Autore

Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

L'idea ha origini nobili. “Un computer per ogni banco” è una prospettiva che nel nostro Paese ha avuto diffusione, ha suscitato discussione e ha ottenuto esiti pari a zero tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio del decennio successivo.
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“Un e-book non è solo un PDF”. “Non si può studiare su un monitor: è evidente!”. “Io non posso rinunciare al piacere di sfogliare la carta”. “Rivoluzione a metà”.
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Alla fine rimangono due pile, ciascuna alta almeno un metro, che il personale dovrà pazientemente risistemare il giorno successivo. Ciascuna raccoglie qualche decina di tradizionali libri di carta, da ricollocare ogni volta sugli scaffali secondo i criteri di collocazione adottati, autore ed età dei destinatari. Ogni sera, cinque giorni alla settimana.
Ho appena compiuto il mio dovere di cittadino. A garantirmelo, presidente di seggio, segretaria, scrutatori. Alle spalle di chi ha controllato il mio diritto all'esercizio di voto campeggiava una Lavagna Interattiva Multimediale. Spenta.
Qualche giorno fa sul registro di una delle mie classi campeggiava la dicitura “Accertamento del possesso di un dizionario, cartaceo o elettronico”, lodevole iniziativa di un collega. E in effetti, tra i ragazzi c'è qualche cittadino straniero che – in virtù del fatto che conosce una delle lingue della colonizzazione europea – ogni tanto avvia sul proprio cellulare un traduttore e cerca il significato di qualcuna delle parole che noi pronunciamo.
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Eccoli! Annunciati a dire il vero già da un po’, sono stati finalmente pubblicati i vari accordi tra il MIUR, le Regioni interessate e i diversi Uffici scolastici regionali in merito al Piano nazionale per la Scuola Digitale 2013; quello stipulato in Piemonte, per esempio, prevede l’attivazione di 120 classi 2.0 e di una (1) scuola 2.0.
Qualche giorno fa lo sguardo mi è caduto – in senso quasi letterale – sulla rubrica “Zona critica” del Venerdì di Repubblica, dal titolo “Tanti caratteri, ma poco carattere: la grafia fasulla invade libri e PC”, a firma Nicla Vassallo.
Nessuno (almeno di mia conoscenza) rimpiange la TV in bianco e nero, anche se conosco molte persone che sono assai critiche per quanto riguarda la qualità dei programmi.
Nel ragionare del taglio retorico che storicamente connota in Italia sia molta cultura umanistica sia parecchio giornalismo, caratterizzato da "scarsa propensione verso ciò che è analitico, ciò che è falsificabile” e da “scarsa attitudine alla verifica”, De Mauro rileva come sia più facile “scrivere un articolo o un saggio a schiovere” anziché ricorrere a “evidenze sperimentali, fattuali”.
Impossibile tacere. Il dibattito avviato da Invidia è un’occasione troppo ghiotta per togliersi alcuni sassolini dalle scarpe.