Il Gran Tour in mostra a Milano

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In mostra alle Gallerie d’Italia di Milano (fino al 27 marzo 2022) 130 opere tra sculture, dipinti e oggetti vari provenienti da Napoli e da San Pietroburgo.
L’allestimento alle Gallerie d’Italia con in primo piano l’Hermes in riposo (79 d.c. ca., bronzo), proveniente da Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Torno, ancora una volta, a parlare di Grand Tour. L’ho già fatto in altre occasioni, su queste colonne, anche in tempi abbastanza recenti: ad esempio, per recensire un libro sui viaggi in Italia “al femminile” tra Settecento e Ottocento, oppure per riflettere sulla reinterpretazione del classico in relazione a una mostra tenutasi nel Canton Ticino.
L’occasione mi è offerta da un evento culturale di grande rilievo, del quale non potevo non informare i lettori de La ricerca. Alle Gallerie d’Italia di Milano, dal 19 novembre 2021 al 27 marzo 2022, è infatti allestita la mostra GRAND TOUR. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei, a cura di Fernando Mazzocca, con Stefano Grandesso e Francesco Leone, e con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli. L’esposizione gode dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è stata realizzata in partnership con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Museo Statale Hermitage di San Pietroburgo, dai quali derivano molte delle oltre 130 opere in mostra.

Robert Hubert, Capriccio con il Pantheon davanti al Porto di Ripetta, 1761, olio su tela, Vaduz-Vienna, Liechtenstein. The Princely Collections © 2021. LIECHTENSTEIN, The Princely Collections,Vaduz-Vienna/Scala, Firenze

L’Italia tra archeologia, paesaggio, città d’arte

Il “grande viaggio” (l’espressione fu utilizzata per la prima volta nel 1697, nel volume di Richard Lassels, An Italian Voyage) in Italia fu – tra la fine del Seicento e la prima metà dell’Ottocento – un’esperienza fondamentale per letterati, artisti, nobili, ma anche borghesi benestanti di mezza Europa.

Anton von Maron, Ritratto di Joahnn Joachim Winckelmann, 1768, olio su tela, Klassik Stiftung Weimar, Museen, © Klassik Stiftung Weimar, Bestand Museen

Una tappa obbligata, insomma, nell’ambito di un percorso di formazione che metteva i viaggiatori in contatto con una realtà percepita come unica al mondo, in primo luogo in quanto sede delle vestigia classiche descritte e/o raffigurate da figure del calibro di Johann Joachim Winckelmann, che sancì la “perfezione” dell’arte greca, e Giovan Battista Piranesi, fautore di un rovinismo più attento all’architettura romana.
Ma l’Italia non era solo il Bengodi dell’archeologia (da dove riportare in patria più o meno costosi e/o autentici souvenir), ma anche teatro di paesaggi meravigliosi (dalle Alpi ai laghi, dal Vesuvio all’Etna, solo per fare qualche esempio) e sede di città cariche di un fascino senza pari: Roma, ovviamente, ma nondimeno Napoli, Firenze e Venezia.
Insomma, basta leggere il Viaggio in Italia di Goethe per capire come il Nostro fosse parimenti affascinato dalla fioritura dei limoni, dai templi antichi e dai nobili palazzi, nonché incuriosito dal peculiare carattere degli Italiani, nel quale ravvedeva una sorta di strano – per lui che era nato a Francoforte… – mix tra genialità e indolenza.

Artemide Efesia, marmo farnesiano di età ellenistica (II sec. d.C), Napoli, Museo Archeologico Nazionale © foto Luciano e Marco Pedicini.

Sculture, dipinti e oggetti vari

La mostra milanese ci dà un ampio spaccato di tutto ciò, mescolando oggetti antichi (in larga parte provenienti dal Museo Archeologico di Napoli, tra i quali spiccano un’Afrodite Efesia, un Hermes bronzeo a riposo e un tripode itifallico), manufatti ispirati alla classicità (tra questi, i geniali monumentali prodotti dall’atelier Piranesi, ma anche l’oggettistica “da asporto” in bronzo o porcellana) e veri capolavori scultorei come un Eros alato di Antonio Canova conservato all’Ermitage.
E poi, soprattutto, vi è un tripudio di dipinti con soggetti di ogni genere, dai capricci archeologici (ad esempio quelli di Giovanni Paolo Panini o Hubert Robert) alle vedute di Venezia (di Canaletto o Gaspare Vanivitelli) e Firenze, fino all’eruzione del Vesuvio come resa da un gigantesco e “infuocato” quadro di Pierre-Jacques Volaire.

Pierre-Jacques Volaire, Eruzione del Vesuvio alla luce della luna, 1774, olio su tela, Centre des monuments nationaux, Château de Maisons-Laffitte, France, © Reproduction Patrick Cadet / CMN

Che dire poi dei numerosi ritratti esposti? Ci sono quelli dei nobili commissionati al ricercatissimo Pompeo Batoni, ma anche quelli dei protagonisti della cultura del tempo – tutti a me assai cari – come Piranesi, Mengs, Winckelmann, Cavaceppi ecc.


Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ritratto del pittore François-Marius Granet, 1807-1809 ca., olio su tela, Musée Granet, Ville d’Aix-en-ProvencE, © 2021.RMN-Grand Palais /Dist. Foto Scala, Firenze

Mi permetto però di segnalarne due altri, che spiccano per particolare qualità artistica: quello François-Marius Granet per mano di Jean-Auguste-Dominique Ingres (che avevo già ammirato ad Aix-en-Provence) e un autoritratto di Louise-Élisabeth Vigée Le Brun, pittrice della quale già ho scritto qui qualche anno fa – dopo averne visto una mostra parigina – insieme con Gisella Turazza.

Lussuosi souvenir

Vorrei chiudere con una nota scherzosa, e provare a immedesimarmi in un facoltoso viaggiatore del tempo che vorrebbe portarsi a casa qualche souvenir del Bel Paese, scegliendolo tra l’oggettistica (qualche volta anche un po’ kitsch) in mostra a Milano. Ovviamente, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta: la rapidità delle mie decisioni dipende dunque solo dalla – ovvia – virtualità delle stesse.

La mia prima scelta è ricaduta su oggetto particolare, e cioè uno splendido tavolo tondo in micro-mosaico con vedute di Roma, che penso però che l’Hermitage di San Pietroburgo non vorrà concedermi! Potrei allora provare con i Reali d’Inghilterra (in fondo con il mio cognome…) e chiedere loro la riproduzione in marmo degli archi di Settimio Severo e Costantino, ma anche qui temo che riceverò un rifiuto. Sarà lo stesso pure con il fortunato collezionista privato, proprietario di un piccolo, stupendo, Ercole Farnese in bronzo…

Michelangelo Barberi, Ventiquattr’ore in Roma, 1839, piano di tavolo in mosaico di smalti colorati, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage, © The State Hermitage Museum, St. Petersburg, 2021. Photo Alexander Lavrentyev

Insomma, sapete che vi dico? Mi accontenterò di guardarli sul bel catalogo della mostra pubblicato nelle Edizioni Gallerie d’Italia / Skira, con la cui doverosa menzione termino questo mio articolo. Anzi, no, lo termino con un caloroso invito ad andare alle Gallerie d’Italia, che si confermano, una volta di più, uno dei poli museali e culturali più importanti di Milano.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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