Non essere cortesi non significa essere scortesi, essere maleducati. Tra la cortesia e la scortesia vi è una zona neutra, una terra di nessuno in cui si può abitare e anzi molti vi dimorano, se non proprio stanziali, almeno di frequente.
La prima storia, narrata in questo articolo, racconta di una migrazione che si svolge in uno spazio e in un tempo precisi: tra Grosseto, la Puglia e Milano, passando per Rapallo, tra il 1939 e il 1971.
La decisione dell’Assemblea francese di eliminare dalla Costituzione di quel Paese la parola race, omologa della nostra razza, fa discutere. Naturalmente, dovrebbe riscuotere il massimo consenso l’intenzione di proclamare in ogni modo la necessità di combattere il razzismo. Ma ha senso combattere la parola?
Perché non mettiamo l’istruzione, la formazione e l’orientamento al centro del rilancio del paese? Questo vuol dire pensare al futuro, questo vuol dire pensare ai giovani. Perché non pensiamo alle scuole come centri in cui l’apprendimento è possibile tutto il giorno, anche in orari differenti da quelli delle lezioni istituzionali?
Leggo in alcune dichiarazioni che un terzo delle risorse europee sarà destinato al potenziamento dei servizi per l’impiego. Mi vengono in mente alcune riflessioni: li conoscete, i servizi per l’impiego italiani? Ne conoscete il livello? Avete idea delle funzioni a cui debbono rispondere e degli standard qualitativi medi degli operatori?
In generale, si è notato che le parole dell’ambito della cortesia sarebbero meno usate di un tempo, mentre lo sarebbero di più quelle di una società individualista, competitiva e poco educata.
Sono sinceramente affascinato da due autori della mia casa editrice che se le danno di santa ragione sul tema centrale del nostro lavoro: a che serve quello che facciamo ogni giorno?