Munch 150: una mostra al cinema

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Una grande mostra celebra a Oslo, dal 2 giugno al 13 ottobre, i 150 anni della nascita del pittore norvegese Edvard Munch. Per la serie “Exhibition. La grande arte al cinema”, il 27 giugno, in contemporanea mondiale, è stato proiettato via satellite il film “Munch 150”, regia di Phil Grabsky e Ben Harding, per illustrare la mostra e la sua progettazione.

munch150

In Italia la programmazione ha coinvolto un centinaio di sale cinematografiche; fra queste, il Teatro Comunale di Vicenza, che ha aderito all’interessante iniziativa. Non so bene cosa aspettarmi da questo film quando entro nella sala del teatro, ma mi piace molto quest’idea di portare le mostre d’arte al cinema. Mi piace anche il fatto di vivere questa esperienza in mezzo ad altre persone interessate, piuttosto che da sola davanti a uno schermo. Strano pensare che siamo tutti usciti di casa per vedere un documentario d’arte. Ma è un “documentario” che viene proiettato solo quel giorno e a quella data ora: una sorta di rituale a cui vogliamo partecipare. Incontro colleghi storici dell’arte, ma non mi sembra di vedere molti giovani: se la mia sensazione è giusta, è un peccato.
La mostra è suddivisa fra la Nasjonalgalleriet di Oslo, che comprende dipinti realizzati dal 1882 al 1903, e il Munchmuseet, con dipinti dal 1904 al 1944, e si presenta come l’occasione non solo per ricordare il grande artista, ma anche per rileggerne le opere alla luce delle coraggiose scelte espositive dei curatori Mai Britt Guleng, Nils Ohlsen, Jon-Ove Steihaug e Ingebjørg Ydistie.
Lo storico dell’arte inglese Tim Marlow, conduttore di programmi televisivi culturali, ci guida lungo il percorso. Il film ripercorre la mostra alternando alla visione delle sale l’approfondimento di alcuni dipinti dal punto di vista tematico e tecnico; le interviste ai curatori; la vita di Munch vista attraverso immagini d’epoca o rappresentata da un attore nei luoghi realmente frequentati dal pittore. Il racconto è scandito da brani del diario di Munch: diari tenuti soprattutto a scopo terapeutico dopo il grave esaurimento nervoso che lo aveva colpito, ma che dimostrano anche come pittura e scrittura siano saldamente intrecciate nell’universo dell’artista.
Le interviste ai curatori mettono in luce, fra le altre cose, la difficoltà di scegliere le opere da esporre in una produzione vastissima. Se i capolavori a tutti noti, come il celebre Urlo, non possono mancare, come quando al concerto di un cantante si aspettano i suoi pezzi più famosi, per i curatori era importante presentare anche opere meno scontate, per fornire la più ampia panoramica sull’attività dell’artista.
All’interno di una scansione cronologica sono state individuate delle aree tematiche. Importante è la presenza degli autoritratti, con cui si aprono entrambe le sedi espositive. L’autoritratto come testimonianza dell’artista che documenta il passare del tempo, e il cambiamento della tecnica espressiva, sul proprio volto e sul proprio corpo. Un altro tema è quello dei luoghi del pittore, che il film affronta mettendo a confronto i luoghi reali e la loro interpretazione nell’opera di Munch.
All’inizio il documentario dedica ampio spazio (forse troppo mi viene da pensare) a un dipinto che richiama un episodio della vita dell’artista, la morte della sorella maggiore per tubercolosi. Ma il dramma familiare non è lo spunto diretto dell’opera, che Munch realizza dopo aver visto una paziente del padre, dipinta con il volto pallido e i capelli rossi in risalto sul cuscino. Il tema del fanciullo morente era tipico di quegli anni, ma non è tipico il modo in cui Munch lo dipinge: la scena indugia sui dettagli della pittura graffiata e strapazzata dal pittore. Tempo dopo Munch realizzerà lo stesso soggetto in modo molto più tradizionale e più accetto al pubblico dell’epoca, ma per noi molto meno forte e con minor impatto emotivo.
Il filmato tornerà ancora sulla tecnica di Munch e sulla “cura da cavalli” a cui sottoponeva le sue opere, esposte alle intemperie, evidenziandone le difficoltà di conservazione e di restauro.
La possibilità di un video di focalizzare alcuni dettagli può essere sperimentata anche in una sala della mostra, dove notiamo la presenza, accanto a un dipinto, di una lente di ingrandimento: in quella sala, il pubblico può avvicinarsi ai quadri con la lente per mettere a fuoco i particolari che più lo interessano.
Una delle sorprese maggiori della mostra la riserva proprio la collocazione dell’Urlo. Con una scelta spiazzante, i curatori hanno deciso di esporre l’opera non singolarmente, in modo da far risaltare tutta la sua potenza espressiva, ma inserita nella ricomposizione del Fregio della vita, presentato dall’artista a Berlino nel 1902. Il fregio, documentato da fotografie d’epoca, comprende un’impressionante serie di opere di primo piano, fra cui l’Urlo, Madonna, La danza della vita, Vampiro, private della cornice e presentate unite da una lunga tela bianca che le collega come fotogrammi di una pellicola. I dipinti sono distribuiti lungo le quattro pareti della sala secondo la progressione indicata dal pittore: Il risveglio dell’amore, L’amore che fiorisce e passa, l’Ansia, la Morte. A conclusione del ciclo, Metabolismo, una coppia, Adamo ed Eva laici, con cui tutto finisce e ricomincia. Anche le opere più note, così legate l’una all’altra, vengono lette in modo nuovo, acquistando una forza diversa.
Il film ci conduce quindi nell’Aula Magna dell’Università di Oslo per scoprire le enormi tele realizzate dall’artista per le pareti dal 1909 al 1916: Il Sole, La Storia e Alma Mater: metafore del sapere e della trasmissione della conoscenza.
È un Munch noto e allo stesso tempo ancora da scoprire quello che ci viene presentato nel filmato, un ottimo esempio di divulgazione chiara e mai banale, che ci arricchisce, ci incuriosisce e ci emoziona. E se avessimo la fortuna di andare a Oslo, saremmo anche ben preparati per visitare l’esposizione.
Il prossimo appuntamento è per il 10 ottobre, con la mostra di Londra “Vermeer e la musica”.

Link utili:

http://www.munch150.no/it/

http://www.exhibitiononscreen.com/munch-150

http://www.nexodigital.it/1/id_302/EXHIBITION—Munch.asp

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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