Tecnologie mature

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In barba al nostro tendenziale disfattismo, anche stamattina, come ieri, l’abbiamo ricevuta, anche se con un ritardo di qualche minuto. Poco (davvero poco, in confronto allo scorso anno) dopo le 8.30, sugli schermi dei PC della scuola dove sono presidente di commissione è comparsa la chiave pubblica (in gergo “ministeriale”), necessaria per decrittare il contenuto del plico telematico, precedentemente inviato dal superiore ministero ai referenti all’uopo e per tempo nominati dai dirigenti scolastici.

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Un perfetto esempio di funzionamento della catena di comando: del resto lo scorso anno un gongolante Francesco Profumo vantava la protezione della trasmissione via Internet dei compiti di “maturità”, come tutti si ostinano a chiamare ciò che invece è un semplice esame di Stato, reso necessario dal fatto che la scuola – in base al suo mandato costituzionale – rilascia titoli aventi valore legale, sul territorio della Repubblica e di conseguenza nella Comunità europea, appunto mediante “tecnologie militari”. Ciascun istituto ha ricevuto quest’anno un’unica chiave privata e segreta, mentre nel 2012, all’esordio della procedura, ne era stata assegnata addirittura una a ogni singola commissione, regolarmente stampata su carta, pinzata e consegnata a mano al presidente. In un caso e nell’altro, alle due stringhe di testo reciprocamente vincolate era ed è affidata la difesa delle tracce.

Resta quindi misterioso il fatto che dopo poco decine di minuti, ieri come oggi, vari siti web rivelassero i contenuti delle prove e anche qualche soluzione – per esempio la traduzione del brano di Quintiliano proposto al liceo Classico – all’opinione pubblica. E dessero inizio nel contempo al consueto dibattito tra quegli intellettuali che pensano che scuola e liceo siano concetti coincidenti o comunque perfettamente sovrapponibili, e dimenticano nelle loro coltissime dissertazioni quali possano essere le difficoltà a svolgere la prima prova – il “tema” di italiano –, le cui tracce premiano in genere coloro che hanno affrontato in modo approfondito l’insieme delle discipline umanistiche, da parte degli studenti dei tecnici e dei professionali, tra i quali vanno annoverati anche numerosi adulti lavoratori o aspiranti tali che frequentano i corsi serali.

Torniamo però alla (presunta) digitalizzazione dell’esame di Stato, che lo scorso anno suscitò l’entusiasmo dell’allora presidente della commissione Cultura della Camera dei Deputati. Il file decrittato deve essere stampato su carta. Anche quando la prova è notoriamente ed evidentemente la medesima – è questo il caso dell’appena citato “tema d’italiano” –, ciascun presidente dovrà disciplinatamente attendere il proprio turno, assistendo a volte all’apertura ripetuta dello stesso file da parte del referente telematico, costretto ogni volta a identificare le diverse commissioni mediante l’apposito menu predisposto da coloro che hanno implementato l’applicazione in uso su tutto il territorio nazionale. Questa paradossale procedura richiede ovviamente vari minuti: in molti casi il dispositivo di stampa è poi unico, per cui si crea una coda abbastanza impegnativa, in particolare quando la traccia sia costituita da 17 fogli – è il caso della seconda prova del liceo linguistico. Una volta in possesso della propria traccia, il presidente deve predisporre la riproduzione della medesima in un numero uguale a quello dei candidati: solo le scuole più fortunate dispongono di una quantità di fotocopiatrici pari a quella delle commissioni d’esame. Rarissimi i casi di macchinari in grado di fascicolare le copie e ancor più di pinzarle. Frequentissimi in compenso i casi d’inceppamento e surriscaldamento. I più fortunati riescono a far partire la prova vera e propria poco dopo le 9. Per poi recarsi a utilizzare “Commissione web”, applicazione suggerita dal ministero già dall’anno scorso per gestire le operazioni di esame via Internet, e provare un moto di nostalgia nello scoprire che il modello di verbale fornito contiene ancora i riferimenti al plico tradizionale, che era portato a scuola, ermeticamente chiuso in una busta termosigillata, dalle forze dell’ordine, conservato in cassaforte per poi essere aperto in pochi istanti davanti agli allievi.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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