Signore elegante con accento romano
Avrà settant’anni, mi si presenta davanti la prima volta guardandosi intorno.
Non mi parla, non saluta, cammina sbilanciato verso destra. Tiene in mano una piccola pila di libri, non riesco a vedere quali, e prosegue lungo il corridoio fino ad arrivare in fondo. Poi lo vedo zoppicare in direzione opposta – anzi, lo sento avvicinarsi alle mie spalle con il suo passo asimmetrico. Non mi parla ancora, con la coda dell’occhio lo guardo allontanarsi: il suo completo blu, classico. Le scarpe lucidate che suonano il pavimento.
Ogni tanto succede: qualcuno sbaglia strada, capita qui nel reparto ragazzi cercando qualcos’altro, e a noi spetta il compito di reindirizzare, di spiegare, di guidare. Spesso fanno una battuta per togliersi dall’imbarazzo, dal disorientamento.
Ma stavolta me lo vedo ritornare. Stesso sguardo fisso, passo altalenante, libri stretti alla pancia. Ora lo guardo meglio, perché di sicuro stavolta ha qualcosa da dirmi, e lo vedo portare in giro il suo ventre rotondo – che tira fino allo stremo i bottoni della camicia e che rende impossibile anche solo l’idea di abbottonare la giacca – in quel modo disinvolto tipico del maschio italiano. Mi parla e mi chiede se si può sedere. Mi dice: “È l’unico posto, questo, in cui mi posso sedere?”. Gli dico di no, gli spiego che ci sono altre poltrone sparse in giro per la libreria, gli spiego come raggiungerle. Annuisce e poi – ha un fortissimo accento romano e una voce che ribolle per uscire dalla gola – mi dice che vuole comunque fermarsi a leggere qui.
Si siede, le spalle alla finestra che dà sul giardino, sulla destra una pila di libri con le fiabe illustrate dei fratelli Grimm.
Rimane a leggere per un po’, letture impegnate di politica. Mi fa tenerezza questo uomo grande, coi pensieri difficili, che legge circondato dai colori.
Giovedì 6 ottobre, ore 17.23
Coppia di ragazzi innamorati vestiti di verde
Sto accompagnando un cliente in cassa, e li vedo.
Passando giro la testa e fermo lo sguardo sul ragazzo. Barba scura con riflessi rossastri, cappello verde scuro, di quelli aderenti che vanno di moda adesso.
Parla con una ragazza – la sua ragazza – e mentre lei dice qualcosa, lui si mangia le unghie.
Sono vestiti tutti e due di scuro: lei ha un cappotto militare dal cappuccio imbottito, lui un giaccone verde. Lei ha dei pantaloni molto larghi, a quadri, così larghi che non si vede nemmeno la punta delle scarpe. Le danno un’aria da studentessa d’arte, o qualcosa di simile. Lui invece ne ha un paio di semplici, scuri, forse un po’ usurati.
Si muovono come se un filo li tenesse agganciati. Nessuno lo vede, ma loro lo sentono, e non si allontanano l’uno dall’altra per paura di tirare troppo. O forse perché preferiscono così: camminare a poca distanza, sfiorarsi con le giacche, scontrarsi dolcemente.
Lei ha i capelli raccolti in uno chignon che è spettinato giusto un po’, e loro due si parlano piano.
Cercano un libro, forse non è per loro. Il ragazzo, prima di tirarne giù uno dallo scaffale, accarezza il dorso liscio del libro con la punta dell’indice. Lì a fianco una signora seduta legge una storia alla sua nipotina, ma sembra che loro non ci facciano caso.
Piano, come un po’ per volta, si allontanano, parlandosi vicini.
Allungano le braccia a prendere libri dagli scaffali, sorridono leggeri.
Mercoledì 6 gennaio, ore 18.05