Una visita in 3D all’antico Egitto

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La ricostruzione virtuale in 3D del complesso della piana di Giza consente un approccio estremamente interessante allo studio dell’antico Egitto. Si tratta del progetto Giza 3D, nato dalla collaborazione fra l’Università di Harvard – da cui proveniva George Reisner, che oltre un secolo fa condusse l’importante spedizione di Giza – il Museum of Fine Arts di Boston e Dassault Systèmes. Il sito è disponibile in 13 lingue fra cui, strano, ma vero, c’è anche l’italiano.

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Alla base della ricostruzione c’è tutta la documentazione acquisita in anni e anni di spedizioni, scavi e studi, che dal 2000 viene digitalizzata e pubblicata grazie al progetto Giza Archives del Museum of Fine Arts di Boston. Nel sito sono disponibili fotografie, diari, mappe, disegni e documenti relativi alla spedizione originale di Harvard e alle successive spedizioni, oltre a pubblicazioni e materiale proveniente da musei e università di tutto il mondo. Nella sezione Search the Archives – Complete Archive Summary, abbiamo la possibilità di accedere direttamente alla varie classi di ricerca.

Ma iniziamo adesso la visita virtuale nel sito Giza 3D. Non posso fare a meno di pensare che mi sarebbe piaciuto, a scuola, avere uno strumento del genere. Una presentazione animata introduce al programma, che permette di esplorare la necropoli di Giza osservandola da diverse angolazioni. Le ricostruzioni sono tutte basate sui dati archeologici emersi dagli scavi; solo in alcuni casi, sottolineati durante la navigazione, sono state ricreate su base ipotetica, a causa dello scarso materiale a disposizione.

Sorvoliamo la piana di Giza. Un menu a sinistra elenca i principali monumenti che possiamo esplorare, aggiornati man mano che avanza la realizzazione del progetto. Per ogni monumento è prevista una introduzione guidata; una visita interattiva (confesso, la trovo molto divertente), che ci dà la possibilità di “incontrare” antichi Egizi, scoprire ulteriori particolari e vedere le fotografie corrispondenti al luogo in cui siamo; una galleria di oggetti (esplorabili da più punti di vista); una galleria fotografica. In alcuni casi è presente anche una sezione con le fasi della costruzione.

Possiamo così visitare la piramide di Cheope, con la sua utile e chiara ricostruzione in sezione, che permette di apprezzare gli accorgimenti messi in atto per alleggerire il peso della parte superiore della piramide; il tempio della piramide di Cheope e il tempio della valle di Cheope, questi ultimi in una ricostruzione ipotetica per mancanza di dati certi. Nel tempio della valle di Cheope è stato scelto di presentare parte del rituale e del processo di mummificazione del faraone, nella consapevolezza che probabilmente questi riti si sono svolti altrove, ad esempio in una tenda di purificazione.

Visitiamo poi la piramide di Chefren e il tempio della piramide di Chefren. Si tratta del primo esempio in cui sono presenti tutti gli elementi dei templi dei faraoni dell’Antico Regno: un ingresso, un ampio cortile colonnato, cinque nicchie, cinque camere adibite a magazzino e un santuario, collocato in fondo al tempio, che potrebbe aver ospitato una “falsa porta”, luogo di comunicazione fra il mondo dei vivi e quello dei morti.

La piramide di Micerino è la più piccola, ma per certi aspetti, la più elaborata. Intorno al 1830 nella camera funeraria venne trovato il sarcofago del faraone, che fu spedito via mare in Inghilterra. L’imbarcazione non giunse mai a destinazione: nel 1838 naufragò al largo di Gibilterra e ancora oggi numerose spedizioni cercano di ritrovare il relitto con il prezioso carico. Accanto alla piramide di Micerino ci sono le tre piramidi delle Regine, ognuna con il proprio tempio funerario.

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E arriviamo a uno degli ultimi inserimenti nel progetto, la Sfinge, con testa d’uomo e corpo di leone accovacciato. Il suo nome moderno, in arabo, significa “padre del terrore”. Gli egittologi non sono concordi: c’è chi sostiene che risalga a Chefren, mentre studi recenti la attribuiscono a Cheope. Contrariamente a quanto spesso viene affermato, il naso non fu distrutto dai soldati di Napoleone, ma venne perduto in epoca medievale. Una parte della barba è conservata al British Museum di Londra, mentre l’ureo (il serpente sacro originariamente sulla fronte del sovrano) si trova al Museo del Cairo. La ricostruzione mostra la testa colorata: sono infatti presenti, nel grandioso monumento, alcune tracce di colore, ma non è del tutto chiaro se fosse dipinta l’intera Sfinge o solo il volto e il copricapo.

Continuo la visita al tempio della Sfinge. Nessun testo dell’Antico Regno fa riferimento alla Sfinge o al suo tempio, ed è quindi difficile coglierne esattamente il ruolo e il significato. Il tempio rimase incompiuto e forse non fu mai completamente utilizzato. Presenta due ingressi e un grande cortile centrale, con dieci enormi statue poggiate contro colonne in granito rosso. Unico nel suo genere, ha due santuari, uno ad est e uno a ovest: durante gli equinozi, il 21-22 marzo e il 21-22 settembre, il santuario orientale si allinea con il sole al tramonto.

La ricostruzione virtuale non riguarda solo le più famose piramidi, ma anche tombe di famiglia e mastabe. Possiamo quindi visitare la tomba di Hetepheres, con resti di mobili, ceramiche e gioielli, trovata nel 1925 quando il treppiede di un fotografo, scivolando nel terreno, permise di scoprire una scala sotterranea che conduceva a un condotto funerario; la spettacolare e coloratissima tomba a mastaba di Meresankh; o la tomba di Nefer, in cui scopriamo l’esistenze delle misteriose “teste di riserva” e abbiamo la possibilità di ammirare, sia pure virtualmente, i bassorilievi che decoravano l’ambiente, nella realtà dispersi fra vari musei del mondo.

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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