Voi siete il fuoco

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Di vasi da riempire e di fuochi da accendere. Una recensione a “Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola”, di Vanessa Roghi.
Immagine: Archivio fotografico Indire

Non è facile che i ragazzi si interessino di scuola negli anni in cui la frequentano. Le ore che vi trascorrono il più delle volte spingono nella direzione opposta a quella della curiosità, finendo per essere causa d’una repulsione sorprendente nei suoi confronti, più che funzionare da incentivo ad approfondirne le vicende. Lo sa bene Vanessa Roghi, che proprio a questi ragazzi si rivolge nel suo ultimo libro, accettando comunque e forse a maggior ragione la sfida proposta.

Storica e ricercatrice, nonché saggista con un interesse centrale per l’educazione, Roghi vede come le cause di questo rifiuto risiedano anche in una scuola incapace di adattarsi alla pluralità di chi la vive e che troppo spesso finisce per trattare i suoi studenti come contenitori da riempire anziché come fuochi d’intelligenza d’accendere. Così, in Voi siete il fuoco (Einaudi Ragazzi, 2021) l’autrice ricostruisce gli ultimi secoli di storia della scuola attraverso un mosaico di microstorie, opere letterarie e modelli educativi proposti dai grandi pedagogisti degli ultimi secoli. Lo scopo è quello di rendere chiari ai giovani studenti i processi storici che hanno portato allo sviluppo della scuola così come la conosciamo oggi, di rilevare le battaglie e le idee che l’hanno costruita al pari del cemento e dell’intonaco che sigillano le sue pareti.

Dall’annosa e purtroppo mai seriamente affrontata questione di voti, a quella della disposizione dei banchi nelle aule e delle bocciature, il testo ci sprona a interrogarci proprio su quegli aspetti della nostra esperienza formativa che più diamo per scontati, spesso motivo di ineguaglianza fra i banchi. Ogni argomento è affrontato grazie a un alternarsi di fatti di cronaca, grandi opere letterarie, e una rilettura di riferimenti culturali più vicini all’età dei ragazzi cui ci si rivolge.

Così, l’importanza dell’esperienza diretta nel processo di apprendimento è introdotta dalla ribellione degli studenti di Hogwarts rispetto alla limitazione dell’insegnamento d’una materia unicamente alla teoria, per arrivare solo in un secondo momento alla presentazione del pensiero di John Dewey (il pedagogista, cioè, della cui idea di scuola è debitrice Rowling), in una parabola discorsiva capace di catturare e mantenere l’attenzione del giovane lettore.

La chiarezza della scrittura, mai pesante o tortuosa, rende accessibile il libro ai diretti interessati, senza nulla togliere alla complessità del pensiero e degli eventi trattati: Rousseau è così sia il padre dell’Emilio e dell’educazione negativa capace di assecondare il sentire naturale del bambino, sia il sostenitore dell’inferiorità intellettuale femminile; allo stesso modo, se con la legge Coppino abbiamo finalmente la nascita di una scuola obbligatoria e gratuita per tutti fino al quinto anno delle elementari, non trascuriamo però di leggere al suo interno anche la volontà di renderla per i figli del popolo «conforto a rimanere nella condizione sortita dalla natura, anziché incentivo ad abbandonarla».

La conoscenza della storia della scuola non si esaurisce nel passato. Tutto il libro è un invito a riflettere sul ripercuotersi nel suo presente delle diverse idee e battaglie che l’hanno formata, sui limiti che l’istruzione per molti versi ha ancora oggi in Italia a causa della persistenza di modelli educativi inadeguati e di quelli che ha a tutti gli effetti per oltre un sesto dei bambini nel mondo, che vivono in zone di guerra.

«La scuola è il luogo in cui si coltiva il futuro, che siete voi, è dunque normale che chi odia la vita e il futuro, che siete voi, consideri la scuola un bersaglio», dice Roghi parlando della tendenza delle dittature a scegliere le scuole come obbiettivo primario. Ma, come emerge chiaramente dagli eventi narrati, la scuola si può colpire anche in molti altri modi: ad esempio, quando all’educazione democratica di Dewey si preferisce l’esercizio autoritario; quando anziché coltivare le abilità di scelta critica dei suoi studenti si chiede loro di replicare una lezione preconfezionata; o quando, ancora, si perde il valore didattico del tempo pieno, che riempito da ore di solo studio non aiuta ma respinge ulteriormente chi parte svantaggiato, andando ad ingrossare le fila di quei tre milioni di ragazzi che negli ultimi quindici anni hanno abbandonato prima del termine la scuola secondaria di secondo grado.

Per tutti questi motivi è importante che a parlare d’educazione siano anche e soprattutto coloro che ne sono stati respinti, da Rousseau ai ragazzi di Barbiana. Attraverso le loro voci ci vengono restituite sia l’immagine di una scuola che avrebbe potuto essere e ancora troppo spesso non è, sia la consapevolezza di tutti quei cambiamenti attuati finora per trasformarla in senso democratico. Nella speranza, ci dice l’autrice, che la comprensione di questi processi possa essere davvero il primo tassello della costruzione d’una nuova esperienza di scuola, dove ogni pezzo non sia più frutto del caso, ma di lotte e idee che ancora oggi è necessario difendere.

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Giada Letonja

Nata a Torino, è iscritta al primo anno di università. Cura il podcast di “Tutte le ragazze avanti”. Scrive occasionalmente per il mensile Zainet.

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