La decisione dell’Assemblea francese di eliminare dalla Costituzione di quel Paese la parola race, omologa della nostra razza, fa discutere. Naturalmente, dovrebbe riscuotere il massimo consenso l’intenzione di proclamare in ogni modo la necessità di combattere il razzismo. Ma ha senso combattere la parola?
Per chi scrive un manuale per le scuole, confrontarsi con gli insegnanti che lo adottano, manifestarsi in una classe che lo usa è un’esperienza felicemente straniante.
“Una lingua è un dialetto che ha fatto carriera”: l’aforisma – rivisitazione del più noto “Una lingua è un dialetto con un esercito ed una marina militare” – è di Ugo Vignuzzi, docente di dialettologia all’Università La Sapienza di Roma.
L’ho trovato da Nicoletta, quella di Trame, la grande libraia gentile della strada accanto. Si intitola Il passadondolo (sottotitolo: Dizionario delle parole ritrovate e adottate da…, add editore, 2012) e un titolo così non passa inosservato.
È andata ieri in onda su Rai 3 alle 14 la prima puntata della trasmissione “La lingua batte”, a cura di Cristina Faloci, condotta da Giuseppe Antonelli, linguista italiano di fama.
"Quando diciamo amore non sospettiamo il basilare riferimento all’allattamento che la parola cela nelle sue origini; quando diciamo invidia eludiamo il riferimento all’occhio maligno che il termine possiede nei suoi ancestrali inizi".
Superbo, / Il Verbo / Tratta da burattino / Il soggetto e il suo destino. / Ai miei ordini: / Un! Due! Tre! / Fa, / Subisce / oppure è. (Andrée Chedid, Fêtes et lubies. Petits poèmes pour les sans-âge, Flammarion, 1999)