È ferma davanti allo scaffale dei Salani. Sta lì da un pezzetto, ormai.
Tiene lo sguardo basso, legge.
Mi ha chiesto un libro per un bambino, un bambino di otto anni che ne compie nove. Le ho mostrato qualcosa e ora lei sta ferma lì da un quarto d’ora, a sfogliare le pagine.
Ha la pelle appena appena stropicciata, che si corruccia impercettibilmente agli angoli degli occhi quando passa da una pagina all’altra. Si è disegnata una linea nera sulle palpebre, precisa ma leggera.
Ha una borsa fucsia, la tiene a metà avambraccio come se non le pesasse.
Ci mette cura, guarda il libro per scoprire se potrà adattarsi al bimbo che ha in mente. Legge le parole provando a diventare lui: per un attimo prova ad avere ottoanniquasinove, prova a capire come ci si sente.
Le passo di fianco, la guardo, ha un cappotto che le arriva fin quasi ai piedi, pesante, bianco e nero. Un profumo, lo sento appena.
Si prende il tempo che ci vuole, e mi sembra la cosa migliore. C’è sempre un momento, prima di acquistare un libro, in cui bisogna tenerlo in mano. Ascoltare, in un certo senso, se faccia per noi. Anche se il libraio ci ha convinto, prima di comprarlo per davvero c’è bisogno di un attimo di intimità. Una specie di contatto, in cui si decide se ne vale la pena.
Mi piace, questa signora silenziosa, con il suo cappotto lungo e la borsa fucsia, che legge con occhi bambini.
28 dicembre 2015, ore 17.39
Ragazza con la frangetta nera
Arriva quasi di corsa, con l’aria un po’ scocciata con cui camminano tutti gli adolescenti.
Raggiunge altre due persone, credo la mamma e il fratello. Le vedo solo il viso, nello spazio tra i due volumi in esposizione che mi ritrovo davanti.
Guarda per qualche secondo (cinque? dieci?) lo scaffale, e poi prende un titolo che non riesco a vedere. Ha una frangetta nerissima, tagliata perfettamente dritta, come quelle dei personaggi dei manga. Una frangetta lucida, che spunta da sotto il cappello di lana lasciato cadere mollemente. E poi porta il rossetto, che si sistema, mentre legge, con un gesto veloce. La madre le rivolge la parola, e lei risponde con la voce strascicata di chi non ha voglia di comunicare, ma ci è costretto. Guarda il libro ancora un po’ e poi lo rimette a posto. Voglio vederla meglio, quindi fingo di dover riordinare uno scaffale lì accanto, e mi avvicino. Ha un cappotto nero a righe bianche, sportivo, e porta dei jeans chiari. E poi vedo le scarpe. Lucide, nere, con zeppe altissime.
Sorrido, stanno parlando di cioccolata calda, lei si risistema il rossetto strisciandosi l’angolo della bocca con il pollice.
Ho pensato a me, a quando ero come lei. Quando mi sentivo adulta e cercavo di farlo capire a tutti, quando non sapevo ancora chi ero e invece pensavo di sì.
Quando volevo il rossetto e le scarpe con il tacco.
Se ne vanno, lei ha le mani in tasca e mentre cammina le scarpe fanno rumore come di catenelle che sbattono.
30 dicembre 2015, ore 17.19