Non mi manchi affatto, proprio non mi manchi…

Tempo di lettura stimato: 2 minuti
Ho già discusso su «La Ricerca» alcuni paradossi dell’educazione. Vorrei questa volta segnalare un affascinante paradosso del legame. Ne ho trovato una formulazione brillante ed esteticamente bella nel testo della cantautrice Norah Jones, Don’t Miss You At All (2004)

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As I sit and watch the snow
Fallin’ down
I don’t miss you at all
I hear children playin’ laughin’ so loud
I don’t think of your smile

So if you never come to me
You’ll stay a distant memory
Out my window I see lights going dark
Your dark eyes don’t haunt me

And then I wonder who I am
Without the warm touch of your hand

And then I wonder who I am
Without the warm touch of your hand
As I sit and watch the snow
Fallin’ down

I don’t miss you at all
I don’t miss you at all
I don’t miss you at all

 Se anche al lettore erano venuti dei dubbi leggendo le prime strofe, la ripetizione ossessiva nel finale, “non mi manchi affatto” (“I don’t miss you at all”), rivela quale sia davvero la situazione. Nella canzone la Jones interpreta una donna innamorata che non riesce a pensare ad altro che al suo amore, ma lo fa negando di farlo. A una lettura superficiale si può credere che la protagonista semplicemente menta a se stessa e che pertanto non ci sia nulla di paradossale in quanto avviene. In realtà le cose sono più complicate di così.

Lo struggimento della protagonista e la sua incapacità, o indisponibilità, a riconoscere ciò che le succede rendono il brano particolarmente toccante. Più lei vibra per l’assenza di ciò di cui avrebbe bisogno per essere se stessa (“And then I wonder who I am”), più è testarda nel negare di provare nostalgia (“I don’t miss you at all”). Forse lei non ha coraggio di sperare in un legame impossibile, oppure non vuole ammettere di desiderare un legame che l’ha fatta soffrire.

Il fatto è che tutto il brano testimonia efficacemente che il legame è reale, anche quando lo neghiamo. Anzi, forse vogliamo negarlo proprio perché esso c’è e ci fa soffrire. Eppure negandolo soffriamo ancora di più, perché esso ci dà consistenza, ci rende quello che siamo e quello che desideriamo. Non basta disconoscere il legame per cancellarlo. Infatti più insistiamo a negarlo, più esso si rafforza e si palesa, ecco in cosa consiste la paradossalità della situazione. Ne resta un gusto dolceamaro e romantico, che fa sognare, e però anche pensare.

http://www.youtube.com/watch?v=6TWNEFkr51s

 

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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