
Dopo aver conseguito la laurea in scrittura creativa presso l’Università di Cincinnati e un Master in cinema presso la Columbia University School of the Arts, Cherien Dabis ha esordito nel mondo del cinema con il cortometraggio Make a Wish (2007). Con i successivi lungometraggi, si è affermata come una delle voci più interessanti e originali del panorama del cinema contemporaneo.
Con Amreeka (2009) la regista ha raccontato le vicende di una madre single palestinese negli Stati Uniti, e con May in the Summer (2013) la storia di una scrittrice statunitense di origine giordana che torna ad Amman per sposarsi con Ziad, incontrando le incomprensioni con la sua famiglia.
Il suo cinema nasce da un processo di rielaborazione storica e sociale della sua esperienza personale. Figlia di un rifugiato palestinese, che non ha mai dimenticato le drammatiche vicende della Nakba del 1948, delle successive guerre arabo-israeliane e delle Intifada, Cherien è sempre stata intimamente legata alla sua terra d’origine e alla sua storia.
Come lei stessa racconta nelle note di regia, il primo viaggio in Palestina per visitare il villaggio natale all’età di 8 anni è stato traumatico:
I soldati israeliani armati trattennero la mia famiglia al confine per 12 ore. Rovistarono tra il contenuto delle nostre valigie. Mio padre li affrontò quando ci ordinarono di spogliarci per essere perquisiti, comprese le mie sorelline di tre e un anno. I soldati gli urlarono contro. Ero terrorizzata che potessero uccidere mio padre.
Anche la sua vita negli Stati Uniti non è stata facile, fin dall’infanzia si è dovuta confrontare con i problemi di una non sempre facile integrazione di una donna di cultura araba in un contesto spesso diffidente. Tuttavia, come le stessa afferma:
Le mie esperienze, come palestinese-americana, che vive principalmente nella diaspora, impallidiscono a confronto di quelle di chi vive in Palestina e delle generazioni che mi hanno preceduta.
Il suo nuovo film rispecchia perfettamente questa visione del mondo dominata dal ricordo di eventi tragici del passato, che continuano tuttavia a tormentare l’anima e l’esistenza quotidiana. La sua poetica e attraversata da una profonda ferita, impossibile da rimarginare, soprattutto alla luce degli avvenimenti di questi ultimi anni. Il film è ambientato nella Cisgiordania della fine degli anni Ottanta, una regione palestinese che da decenni subisce una vera e propria invasione, con un’occupazione ed espropriazione illegale di terreni palestinesi per la creazione di insediamenti di coloni israeliani. Una pratica condannata da numerose risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tutte cadute nel colpevole silenzio del consesso internazionale, Europa compresa.
Mentre un adolescente palestinese sta protestando contro i soldati israeliani, prende il via la narrazione della madre del ragazzo. Inizia così il racconto della storia di una famiglia che da tre generazioni vive esiliata, lontana dalla propria terra a partire dal 1948, quando 700.000 palestinesi furono costretti ad abbandonare le loro case.
Il film ripercorre un’esistenza travolta da guerre e ingiustizie, che assurge a simbolo del destino di un popolo privato della terra, della dignità e di ogni speranza. Un trauma collettivo che ha segnato più generazioni con una serie di tragici eventi, fino ad arrivare all’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre 2024 e alla successiva guerra in cui sono già morti più di 65.000 palestinesi, di cui oltre l’83% civili.
Mentre il sogno di “due popoli, due stati”, con la creazione di una Palestina libera e indipendente, sembra sempre più lontano, il film ci ricorda come tutto è cominciato, quali sono le cause di un conflitto che ha attraversato la storia degli ultimi ottant’anni.
Un film indispensabile per superare la cronaca, le considerazioni geopolitiche, e calarsi in un abisso di dolore che ha lacerato le vite di più generazioni, lasciando un segno indelebile nella memoria e nell’anima di un popolo.
Tutto quello che resta di te
Regia: Cherien Dabis
Con: Cherien Dabis, Saleh Bakri, Adam Bakri, Maria Zreik, Mohammad Bakri, Muhammad Abed Elrahman, Hayat Abu Samra
Produzione: Germania/Cipro/Palestina/Giordania/Grecia/Qatar/Arabia Saudita
Durata: 145 minuti