Quello che in agosto era solo un progetto, in pochi mesi è diventata una bella realtà. “Sapere aude! Natura e possibilità della ragione umana”: ecco il tema del Concorso nazionale di filosofia “Romanae Disputationes” per il 2013-‘14, rivolto agli studenti liceali. I vincitori saranno proclamati nella due giorni di Roma, il 18 e 19 marzo, presso la Pontificia Università Urbaniana.
Finiti da poco i miei tre shiai per la filosofia, credevo di aver chiuso il discorso. Fatto appena in tempo ad assaporare la situazione, mi sento afferrato e gettato in aria da un articolo sull’abolizione dell’insegnamento della filosofia. Il combattimento ricomincia.
Che strana ironia: quando in Italia qualcosa funziona, magari in maniera non ottimale, forse non perfettamente, ma funziona, c’è sempre qualcuno pronto a smantellarla! Questa volta è il turno dell’insegnamento della filosofia.
Continuamente esercitiamo atti di fiducia e la nostra vita sociale è tanto ricca anche perché ci fidiamo. Questo è vero al punto che, se smettessimo, saremmo presi in cura da uno psichiatra per le nostre paranoie. Dunque, dobbiamo fidarci. Ma la fiducia non è qualcosa di gratuito? E se lo è, com’è possibile che sia l’esito di una necessità?
Dunque, di nuovo: cos’è un paradosso? Ecco la definizione brillante che ne fornisce Mark Sainsbury: “una conclusione apparentemente inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente accettabili per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile”.
Mi pare che tutto il fascino della questione metafisica del realismo stia proprio nella parola “indipendente”, tanto usata nelle definizioni classiche (come quella di Salis), quanto discussa ancora in maniera insufficiente dagli studiosi, tra cui D’Agostini
David Chalmers, filosofo australiano noto soprattutto per i suoi lavori in filosofia della mente, ha raccolto una serie di link divertenti nella sua pagina “Philosophical humor”. E noi ci siamo divertiti.
Il termine thâuma vuol dire ben più che meraviglia. Si tratta di una parola che, dice Severino, nel suo significato originario significa «terrore», «paura». Secondo lui si tratterebbe di paura del dolore, della morte, dell'infelicità.