e attenzione ai potenziali effetti collaterali. Chi si occupa della salute mentale non può ignorare potenziali innovazioni solo per pregiudizio storico. Inoltre, la psichedelia tocca questioni fondamentali sul senso di sé, l’esperienza del sacro, la relazione con il trauma: non è “solo” farmacologia, è anche un affare antropologico, culturale, umano, che ha le sue radici in un passato antico come la specie umana stessa.
Questa scuola segna una rottura, non irrimediabile, ma necessaria, rispetto all’inerzia culturale e accademica sul tema, e tenta di portare in Italia una forma di pensiero critico, esplorazione scientifica e formazione seria in un campo che può avere ripercussioni rilevanti per la salute mentale collettiva.
D: Torniamo un attimo al discorso di prima: visto che si tratta di un corso per operatori della salute, sia fisica che mentale, parliamo di questo approccio che per il momento si sta rivelando vincente. Pensare gli psichedelici esclusivamente o principalmente come farmaci, come cura per l’Alzheimer o la dipendenza da tabacco o la depressione, da un lato entusiasma (vedete, che servono a qualcosa?) dall’altro rischia lo snaturamento: chi non ne ha fatto – fortunatamente perché non ne ha avuto bisogno – un uso medico, bensì ricreativo e/o di ricerca spirituale, ha paura che in questo percorso di sdoganamento e rinascita ci sia una deviazione, una percezione riduttiva, in sostanza un’occasione persa. D’altra parte in molte culture tradizionali che fanno uso di psichedelici (cioè tutte), la sostanza è cura, è modo per mettersi in contatto con il divino per finalità molto specifiche, molto concrete. (Ricordo un passaggio molto bello in una puntata del podcast con lo scrittore Vanni Santoni, che aveva paragonato lo psichedelico al numero di telefono di Dio: tu Dio non lo chiami per “metterti in contatto”, non lo disturbi per sapere se esiste, certo che esisto ti risponde, e adesso dimmi che cazzo vuoi). Può esserci l’esigenza di risolvere contrasti sociali o familiari, riparare un torto fatto alla natura, ma nella maggior parte dei casi si tratta di guarire. Quindi, abbiamo fatto il giro completo per tornare alla base?
Sara Ballotti: È vero, oggi il rischio è proprio quello di guardare agli psichedelici soltanto come “nuovi farmaci miracolosi” e se da un lato questo significa riconoscere finalmente il loro potenziale terapeutico, dall’altro però ridurre l’esperienza psichedelica a una pillola da prescrivere rischia di snaturarla. Nelle culture tradizionali le sostanze psichedeliche sono sempre state sia medicina che strumento di connessione con il sacro, con la comunità, con la natura. Non erano usate in astratto, ma per bisogni molto concreti: guarire, ricomporre un conflitto, ristabilire un equilibrio.
Credo che la sfida a cui oggi ci troviamo davanti sia proprio recuperare la complessità dell’esperienza psichedelica senza ridurla a un farmaco, senza chiuderla dentro i protocolli clinici ma nemmeno lasciarla senza strumenti di integrazione.
Ecco perché un approccio esperienziale e formativo è fondamentale: ci permette di non dimenticare che, oltre all’aspetto medico, gli psichedelici sono anche vie di ricerca, trasformazione e contatto profondo. Nel progettare il nostro Corso abbiamo tenuto bene a mente questa sfida e abbiamo pensato ai moduli formativi per ampliare lo sguardo occidental-centrico, necessario perché è siamo in occidente, con uno sguardo antropologico e che si rifà alle culture sciamaniche.
In questo senso, sì, stiamo tornando alla base: a ricordarci che il cuore dell’esperienza psichedelica non è “curare un sintomo”, ma trasformare il modo in cui entriamo in relazione con noi stessi, con gli altri e con il mondo.
D: Vabbè, domande troppo facili, finora: vi chiedo una cosa – ma vediamo se riesco a spiegarmi. Come sa chiunque abbia fatto un’esperienza psichedelica, questa porta con sé una medaglia a due facce: da un lato la gioia per aver percepito un mondo la cui esistenza prima si poteva solo intuire; dall’altro la frustrazione di non avere gli strumenti per raffigurarlo o raccontarlo. Il quid dell’esperienza psichedelica è l’ineffabile, non dico niente di nuovo: ci possono essere dei modi per girarci attorno, c’è il genere del trip report, ci si capisce sicuramente di più tra iniziati, o “psiconauti”, se vogliamo usare un termine meno mistico. Però, insomma, resta sempre un nucleo centrale di insoddisfazione, di incompletezza. Allora: come si concilia questo ineffabile con tutto il resto, che è – e deve passare attraverso il – dicibile? La divulgazione, il libri il podcast, le comunità, il corso…
Di Vita: La cifra dell’esperienza psichedelica è l’ineffabilità. Si tratta di un’esperienza riferibile solo fino a un certo punto, trattandosi di uno stato di coscienza innescato da quello che è in effetti, per un certo numero di ore, un funzionamento differente del cervello, che dunque si comporta e reagisce seguendo schemi solitamente inattingibili, e rispondendo a grammatiche che è complicato tradurre nel linguaggio consueto.
Il punto è che questa dimensione espansa, questa densità di connessione e questa sorprendente profondità e acutezza si ritiene siano il nucleo trasformativo alla base della dimensione curativa – volendo prendere il discorso da questo punto di osservazione. Il racconto, per quanto difficile, di quella dimensione è secondo me cruciale, così come è importante il riferimento dei risultati raggiunti dalle ricerche, dai cui trial spesso emerge come proprio lo stato di picco sia la chiave di volta di una rivoluzione terapeutica, per certe patologie.
Come è chiaro, accedere a stati così delicati comporta dei rischi e necessita una serie di competenze, sensibilità e cautele da parte di chi è chiamato ad accompagnare i futuri pazienti a un simile balzo quantico nei territori della psiche.
Per questo ritengo che la creazione di un ecosistema di informazione, solidarietà e formazione – cioè il progetto che sto portando avanti da anni – sia importante, abbia senso, e finisca per lavorare in modo sinergico. Ogni parte aiuta le altre, diventandone presupposto e cornice, in un quadro integrato di cultura e scienza che gettino i presupposti del cambio di paradigma necessario affinché la medicina occidentale arrivi a includere questi farmaci nel bagaglio della sua farmacopea.
D: E inevitabilmente, la domanda finale: prossimi passi? Avete in cantiere altre proposte formative? E più in generale, che intenzioni e programmi avete?
Greco: Questo corso rappresenta soltanto il primo passo di un percorso più ampio. Nei prossimi mesi lanceremo nuove iniziative formative che andranno ad approfondire vari aspetti delle terapie assistite da psichedelici, toccando sia i profili clinici che quelli farmacologici, neuroscientifici ed etici, e saranno rivolte a differenti professionalità.
Il nostro obiettivo è duplice: da un lato formare una comunità di esperti realmente preparati, capaci di lavorare con responsabilità e rigore; dall’altro stimolare la ricerca anche in Italia, affinché non restiamo solo spettatori di quanto accade all’estero. Parallelamente vogliamo contribuire al dibattito etico e normativo, perché l’introduzione di queste terapie non sia lasciata all’improvvisazione ma guidata da evidenze, sicurezza e serietà scientifica.
Non si tratta di un’iniziativa isolata, ma dell’avvio di un percorso strutturato che mira a portare in Italia una formazione e una cultura sulle terapie psichedeliche all’altezza degli standard internazionali.