Il libro si apre con la descrizione di una svolta epocale:
La condizione delle donne e degli uomini è cambiata, strutturalmente. Per secoli ogni generazione ha avuto la possibilità (e la presunzione) di insegnare alle generazioni successive come gestire la propria vita, non solo nel senso più semplice in cui siamo abituati a pensarlo, ovvero attraverso il ruolo rivestito dai genitori rispetto ai propri figli, ma in un senso più complesso e sociale: ogni generazione ha ritenuto che il proprio patrimonio di esperienze e valori potesse avere un senso, un senso forte per la generazione successiva ed ha tentato, attraverso una serie di dispositivi pubblici e privati, di facilitare questa trasmissione.
Le storie erano il veicolo usato per trasferire quel patrimonio da una generazione all’altra: dispositivi efficaci e sicuri per trasmettere comportamenti e valori, pratiche e significati.
Eppure, continua Batini nella sua Introduzione:
Negli ultimi decenni il compito che ogni generazione si è assunta nei confronti di quelle successive ha vacillato. Comportamenti e significati mutano con una rapidità che non consente la trasmissione intergenerazionale. Le narrazioni condivise, le grandi narrazioni non hanno fatto in tempo a rinnovarsi, segnando il passo, lasciando il passo a nuove composizioni ermeneutiche.
Le agenzie e i dispositivi sociali ed interindividuali hanno faticato ad adeguarsi, spesso pensando che se ci si fosse comportati come prima, tutto avrebbe funzionato come prima.
È così che, per la prima volta nella storia – conclude Batini –, «ciascuno è chiamato a costruire nel corso della propria vita comportamenti, significati, identità». Ciascun individuo, privo dell’appiglio offerto in passato da quelle che Lyotard ha definito “grandi narrazioni” – quadri di valori e di senso che venivano rappresentati in forma narrativa dalla politica e dalla religione e che costituivano un repertorio fondamentale per costruire la propria e altrui identità –, è costretto a costruire la propria vita, diventandone a un tempo regista e attore o attrice protagonista.
Non per questo, tuttavia, la narrazione ha diminuito la sua importanza nel veicolare modelli e valori, né tantomeno si è ridotto il consumo di storie. Bombardati quotidianamente da micronarrazioni molecolari, gli individui devono gestire la propria esistenza, pensarla e progettarla mentre sono immersi in un mare di storie, nel quale nuotano e respirano come se fosse il loro habitat naturale.
Anche queste storie, come quelle delle società tradizionali, afferma Batini, «permettono di costruire dei significati, di orientare le nostre azioni e le nostre scelte (e dunque la direzione da dare al nostro futuro), in misura molto maggiore di quanto crediamo normalmente». Un processo implicito e inconsapevole che è necessario portare alla luce, in modo da fornire agli individui un maggiore controllo sulla loro vita.
Oggi – questa è la tesi di fondo del libro di Batini – nell’ambito dell’educazione e in particolare dell’orientamento, è necessario tener conto di questo cambiamento e mettere a disposizione delle persone strumenti critici per renderle consapevoli delle narrazioni che usano, per poterle modificare, arricchire, integrare con altre narrazioni appositamente scelte.
Il libro, organizzato in tre parti – 1. I motivi, gli scenari; 2. Orientamento e narrazione; 3. Orientarsi con l’orientamento narrativo –, ha un impianto argomentativo solido, che procede dall’analisi del contesto e del quadro teorico di riferimento verso un progressivo approfondimento dei metodi e delle pratiche funzionali a sviluppare le competenze di autorientamento delle persone.
Tra gli argomenti della prima parte, ha un ruolo centrale la «predizione» e, in particolare, il legame tra predizione e comportamento. Batini infatti sottolinea ed evidenzia con numerosi esempi il significato dei comportamenti che ciascuno di noi assume nella vita quotidiana allo scopo di esercitare (o illudersi di esercitare) un controllo sul futuro. Oroscopi, preghiere, scongiuri e altri riti sono gli strumenti che testimoniano l’esistenza del bisogno diffuso di raccontarsi il futuro e, quindi, di addomesticarlo.
A partire da questo argomento (capitolo 1 Il controllo: ipnosi di massa), Batini illustra i principali cambiamenti che hanno portato le persone e le comunità a vivere il futuro come un problema e, soprattutto, a rappresentarlo come tale attraverso «visioni catastrofiste, centrate sulla paura, sul timore», non funzionali al bisogno di controllo (cap. 2 Il futuro non è più quello di una volta).
È in questo quadro che andrebbero rivisti e riposizionati gli attuali sistemi dell’istruzione e della formazione, considerati inadeguati alla sfida di rendere le persone autonome, consapevoli del proprio potere e capaci di esercitare un controllo sul futuro (cap. 3 L’istruzione, la formazione: bagagli leggeri).
Eppure – e siamo così alla fine della prima parte, al cap. 4 Il controllo, le competenze, l’identità – la ricerca scientifica ci dimostra da più parti come sia possibile esercitare competenze specifiche, quelle che chiamiamo competenze di autorientamento, che consentono di fronteggiare e gestire le situazioni, di regolare i propri processi cognitivi, di immaginare e progettare il futuro, di tradurre le intenzioni in azioni e, in sintesi, di «guidare l’utilizzo delle altre competenze in modo consapevole».
La seconda parte del volume si occupa quindi di orientamento e, nello specifico, di quegli elementi della narrazione che sono ritenuti utili al processo di autorientamento e allo sviluppo delle competenze orientative.
Dopo aver analizzato le caratteristiche fondamentali del pensiero narrativo e delle storie intese come strumenti per produzione culturale di significati (cap. 5 Racconti e argomentazioni), Batini passa a documentare il rapporto esistente tra la narrazione e l’autoefficacia, per mettere in evidenza il ruolo delle storie nella facilitazione di comportamenti proattivi (cap. 6 L’autoefficacia e le narrazioni), e il ruolo della narrazione nella medicina e, in generale, nei processi di guarigione e nella co-costruzione di sé, del proprio benessere, della propria esistenza (cap. 7 Una riflessologia fallita: autori della propria vita).
Infine (siamo al cap. 8 Che significa orientarsi), l’autore cerca di ridefinire il concetto stesso di orientamento alla luce di quanto emerso fino a questo punto:
L’orientamento è quel processo attraverso il quale riusciamo a scegliere una direzione per la nostra vita e ad imprimergliela, a muoverci nella vita professionale, formativa, navigando con la capacità di fare scelte continuamente, cambiando persino quella direzione, trovando percorsi alternativi o insistendo in presenza di ostacoli, ridisegnando la traiettoria personale e contribuendo in modo efficace e proattivo a quella di una comunità.
Niente a che vedere dunque col marketing scolastico e universitario, con il “consiglio orientativo” dato dalla scuola alla famiglia di un alunno, con l’erogazione di informazioni, o con la somministrazione di strumenti psicometrici: è semmai un processo formativo che la persona compie con il supporto e la guida di esperti, in ambienti protetti (a scuola, per esempio) e con l’ausilio di strumenti didattici adeguati.
La terza parte è interamente dedicata all’orientamento narrativo, una metodologia di orientamento formativo ideata dallo stesso Batini nel 1997 e messa a punto attraverso numerose sperimentazioni e ricerche svolte in ambito nazionale. La metodologia si basa sull’idea che attraverso l’utilizzo di strumenti narrativi – letture, ascolti e visioni, racconti orali, giochi di ruolo, scrittura creativa individuale e di gruppo, autobiografia – sia possibile imparare a gestire le scelte e a costruire la propria vita.
L’orientamento narrativo non suppone una scelta adeguata, non prefigura un orizzonte di senso univoco, non pensa di poter asserire che vi sia una scelta giusta ed una scelta sbagliata, crede invece che la costruzione della storia di vita (formativa, professionale, esistenziale) di un soggetto richieda delle competenze che permettano una sensazione di controllo, una percezione di efficacia, capacità di manipolazione delle narrazioni interne ed esterne per l’attribuzione di senso e significato da parte del soggetto medesimo, in direzione di una sorta di disvelamento e costruzione di se stessi e della propria esistenza. In realtà le narrazioni ci abitano in misura molto maggiore di quanto crediamo (senza che ne abbiamo coscienza) e, vista la quantità di narrazioni disponibili un compito fondamentale diventa la capacità di usarle, di modificarle, di conoscerle, di costruirle in modo plurale, per comprendere noi stessi e gli altri, per immaginare il futuro che vogliamo ed iniziare a costruirlo.
Rimane l’impressione, alla fine del libro, di essere rimasti ai margini della didattica, camminando lungo i suoi confini, e anche di aver avuto l’occasione di confrontarsi con il problema dei problemi della scuola contemporanea, ancora sedotta dalle sirene del passato e invischiata in un’organizzazione di impianto fordista – un fordismo raccontato e immaginato, che fa vivere ai bambini e alle bambine un’esperienza scolastica a tratti alienante, rimasta ferma agli anni Settanta del Novecento – incapace di affrontare a viso aperto, con la generosità e il coraggio che sarebbero dovuti alle nuove generazioni, la complessità della realtà contemporanea, con i suoi specifici rischi e con le sue opportunità.
Il metodo dell’orientamento narrativo, che altrove Batini traduce in strategie operative e tecniche didattiche di provata validità e efficacia, è la dimostrazione che una teoria pedagogica attenta ai cambiamenti sociali e antropologici può dare vita a una didattica che sia allo stesso tempo nuova (perché mai vista prima) e realista, perché intimamente connessa alle nostre pratiche quotidiane, alla verità dei nostri bisogni.
P.S. Questo libro è uscito in una collana che ho fondato e diretto insieme allo stesso Federico Batini, intitolata «Empowerment (formazione, orientamento e diritti civili)» (Liguori Editore). È dunque un libro che in qualche modo ho voluto e, dunque, di cui parlo – come degli altri che propongo in questa serie – in modo partigiano, con lo spirito di chi ha scelto da tempo da che parte stare, accanto a chi si occupa di educazione e di scuola con atteggiamento scientifico e con intenzioni democratiche.