Ragazze e STEM: alla ricerca di un punto d’incontro

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La scarsa partecipazione femminile ad alcuni ambiti della vita culturale comporta uno spreco di capacità intellettive, ha effetti negativi sull’economia e, soprattutto, produce un senso di insoddisfazione e inadeguatezza personale che sfocia in una profonda infelicità in molte bambine, ragazze e donne. Che fare?
Rosamund Pike interpreta Marie Curie nel film Radioactive (2019), diretto da Marjane Satrapi e dedicato alla vita della scienziata.

Il fatto che le materie STEM siano per lo più appannaggio dei maschi, sia nella scelta delle scuole secondarie di secondo grado e dell’istruzione universitaria, sia in ambito lavorativo, non ha nessuna ragione d’essere, anche in virtù dei migliori risultati che le ragazze ottengono quando, ad esempio, si iscrivono a corsi di laurea di ambito scientifico-tecnologico (in media, le giovani si laureano in tempo minore e con punteggi maggiori, come riportato dalle indagini del consorzio Almalaurea, si vedano il report sui laureati 2020, di specifico interesse il capitolo 4, e il relativo database).

Differenze di genere in ambito scientifico: una panoramica

Le fonti sulle differenze di genere in ambito scientifico sono numerose e di qualità molto diverse; fra quelle di alto livello (ad esempio, i rapporti OCSE, e le pubblicazioni delle serie She-Figures della Commissione Europea) una risorsa particolarmente utile e ricca di informazioni, per quanto meno conosciuta di altre, è il resoconto finale di “Gender Gap in Science”. Si tratta di un articolato progetto che raggruppa undici organizzazioni internazionali, fra cui UNESCO, IMU (International Mathematical Union), IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) e IAU (International Astronomical Union), ed è suddiviso in tre linee di ricerca: la prima è un sondaggio molto dettagliato che ha coinvolto oltre 32.000 scienziati e scienziate di 159 Paesi, la seconda studia le tendenze nelle pubblicazioni scientifiche in relazione al genere e alla disciplina scientifica, la terza infine consiste in un database di buone pratiche.

I risultati del sondaggio e il database sono certamente gli strumenti più spendibili per gli insegnanti: le elaborazioni statistiche sulle risposte ottenute possono fornire spunti per discussioni in aula o per rielaborazioni condotte a piccoli gruppi, ma sono anche utili a noi docenti per sviluppare una maggiore autoconsapevolezza dell’importanza del sostegno che possiamo dare alla carriera scolastica di tante studentesse; molti dei contenuti del database possono essere presi come modello per azioni concrete, anche in ambiti ristretti, come scuole, centri di aggregazione culturale o piccole realtà locali.

Accanto ai tre filoni principali di indagine, il report contiene una breve ma utilissima sezione di raccomandazioni; in particolare quelle dirette a genitori e educatori e alle istituzioni locali sono ricche di spunti preziosi per incoraggiare le bambine e le ragazze a occuparsi di materie scientifiche. Per quanto possa infatti sembrare banale il suggerimento di evitare l’adozione di testi che rinforzano gli stereotipi di genere, se esaminiamo attentamente i libri di testo, soprattutto quelli per le scuole primarie ma non solo, non è difficile trovare ancora situazioni in cui “la mamma cucina e il babbo ripara l’auto” o in cui “Sara si prende cura del fratellino, mentre Luigi costruisce un aeroplanino”, come riportato anche da numerosi articoli su quotidiani e periodici. Nel nostro ruolo educativo dobbiamo porre attenzione a non ricadere noi stessi negli stereotipi di genere di cui inconsciamente siamo tutti vittime (un suggerimento: provate a sottoporvi agli Harvard Implicit Association Test delle categorie Gender-Science e Gender-Career, il più delle volte il risultato sarà davvero sorprendente); in particolare, una strategia che si rivela molto fruttuosa è quella di spingere bambine e ragazze alla partecipazione proprio quando si affrontano questioni di natura tecnico-scientifica, incoraggiandole a esprimere la loro opinione e sottolineando l’importanza della partecipazione delle donne allo studio di queste discipline.

Cosa fare in concreto? 
Un po’ di marketing e non solo

Ci sono tante azioni fattibili ed efficaci che si possono mettere in pratica per stimolare le ragazze ad appassionarsi alle materie STEM; di seguito cercherò di offrire una panoramica di attività di varia natura (e il cui costo sia quanto più possibile limitato, dato che la scarsità di risorse finanziarie delle istituzioni pubbliche è universalmente nota). Dalle più semplici, come gli incontri per la proiezione di film o clip di argomento divulgativo, a quelle più articolate, ad esempio i corsi intensivi per l’orientamento offerti da molti atenei, c’è un ampio ventaglio di opportunità in cui scegliere.

Le restrizioni ai contatti personali che abbiamo affrontato negli ultimi due anni sono state fonte di grandissimo stress sia per il corpo docente sia per quello studentesco, ma hanno avuto almeno il pregio di farci scoprire le possibilità, in precedenza spesso inesplorate, dei collegamenti in remoto.

Con pochissima spesa, infatti, si può organizzare un incontro, se possibile in presenza, ma anche online se non ci sono spazi adatti, per assistere alla proiezione di un film, seguito magari da una discussione con una persona che dia una testimonianza diretta del suo percorso (meglio ovviamente se si tratta di una donna). Le possibilità fra cui scegliere sono numerose: si va da Il diritto di contare1, un blockbuster del 2016 che narra il percorso di affermazione di tre scienziate nere impiegate alla NASA negli anni Sessanta, a Journey of Women in Mathematics, un documentario di 26 minuti prodotto dalla Fondazione Simons, passando per Secrets of the Surface, un bellissimo biopic di George Csicsery su Myriam Mirzakhani, prima donna al mondo a essere insignita della Medaglia Fields nel 2014, e Picture a Scientist, un documentario offerto anche in versione ridotta, adattata per le scuole. Non sempre però c’è bisogno di avere un film intero da mostrare per creare un incontro simpatico e accattivante: anche una serie di clip come quelle della Matematica danzante (Raffaella Mulas) che si possono trovare sul sito Maddmaths!, filmati come Faces of Women in Mathematics o Words of Women in Mathematics at the Time of Corona o alcuni brevi video sulle tematiche di parità di genere, ad esempio questo oppure questo, seguiti da un dibattito guidato possono essere molto efficaci.

Un’altra occasione favorevole per coinvolgere maggiormente le ragazze nello studio delle discipline STEM sono le giornate dedicate a personaggi o ricorrenze legate alla scienza e alla tecnologia: si comincia l’11 febbraio festeggiando la Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza, istituita dall’ONU nel 2015; chiunque sa che l’8 marzo è la Giornata Internazionale delle Donne; il 12 maggio, data scelta perché compleanno di Myriam Mirzakhani, si celebra con tante iniziative diverse che potete trovare sul sito, la Festa delle Donne Matematiche; infine il secondo martedì di ottobre è l’Ada Lovelace Day, che ricorda colei che per prima ebbe l’intuizione dello studio della struttura degli algoritmi, anche in questo caso vengono messi a disposizione eventi di varia natura che offrono alle ragazze la possibilità di partecipare, appassionandosi alla programmazione.

Attività più complesse da organizzare, ma al tempo stesso molto fruttuose anche per la risonanza e l’impatto che hanno sul territorio, sono i corsi intensivi e i campus residenziali su argomenti scientifico-tecnologici. Spesso gestiti da università, ma talvolta anche da associazioni culturali, regalano un’esperienza molto coinvolgente ai partecipanti (solo femmine oppure di ambo i sessi) che si trasformano poi in portavoce del fatto che le materie STEM sono adatte alle ragazze non meno che ai ragazzi; fra le iniziative ricordo TechCamp@Polimi (Politecnico di Milano), H-Farm (a Ca’ Tron, Treviso), STEM in Ancona! (Università Politecnica delle Marche), StemDays (a Torino, si veda intervista a p. 60) e PinkCamp (Università dell’Aquila). Per incoraggiare questo tipo di iniziative, lo scorso anno il Dipartimento per le Pari Opportunità aveva messo a disposizione di scuole, enti locali e associazioni del terzo settore un fondo di 2 milioni di euro, successivamente incrementato fino ad arrivare a 8, per il finanziamento di progetti di promozione dell’educazione nelle materie STEM; si tratta senza dubbio di uno strumento prezioso cui attingere per la programmazione di attività scolastiche, soprattutto se venisse stabilizzato con periodicità fissata.

Concludo questo paragrafo menzionando alcune iniziative di alto livello che proprio per questo vengono talvolta scartate a priori dai docenti e quindi rischiano di non essere pubblicizzate quanto meritano; viene infatti spontaneo pensare che se non abbiamo in classe studentesse con competenze elevate in una materia scientifica, non valga neppure la pena di parlare delle EGMO2, o dei corsi di orientamento universitario della Scuola Normale Superiore di Pisa. In realtà, la semplice menzione di queste realtà ha un effetto positivo su tutto il corpo studentesco: bambine e ragazze si sentono per così dire “autorizzate” a interessarsi alle STEM, migliorando in alcune occasioni i loro risultati scolastici in queste discipline per un semplice effetto psicologico; dall’altra parte i maschi “scoprono” che le materie tecnico-scientifiche non sono un loro appannaggio esclusivo, rimuovendo uno degli ostacoli all’ingresso delle ragazze in questo ambito: lo stigma sociale. Inoltre, apprendere che traguardi tanto prestigiosi possono essere adatti anche alla popolazione femminile aiuta anche a modificare l’atteggiamento delle famiglie, il cui appoggio, sia emotivo sia materiale, risulta determinante nella scelta di percorsi di studio e carriera delle figlie.

Alcune indicazioni pratiche

Un suggerimento generale è quello di far partecipare alle attività, quali esse siano, una platea mista di ragazze e ragazzi, con una predominanza femminile: in tal modo le studentesse si sentono a loro agio, ma non inserite in una realtà che le ghettizza, mentre gli studenti imparano che le materie STEM possono essere seguite con profitto anche dalle donne. Ovviamente ci possono essere ottimi motivi per fare delle eccezioni: le EGMO sono ovviamente riservate alle ragazze, perché possano avvicinarsi alle competizioni olimpiche in un ambiente più inclusivo, così come alcuni campus residenziali che sarebbe troppo complesso gestire per realtà miste.

Trovare un’oratrice (o un oratore) per un incontro sulla tematica Ragazze e STEM è spesso più semplice di quanto non si pensi: ci si può rivolgere a uno dei dipartimenti di materie STEM dell’ateneo più vicino oppure ai Comitati Pari Opportunità delle varie società scientifiche (dall’Unione Matematica Italiana alla Società Italiana di Fisica, passando per la Società Chimica Italiana e l’Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico, senza dimenticare istituzioni più rivolte alla divulgazione, come la Mathesis); spesso infatti le scuole sono già in contatto con loro perché membri associati (direttamente o indirettamente, tramite i loro docenti) o coinvolte nell’organizzazione di eventi, fra cui le Olimpiadi di alcune discipline scientifiche.

Anche se può sembrare l’ennesimo adempimento burocratico per dirigenti o consigli d’istituto, incaricare una o più persone, docenti o personale amministrativo, di monitorare le attività scolastiche sotto il profilo delle problematiche di genere può riservare interessanti sorprese: se ad esempio la partecipazione a un progetto organizzato dalla scuola palesa uno squilibrio fra i sessi, indagare quali possano essere le motivazioni di questa differenza può fornire indicazioni utili a modificare la proposta e a comunicarla in maniera più efficace, in modo che non venga percepita dalla platea studentesca come riservata all’uno o all’altro genere. Se non si hanno dati attendibili a disposizione, infatti, è sostanzialmente impossibile valutare l’impatto di una iniziativa e quindi stabilirne l’efficacia.

Un’ultima questione cui vale la pena di fare attenzione è l’uso del linguaggio in senso lato: se in un progetto il testo parla sempre di studenti e mai di studentesse, le foto che lo accompagnano sono sempre di maschi che fanno esperimenti e femmine che stanno a sentire uomini che parlano, sarà difficile che le ragazze non percepiscano un messaggio di esclusione, anche se sottaciuto.

Per concludere, l’elemento cruciale è che non esiste alcuna motivazione fondata per il disinteresse, e tanto meno l’avversione, di bambine e ragazze nei confronti delle materie STEM: appena docenti e famiglie gli trasmettono questa solida convinzione, il coinvolgimento e addirittura la passione nei confronti di queste discipline superano ogni aspettativa.


NOTE

  1. In italiano il gioco di parole del titolo è incentrato sulla duplice accezione del verbo “contare” (che sta sia per “fare calcoli” sia per “avere potere”), mentre in inglese “Hidden Figures” sfrutta l’ambivalenza di “figure” (che significa “cifra, numero” ma anche “personaggio”).
  2. Acronimo di European Girls’ Mathematics Olympiad. Si veda anche http://olimpiadi.dm.unibo.it.
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Chiara De Fabritiis

è professoressa ordinaria di Geometria all’Università Politecnica delle Marche. I suoi interessi di ricerca sono principalmente indirizzati verso l’analisi complessa e quaternionica. Dal 2018 è coordinatrice del Comitato Pari Opportunità dell’Unione Matematica Italiana e membro del Comitato Unico di Garanzia del suo ateneo.

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