Sfruttare l’intelligenza artificiale per migliorare l’insegnamento

Tempo di lettura stimato: 10 minuti
Quando si parla di intelligenza artificiale vi è la tendenza a proiettarsi nel lontano futuro e immaginare scenari avveniristici. Ma il problema è capire come già oggi le nuove tecnologie possano migliorare il lavoro dei docenti. Dal dossier del numero 18 de «La ricerca», “Umano, postumano, artificiale”. Traduzione di Francesca Nicola.
Il robot Pepe sarà ospite d’onore alla Swiss Handicap Fair che si terrà a Lucerna nei primi giorni di dicembre 2021.

Dobbiamo rivedere cosa e come insegniamo e garantire che l’intelligenza artificiale sia progettata e utilizzata come strumento per rendere i nostri studenti (e noi stessi) più intelligenti, non come una tecnologia che sostituisce le attività umane e ci appiattisce culturalmente e cognitivamente. È necessario dunque concentrarci sullo sviluppo di una scuola che, oltre a trasmettere le conoscenze relative alle diverse materie in modo flessibile, interdisciplinare e accessibile a tutti, sappia promuovere le capacità specificatamente umane dei nostri studenti.

Per questo abbiamo bisogno di assistenti artificiali che alleggeriscano gli insegnanti dai loro compiti più routinari, consentendo loro di concentrarsi sulla comunicazione, sullo scaffolding [in pedagogia l’aiuto dato da una persona a un’altra per svolgere un compito, N.d.T] e sul rafforzare il benessere degli studenti, irrobustendo la loro consapevolezza e autoefficacia, qualità che garantiranno di svolgere al meglio la professione che sceglieranno.

Valutare ciò che non può essere automatizzato

Gli obsoleti sistemi di valutazione impiegati ancora oggi in tutto il mondo utilizzano test e misurazioni della conoscenza che potrebbero essere automatizzate con facilità. Questi sistemi di valutazione sono inefficaci, richiedono molto tempo e generano ansia in studenti, genitori e insegnanti. Una possibile alternativa potrebbe essere fornita dalle informazioni ottenute combinando tutti i possibili dati informativi con l’intelligenza artificiale e applicandoli alla valutazione. Vi è una certa ironia nel fatto che, sebbene incapace di autocomprensione e di autoconsapevolezza, l’intelligenza artificiale possa aiutare a conoscere meglio noi stessi, nei nostri ruoli di studenti, insegnanti e lavoratori. Ecco qualche esempio per chiarire cosa intendo:

  • l’analisi dei dati raccolti attraverso l’uso della tecnologia ci fornisce una ricca fonte di informazioni su come gli studenti progrediscono cognitivamente, metacognitivamente ed emotivamente;
  • il continuo sviluppo scientifico della psicologia, delle neuroscienze e della scienza dell’educazione ha aumentato la nostra comprensione su come avviene l’apprendimento umano. È un corpus di conoscenze che può essere usato per specificare i tratti significanti o i comportamenti che evidenziano il progresso di uno studente;
  • le nostre conoscenze sull’apprendimento possono essere utilizzate per progettare algoritmi e modelli in grado di analizzare i dati relativi agli studenti, riconoscere gli elementi significativi dell’apprendimento e costruire modelli dinamici dei loro progressi in modo olistico, così da ricostruire non solo la mera padronanza dei contenuti ma anche lo sviluppo della loro consapevolezza e autoefficacia;
  • infine vi è la possibilità di progettare rappresentazioni dei dati analizzati per definire i progressi di ogni studente sul piano cognitivo, metacognitivo ed emotivo che potrebbero essere utilizzate da studenti, educatori e genitori per comprendere in modo dettagliato i bisogni dei ragazzi. Un sistema di questo tipo, che grazie all’intelligenza artificiale mostra a tutti gli studenti i loro progressi in un formato accessibile, supporterebbe la valutazione continua non solo delle conoscenze specifiche delle varie materie ma anche di abilità e capacità come la negoziazione, la comunicazione e la soluzione collaborativa dei problemi. Sarebbe un sistema più accurato ed economico rispetto ai quelli attualmente in vigore, che consentirebbe di risparmiare tempo prezioso per l’insegnamento.

Affrontare il divario tra studenti

L’intelligenza artificiale potrebbe anche contribuire a rendere il sistema educativo più equo. L’istruzione è la chiave per cambiare la vita delle persone, ma gli studenti con qualche forma di disabilità e quelli più poveri generalmente scontano qualche forma di svantaggio iniziale. Le famiglie più ricche, ad esempio, possono pagare insegnanti privati che aiutano i ragazzi a superare i test e ad accedere di conseguenza alle scuole migliori.

L’intelligenza artificiale fornirebbe un sistema di valutazione più equo in grado di valutare gli studenti per un periodo di tempo più lungo e secondo una prospettiva concreta. Non si tratterebbe di insegnare ai ragazzi a superare una prova specifica, poiché la valutazione avverrebbe nel corso del tempo, non in un momento specifico. Ad esempio, si potrebbe misurare quanto e come uno studente affronta argomenti difficili, la sua costanza nello studio e la sua rapidità di apprendimento.

Uno dei vantaggi principali di questo sistema sarebbe la possibilità per gli studenti di capire di più su loro stessi individuando gli aspetti della materia che padroneggiano bene e quelli invece in cui hanno bisogno di aiuto, i loro punti di forza e di debolezza.

La consapevolezza metacognitiva è un concetto complesso, ma in generale si riferisce a qualsiasi conoscenza o processo cognitivo che fa riferimento, monitora o controlla un aspetto del processo conoscitivo. Gli studiosi distinguono tra la conoscenza dei propri processi cognitivi e le procedure usate per monitorare e regolare il proprio apprendimento. Queste ultime comprendono diverse funzioni e strategie esecutive, come la pianificazione, l’allocazione di risorse, il monitoraggio, il controllo e la capacità di rilevare e correggere gli errori.

Una buona consapevolezza e regolazione metacognitiva migliora le prestazioni cognitive, tra cui l’attenzione e la risoluzione dei problemi, e aumenta i risultati di apprendimento. Gli studenti migliori valutano, pianificano e regolano continuamente i loro progressi, cosa che li rende consapevoli del loro apprendimento e promuove l’apprendimento profondo.

Una serie di studi condotti utilizzando una simulazione software chiamata Ecolab ha dimostrato che l’intelligenza artificiale potrebbe essere ben impiegata per aiutare gli studenti a capire quando devono chiedere aiuto e a selezionare le attività in base alla difficoltà. I risultati hanno dimostrato che gli studenti le cui conoscenze e abilità erano state valutate al di sotto della media hanno ottenuto particolari benefici e risultati significativamente migliori rispetto agli studenti più capaci, i quali hanno comunque ottenuto buoni risultati.

Possiamo usare l’intelligenza artificiale per fare visualizzare agli studenti la traiettoria dei loro progressi, aumentando la loro auto-consapevolezza. Ad esempio è possibile fornire loro una mappa dettagliata del curriculum che stanno svolgendo, degli argomenti già affrontati e del loro livello di difficoltà, degli aiuti che hanno ricevuto e dei nodi problematici che dovranno affrontare nell’immediato futuro.

NAO, sviluppato dalla Aldebaran Robotics, è un robot di compagnia, un compagno di giochi specializzato nell’assistenza ai malati.

Rendere più efficacel’insegnamento

Immaginiamo una classe tra dieci anni in cui i dati sui movimenti, le espressioni vocali e facciali di ogni studente siano automaticamente registrati da dispositivi interni all’aula. Queste informazioni verrebbero combinate con i dati sul loro rendimento forniti dal sistema di valutazione della scuola, dagli insegnanti, dai genitori e dallo stesso studente. Insieme, tutti questi dati verrebbero utilizzati per aggiornare i registri e fornire informazioni a un assistente artificiale che tenga traccia dei progressi cognitivi, emotivi e metacognitivi di ogni ragazzo.

L’assistente didattico libererebbe l’insegnante da tutte le attività di registrazione dei dati e sarebbe in grado di dare informazioni continuamente affiorante su ogni studente attraverso un’interfaccia basata sulla voce attivata dal docente o tramite un’applicazione software.

Gli insegnanti potrebbero anche chiedere al proprio assistente artificiale di identificare un’applicazione di tutoraggio adeguata per un gruppo di studenti che necessitano di un supporto particolare o in un’area specifica del curriculum scolastico. L’assistente artificiale potrebbe cercare risorse o media che supportino la lezione o identificare e contattare gli imprenditori locali disposti a discutere con gli allievi sulle future opportunità di lavoro.

Le applicazioni possibili sono tantissime e comprendono tutte le attività di routine, che coinvolgono un grande volume di dati e dispendiose in termini di tempo, essenziali per il buon funzionamento della classe, ma che non richiedono l’esperienza degli insegnanti, che così potrebbero concentrarsi sulle abilità umane uniche coinvolte nelle interazioni intersoggettive in atto nell’insegnamento e che l’intelligenza artificiale non possiede (ancora?).

Formare all’intelligenza artificiale

Se vogliamo trarre il massimo beneficio dall’AI, tre elementi chiave vanno introdotti nel curriculum educativo in tutte le sue fasi, dall’educazione primaria all’educazione degli adulti.

Il primo è che tutti devono padroneggiare l’intelligenza artificiale abbastanza da essere in grado di lavorare con essa. Solo così l’AI e l’intelligenza umana (HI) si aumenteranno a vicenda e stabiliranno una relazione simbiotica. Ad esempio, occorre che sia chiaro a tutti che l’intelligenza artificiale non ha a che fare solo con la tecnologia, ma anche con l’analisi e la progettazione di soluzioni a problemi specifici.

Il secondo è che tutti dovrebbero essere coinvolti in una discussione su ciò per cui l’AI dovrebbe e non dovrebbe essere sviluppata. Bisogna formare soggetti capaci di approfondire l’etica dell’AI e di aiutare gli sviluppatori a ragionare attentamente sul suo impatto.

Infine, bisogna padroneggiare l’AI abbastanza bene da lavorare sulla prossima generazione di sistemi di intelligenza artificiale.

Vi sono poi le abilità che si rivelano utili nei luoghi di lavoro, spesso definite le abilità del XXI secolo, che consentiranno a un individuo di essere uno studente capace di apprendere per tutta la vita, permettendogli di collaborare alla soluzione di problemi sia con l’intelligenza artificiale che con quella umana.

Prima ho accennato all’importanza della metacognizione e dell’autoefficacia. Aggiungo semplicemente che questi due concetti sono interconnessi ed essenziali per l’apprendimento permanente. Il problem solving collaborativo mette insieme due concetti, la collaborazione e il problem solving, ognuno con una storia di ricerca alle spalle. La risoluzione collaborativa dei problemi è un’abilità chiave nel mondo del lavoro e la sua importanza è destinata a crescere con l’aumentare dell’automazione.

Esiste una discrepanza tra l’efficacia, ormai assodata nella letteratura, della soluzione collaborativa dei problemi e dell’apprendimento collaborativo e gli approcci usati attualmente nelle scuole. Questi ultimi non stanno preparando gli studenti né all’università né al lavoro. In un dibattito sul futuro dell’educazione tenutosi durante il forum di Davos del 2016, uno studente di Hong Kong ha dichiarato che l’attuale sistema scolastico produce: «genietti sfornati in serie dall’industria dei test», bravissimi a superare gli esami ma che «vengono messi a terra con facilità quando sono costretti ad affrontare sfide lavorative». Abbiamo bisogno che i lavoratori siano in grado di collaborare con gli altri per risolvere i problemi, non di genietti che si sbriciolano sotto la pressione del mondo reale.

Il problem solving collaborativo non avviene spontaneamente. Sia gli insegnanti sia gli studenti devono acquisire una formazione specifica, eppure è evidente che viene fatto molto poco per prepararli. Per questo motivo quando gli insegnanti tentano di impiegare questo metodo, la qualità delle interazioni e del dialogo di gruppo in genere è piuttosto scarsa.

È estremamente difficile isolare la natura precisa dei fattori chiave che incidono sull’efficacia o meno del problem solving collaborativo. Tuttavia, possiamo citare quelli che spesso sono indicati come i fattori chiave: l’ambiente in cui si svolge la soluzione collaborativa; la composizione, la stabilità e le dimensioni del gruppo e la formazione degli insegnanti.

Per essere efficaci nel problem solving collaborativo, le persone devono essere in grado di articolare, chiarire e spiegare il loro pensiero; di ristrutturare, spiegare e nel frattempo rafforzare le loro idee: di sviluppare la consapevolezza di ciò che sanno e di ciò che non sanno, aggiustando le loro tesi, cosa che richiede la capacita di apprezzare le proposte altrui: di impegnarsi attivamente in un processo di co-costruzione di soluzioni; di risolvere i conflitti e rispondere a sfide specifiche attraverso spiegazioni complesse, contro-prove e contro-argomentazioni; e di cercare nuove informazioni per risolvere il conflitto cognitivo interno che deriva da discrepanze nella comprensione degli altri.


Tratto da Rose Luckin, The implications of Artificial Intelligence for teachers and schooling, intervento all’Education for a Changing World Symposium, 2017. Traduzione di Francesca Nicola.

Condividi:

Rose Luckin

è docente di Learning with Digital Technologies presso l’University College London Institute of Education’s Knowledge.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it