Parlare di Costituzione oggi, #2

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È bella la Costituzione che ci racconta Calamandrei. Perché è bella la Costituzione: viva, dignitosa, giusta, leale, sobria, indignata, critica, solidale. E belle sono le voci che Calamandrei fa riecheggiare in quelle parole, in quegli articoli: Cattaneo, Beccaria, Cavour, Garibaldi, Mazzini. Perché dovremmo dimenticarle?

3. È del 2010 l’Indagine sulla conoscenza della Costituzione italiana di ProteoFareSapere. Un campione di 7038 studenti, 56% del liceo, prevalentemente delle classi finali del quinquennio, al 50% del Nord. Risposte coerenti con le condizioni della scuola italiana: differenti conoscenze nei vari indirizzi dell’istruzione superiore; il professionale – che ospita il numero di gran lunga più significativo di studenti migranti e provenienti da situazioni socio-culturali svantaggiate, il più indebolito dalla “riforma” Gelmini (sarà un caso?) – sempre buon ultimo.

 

Risposte sbagliate concentrate al Sud, dove la consuetudine (spesso quotidiana) con l’alternativa criminale allo Stato e, al contempo, con pratiche di resistenza civile avrebbe bisogno, urgenza di sostegno, conoscenza, educazione; di strumenti per sollecitare anticorpi alla rinuncia istituzionalizzata all’esercizio della cittadinanza. Tali strumenti risiedono perché sono scritti nella Carta. Ma la maggior parte dei ragazzi li ignorano: il 42.2% non ha una Costituzione in casa. Il nome dei costituenti è spesso sconosciuto agli studenti: drammatica mancanza di cultura collettiva rispetto a interessi e principi comuni e identitari, sia a scuola che in famiglia.
Nella strana Italia in cui stiamo vivendo i valori collettivi sembrano essere altri. La scuola non può dimenticare che in momenti bui della nostra storia i diritti di libertà sono stati negati e migliaia di donne e uomini si sono impegnati spesso a prezzo della vita perché la Costituzione potesse essere scritta. E quelle vicende fossero per sempre un terribile ricordo del passato. È impegno cui una parte della scuola democratica si dedica, non rinunciando all’idea che racconto, ricerca, studio, riflessione sulla Costituzione non siano semplice atto di testimonianza, ma di costruzione attiva e vitale di cittadinanza. E di futuro per questo Paese.

4. È bella la Costituzione che ci racconta Calamandrei. Perché è bella la Costituzione: viva, dignitosa, giusta, leale, sobria, indignata, critica, solidale. E belle sono le voci che Calamandrei fa riecheggiare in quelle parole, in quegli articoli: Cattaneo, Beccaria, Cavour, Garibaldi, Mazzini. Insieme alle voci degli eroi della nazione che ne hanno consentito la lucida scansione.
Perché dovremmo dimenticarle, e perché dovremmo dimenticarle proprio a scuola, nella nostra scuola, quella che è “aperta a tutti”, quella che dovrebbe rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, quella che premia i capaci e i meritevoli, ma non dimentica gli altri, quella che consente a tutti – senza distinzioni di sesso, razza, religione – di accedere a quello strumento di emancipazione che è la cultura? Stanno facendo di tutto perché sia così, ma non dobbiamo stancarci di dire (e di urlare, se necessario) parole più alte, più convincenti, più capaci di smuovere la responsabilità che ciascun cittadino deve avere nei confronti del proprio Stato.

 

calamTra le ragioni generali di questa pericolosa assenza di attenzione per la Costituzione c’è la tracotanza culturale e morale del berlusconismo e dei suoi epigoni e falsi avversari; l’incapacità, d’altro canto, da parte della sinistra o di quel che ne rimane, di richiamare davvero a quei principi e fare realmente di quel testo un viatico imprescindibile. Accanto all’arroganza con cui si sono messi in atto, dal centro-destra come dal governo “tecnico” e poi nell’attuale, indirizzi e politiche in conflitto proprio con i principi e con i valori della Costituzione: riduzione dei diritti, conferma dei privilegi, ulteriore emarginazione degli emarginati, precarizzazione del rapporto di lavoro, blocchi salariali, appesantimento del fisco, aggressione allo Stato sociale, scavalcamento di pratiche e procedure democratiche. Oggi parole come responsabilità, solidarietà, coesione sono diventate pure astrazioni per le nuove generazioni, che non vengono educate e neanche motivate a comprenderne il senso storico e la valenza attuale, ma sono piuttosto spinte a considerarle retorici slogan strumentali, volti a convincere ad accettare i sacrifici imposti dall’attuale contingenza economica e dai progetti della parte politica prevalente.
E invece: «Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani». Così si esprimeva poco dopo la sua entrata in vigore Piero Calamandrei, che metteva in luce il fatto che i principi della Carta esigevano una netta e intenzionale soluzione di continuità con lo Stato totalitario e con la gerarchia dei privilegi che avevano caratterizzato i decenni precedenti l’ordinamento repubblicano; che valorizzava la dimensione pubblica e la vocazione collaborativa della cittadinanza, l’azione partecipativa dei singoli e quella inclusiva delle istituzioni. Che dimostrava che la Costituzione non è – come sostiene qualche alchimista 2.0 dell’innovazione politica – uno stanco strumento del Novecento, come tale superato dalle potenzialità delle tecnologie digitali della comunicazione e dell’interazione, ma il nerbo di ogni istanza democratica e il criterio per la valutazione della corrispondenza tra iniziative politiche e interesse generale.
Occorre che ciascuno di noi – genitori, insegnanti, cittadini – si riconvinca – davvero – che questo è il punto, questa è la priorità, il fine al quale tendere. Che ci crediamo; che investiamo energie perché queste affermazioni siano non retaggio nostalgico, politicamente corretto; ma pratica quotidiana, educazione alla vigilanza democratica, a consapevolezza, legalità, rispetto per la storia di questo Paese. Fare innamorare i giovani della nostra Costituzione, restituirle sacralità attraverso una loro adesione convinta e intransigente sarebbe un dono inestimabile che possiamo fare a loro e a noi stessi. E a questo Paese nella tempesta.

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