Edmond Dantès, c’est moi! #8

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
Il conte di Montecristo per lettori suscettibili: come vestire i panni di Edmond Dantès e delle sue numerose incarnazioni e farla franca. Dopo le istruzioni per l’uso, la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta e la settima puntata, ecco l’ottavo appuntamento: l’arte del dono.

Ritratto di un gentleman, di pittore anonimo, 1809.Il giorno dopo aver incontrato Caderousse sotto i panni dell’abate Busoni, ecco che a Marsiglia, nella casa del sindaco per l’esattezza, fa la sua comparsa un uomo di circa trent’anni vestito con un frac blu fiordaliso, pantaloni color cachi alla moda e gilè bianco; un aspetto, e un accento, molto British.

Sono il primo commesso della ditta Thomson e French di Roma. Siamo da dieci anni in affari con la ditta Morrel e figli di Marsiglia. Abbiamo circa centomila franchi impegnati con loro e siamo un po’ preoccupati per le voci che circolano sulla minaccia di fallimento della ditta. Vengo apposta da Roma per chiederle ragguagli.

Si tratta di Edmond, il quale, ancora una volta ricorrendo all’inganno del travestimento, ottiene le informazioni che gli servono per poter andare in soccorso del signor Morrel e, soprattutto, per capire il ruolo del procuratore Villefort nella sua disgraziata vicenda.
Ma noi, lettore, non seguiremo questo filone della storia, ché ci porterebbe fuori strada. Torniamo a Edmond alias lord Wilmore: questi, dopo aver parlato col sindaco, va a rendere visita al signor Morrel.

L’inglese entrò. Trovò il signor Morrel seduto a una scrivania, pallido, dinanzi alle spaventose cifre del registro dove stava scritto il suo passivo.
Vedendo il forestiero, egli chiuse il registro, si alzò e gli porse una sedia; poi, quando si fu messo a sedere, sedette egli pure.
I quattordici anni che erano passati l’avevano molto cambiato; trentaseienne all’inizio di questa storia, stava ora per raggiungere la cinquantina. I capelli erano diventati bianchi, la fronte era solcata da profonde rughe, frutto delle sue preoccupazioni, e lo sguardo, un tempo così saldo e risoluto, si era fatto vago e indeciso e sembrava temere di doversi fissare su un’idea o su una persona. L’inglese l’osservò a lungo con un sentimento di curiosità mista a profondo interesse.

Mosso dalla compassione e dalla gratitudine, il falso Lord Wilmore concede a Morrel tre mesi di proroga alla scadenza dei pagamenti. Tre mesi che servono a salvare l’onore, e di conseguenza la vita, a Morrel, fermamente intenzionato a suicidarsi in caso di fallimento.
Edmond, simile a un dio sceso sulla terra, comincia a dispensare la vita e la morte ai suoi amici e ai suoi nemici. Regalando un diamante a Caderousse per estorcergli informazioni lo condanna a morte, poiché questi sarà derubato e ucciso. Salva poi l’onore e la vita a Morrel con un gesto magnanimo, cui ne seguiranno altri, compiuti nella veste di conte di Montecristo.

Il dono è un gesto fondamentale in questa storia, un atto volontario che serve a modificare il destino delle persone, a produrre cambiamenti significativi nella loro vita. Il conte di Montecristo stravolge completamente la vita delle persone che incontra, perché non agisce in nome dell’utile e dell’interesse – secondo gli ideali della borghesia rappresentata nel romanzo – ma perché agisce in modo libero, generoso, improduttivo in senso economico ma produttivo in senso esistenziale, perché genera soddisfazione, riconoscimento, fiducia.

Sono molti ormai gli studi dedicati al valore e al significato del dono, che non è solo una diffusa pratica della società dei consumi. In ogni civiltà, infatti, il dono ha un grande potere nel definire e modificare le relazioni interpersonali.

Intanto, deve essere chiaro che il dono è molto diverso dall’elemosina. Quando diamo del denaro per i cosiddetti bisognosi, infatti, compiano un gesto di compassione ma non ci aspettiamo di avere una relazione con loro, e neanche di cambiare il loro destino. Con il dono, invece, si costruisce una relazione con l’altro. In un certo senso, il dono assomiglia di più a un contratto. La differenza è che il contratto si basa su uno scambio di equivalenti – io do una cosa a te e tu me ne dai un’altra di pari valore – mentre il dono si fonda su uno scambio in cui il donatore dà senza aspettare nulla in cambio, ma dando comunque all’altro la possibilità di ricambiare. Il dono è gratuito, il contratto no. Non è una differenza da poco.

Con il contratto si stabilisce in partenza un rapporto che genera sicurezza, non cambia l’identità dei due soggetti, i quali sanno perfettamente cosa danno e cosa ricevono in cambio. Il dono è invece all’origine di un rapporto che genera squilibrio, poiché non dà nessuna garanzia al donatore di ricevere qualcosa in cambio. È proprio questa assenza di garanzie, che presuppone una grande fiducia nell’altro, a generare legami di fiducia.

E tu che leggi, che rapporto hai con il dono? Hai mai provato l’esperienza di squilibrio che provoca il ricevere o l’elargire un dono? Conosci persone che giudici particolarmente capaci di donare?

Immaginare o disegna una mappa del tuo dare e ricevere doni: individua le persone, collocale in una comunità (per esempio la famiglia, l’ambiente di lavoro, gli amici di un determinato gruppo), e segnala con delle frecce i flussi di doni da una persona all’altra. Sono doni gratuiti, che generano fiducia in chi li fa e in chi li riceve?

Ora prenditi una pausa dalla lettura e vai a donare qualcosa a qualcuno. Te lo meriti.

[Per approfondire, qui]

[Sull’argomento del dono: tra filosofia e letteratura, su La ricerca. Su Rai scuola: Il dono della lettura di Simone Giusti, sul sito RAI EDU – FILOSOFIA]

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Simone Giusti

ricercatore, insegna didattica della letteratura italiana all’Università di Siena, è autore di ricerche, studi e saggi sulla letteratura italiana, sulla traduzione, sulla lettura e sulla didattica della letteratura, tra cui Insegnare con la letteratura (Zanichelli, 2011), Per una didattica della letteratura (Pensa, 2014), Tradurre le opere, leggere le traduzioni (Loescher, 2018), Didattica della letteratura 2.0 (Carocci, 2015 e 2020), Didattica della letteratura italiana. La storia, la ricerca, le pratiche (Carocci, 2023). Ha fondato la rivista «Per leggere», semestrale di commenti, letture, edizioni e traduzioni. Con Federico Batini organizza il convegno biennale “Le storie siamo noi”, la prima iniziativa italiana dedicata all’orientamento narrativo. Insieme a Natascia Tonelli condirige la collana scientifica QdR / Didattica e letteratura e ha scritto Comunità di pratiche letterarie. Il valore d’uso della letteratura e il suo insegnamento (Loescher, 2021) e il manuale L’onesta brigata. Per una letteratura delle competenze, per il triennio delle secondarie di secondo grado.

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