Harry Potter per lettori incantati #3

Tempo di lettura stimato: 7 minuti
I poteri magici della letteratura: corso accelerato per babbani, terza puntata: Riddikulus: visualizzare il pericolo per cambiarne il significato.
Paure a punto croce (da etsy.com)

Una delle innovazioni più interessanti introdotte dalla Rowling nella letteratura fantasy consiste nell’invenzione di una serie di incantesimi, pozioni e oggetti magici del tutto originali rispetto alla tradizione della fiaba. Si tratta di veri e propri strumenti che sembrano potenziare e concretizzare alcune capacità della mente umana – come, ad esempio, la capacità di costruire immagini mentali o visualizzazioni, la capacità di decentrarsi, la capacità di proiettare la propria immagine nel futuro, la capacità di scegliere, la capacità di ricordare.

L’incantesimo Riddikulus è uno strumento di visualizzazione che serve per combattere i Mollicci, delle creature magiche che assumono la forma della paura di un mago. Harry e i suoi compagni lo imparano durante una bella lezione del professor Lupin, l’insegnante di “difesa dalle arti oscure” del terzo anno.
Le lezioni di questo professore, che si scoprirà essere anche un lupo mannaro, sono tra le più appassionanti dell’intera saga: forse perché sono accompagnate da un atteggiamento molto affettuoso e, soprattutto, fiducioso nelle capacità di apprendimento dei suoi allievi. Sembra sempre che dica con lo sguardo: “Tu sei in grado di imparare, anche se quello che stai facendo è molto difficile”.
Il professor Lupin, inoltre, ha un particolare legame con Harry Potter, dovuto al fatto che era uno dei migliori amici dei suoi genitori. Come loro, infatti, anch’egli apparteneva all’Ordine della Fenice, un gruppo di maghi e streghe impegnato nella guerra di resistenza al regime di Voldemort e dei suoi Mangiamorte.

Ma veniamo all’incantesimo. Abbiamo detto che serve a combattere i Mollicci, che sono dei Mutaforma, cioè delle creature che non hanno una forma definita. I Mollicci, infatti, prendono l’aspetto della cosa che essi ritengono spaventi di più i loro interlocutori.
Per esempio, se tu avessi paura dei ragni, un Molliccio che si trovasse in tua presenza prenderebbe la forma di un enorme ragno. Che è esattamente quanto accade a Ron, l’amico di Harry. La paura più grande di Hermione Granger, invece, è la professoressa McGrannit che dice “Hai sbagliato tutto!”. Quella di Neville, il professor Piton. Anche il professor Lupin, naturalmente, ha paura di qualcosa. Con lui il Molliccio prenderebbe le sembianze della luna piena, perché è la causa della sua trasformazione in lupo.

Rowling, autrice della saga, ha dichiarato in un’intervista che il suo Molliccio sarebbe molto simile a quello della madre di Ron, Molly Weasley (uno dei personaggi a mio avviso più riusciti dell’intera saga): la morte di uno dei suoi cari. Oppure, in alternativa, raffigurerebbe l’immagine di sé stessa arsa viva.

E a questo punto, prima di procedere con l’incantesimo, immagino che anche tu abbia riflettuto sulle tue più grandi paure. È importante farlo, perché tra poco dovrai visualizzarle, cioè immaginarle, figurartele nella mente.

Proviamo a lasciare la parola per un attimo allo stesso professor Lupin, dal romanzo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban nella traduzione in italiano di Beatrice Masini, Salani Editore (il film, il mio preferito, è del 2004, per la regia di Alfonso Cuarón). L’insegnante è in piedi di fronte ai suoi alunni, tutti raggruppati in fondo all’aula, dove si trova un vecchio armadio apparentemente abbandonato. Ma ecco che l’armadio si mette a oscillare e a sbattere contro il muro. I ragazzi si ritraggono spaventati e subito vengono rassicurati dall’insegnante che spiega che lì dentro è rinchiuso un Molliccio.

«(…) il Molliccio che sta lì al buio non ha ancora assunto una forma. Non sa ancora che cosa spaventerà la persona dall’altra parte della porta. Nessuno sa che aspetto ha un Molliccio quando è solo, ma quando lo farò uscire, diventerà immediatamente ciò di cui ciascuno di noi ha più paura. Questo significa,» disse il professor Lupin, ben deciso a ignorare il farfugliare terrorizzato di Neville, «che abbiamo un grosso vantaggio sul Molliccio prima di cominciare. Hai capito quale, Harry?».
Cercare di rispondere a una domanda con Hermione al fianco che saltellava da un piede all’altro, la mano per aria, era piuttosto spiazzante, ma Harry ci provò.
«Ehm… forse… siccome siamo in tanti, lui non sa che forma prendere? »
«Precisamente» disse il professor Lupin, e Hermione abbassò il braccio, un po’ delusa. «È sempre meglio avere compagnia quando si ha a che fare con un Molliccio. Così lo si confonde. Che cosa diventerà, un cadavere senza testa o una lumaca carnivora? Una volta ho visto un Molliccio commettere l’errore di cercare di spaventare due persone contemporaneamente. Alla fine si è trasformato in mezza lumaca. Nemmeno lontanamente spaventoso».

Quindi, ci insegna Lupin, il modo migliore per combattere un Molliccio – e forse per combattere la paura stessa – consiste nello stare in compagnia di altre persone. Ma se ciò non fosse possibile o sufficiente, allora si può ricorrere a un incantesimo, il Riddikulus. Un incantesimo semplice, che richiede tuttavia una grande forza mentale.
Dovete sapere, se non lo ricordate, che i Mollicci, nutrendosi della paura delle proprie vittime, temono sopra ogni cosa le risate. Una sola risata è sufficiente a sconfiggere queste creature. Ma come fare a ridere di fronte all’immagine della paura più grande che si possa immaginare? “Quello che dovete fare – dice l’insegnante ai suoi allievi – è costringerlo ad assumere una forma che trovate divertente”.
Per riuscirci occorre pronunciare la parola Riddikulus! E, nel frattempo, agitare la propria bacchetta in direzione del Molliccio. Ma la cosa più importante e difficile consiste nell’immaginare qualcosa che riesca a cambiare l’aspetto della propria paura – e quindi del Molliccio – in qualcosa di divertente. In questo modo ciò che suscita inizialmente paura si trasforma in divertimento, con un rovesciamento improvviso e liberatorio.
Diamo ancora la parola all’insegnante, che per spiegare meglio chiede all’alunno Neville di farsi avanti.

«Bene, Neville,» disse il professor Lupin. «Innanzitutto: qual è la cosa che ti fa più paura al mondo?»
Le labbra di Neville si mossero, ma non ne uscì nulla. 
«Scusa, Neville, non ho capito» disse il professor Lupin incoraggiante.
Neville si guardò intorno terrorizzato, come per chiedere aiuto, poi mormorò, poco più che in un sussurro: «Il professor Piton».
Quasi tutti risero. Anche Neville sorrise a mo’ di scusa. Il professor Lupin, invece, parve impensierito.
«Il professor Piton… mmm… Neville, tu vivi con la nonna, vero? »
«Ehm… sì» ammise Neville nervosamente. «Ma… non voglio che il Molliccio si trasformi in lei».
«No, no, mi hai frainteso» disse il professor Lupin con un sorriso. «Mi chiedevo solo se puoi dirci che genere di abiti porta di solito tua nonna».

E così Neville, sollecitato dal professore, descrive gli abiti inconsueti della nonna, che dev’essere una strega assai stravagante: un cappello alto con un avvoltoio impagliato in cima, un vestito lungo verde, un collo di volpe, una borsetta…
Individuato l’abbigliamento, Lupin spiega a Neville che una volta uscito dall’armadio il Molliccio prenderà la forma del professor Piton. A questo punto, dice il professore:

«…tu alzerai la bacchetta, così, griderai Riddikulus e ti concentrerai al massimo sugli abiti di tua nonna. Se tutto va bene, ci ritroveremo davanti il professor Molliccio Piton con tanto di cappello, avvoltoio, vestito verde e borsa grande rossa».

L’esperimento funziona e Neville e compagni si mettono a ridere di fronte al Molliccio, costretto a dissolversi nel nulla. Nel film possiamo assistere a numerose trasformazioni di questo genere. Il ragno gigante che indossa i pattini e non riesce a reggersi sulle sue otto zampe; l’enorme serpente cobra che diventa un pupazzo a molla…

Ma ora tocca a noi di provare a esercitare il nostro occhio della mente.
Ricordati che il processo di visualizzazione è duplice: innanzitutto devi riuscire a vedere il Molliccio che esce dal buio dell’armadio e prende la forma della tua paura. Ci stai provando? Bene, adesso devi agire su quest’immagine per renderla ridicola ai tuoi stessi occhi. Cosa potresti aggiungere? Provaci, finché non riesci a farti una risata. Prova a divertirti con la tua paura.

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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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