Lip e Buona Scuola

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So che il sito che mi ospita non ha esattamente una vocazione politica. La ratio del ragionamento che sto per fare, però – assieme al corredo documentario che, per chi avrà la bontà di leggere tutto il pezzo, è posto in conclusione – mi incoraggia a proporre proprio alla platea dei lettori de La Ricerca (eterogenea e non schierata) tematiche (e conseguenti prospettive) di cui mi sto occupando intensivamente in questo periodo. Con la speranza che i nodi problematici, gli interrogativi, le evidenze, non siano letti in modo diverso da ciò che sono: il frutto di uno studio approfondito e di una passione civile che muove la mia/nostra identità di insegnanti-cittadini.

Sta accadendo una cosa piuttosto curiosa. Matteo Renzi, esasperando il personalismo istrionico al quale ha improntato tutta la sua attività di governo, dopo aver annunciato con un semplice filmato i contenuti del documento La buona scuola, ha dato il via – on line – al presunto “ascolto” degli addetti ai lavori: docenti, genitori, studenti, personale Ata (che per la verità non è mai nominato nel documento). In questo strano modello di pseudo-democrazia che ci siamo fatti calare addosso senza avere quasi nulla da eccepire, la consultazione sociale avviene sul web e non nelle piazze; e meno che mai nei luoghi istituzionali deputati alle audizioni.

Le anomalie sono innumerevoli: la futura riforma della scuola è stata frettolosamente concepita dopo l’apparente flop della proposta Reggi, partorita in luglio. Roberto Reggi è stato allontanato dal Miur e “promosso” alla direzione del demanio; la maggior parte dei contenuti della sua “riforma”, però – al netto dell’aumento dell’orario di lavoro dei docenti – è stata trasferita nella Buona scuola, a firma unica: Matteo Renzi. E verrà “promossa” (o “bocciata”) da coloro che parteciperanno alle consultazioni online. La riforma della Scuola di Matteo Renzi, dunque, è di Matteo Renzi, appunto: esautorate le Camere dalla loro funzione costituzionale – quella, per chi non lo ricordasse, di legiferare – ; con l’accompagno dei trilli e delle fanfare dell’universo mediatico, quasi integralmente e servilmente schierato con il novello Napoleone; esente da qualsiasi controllo di fattibilità e di liceità di promesse e minacce contenute nel documento: dalla cancellazione delle supplenze e la stabilizzazione di 150mila precari delle graduatorie a esaurimento all’entrata a regime del Sistema Nazionale di Valutazione; dalla premialità a discrezione del dirigente scolastico e spettante ogni 3 anni ai “bravi” – necessariamente il 66% dei docenti – alla rivisitazione degli Organi Collegiali, ecco a noi l’ennesima “riforma della scuola”. La libertà di insegnamento, quel principio residuale contenuto in quel nostalgico documento post bellico, quale il premier sembra considerare la Carta Costituzionale: uno sbiadito e irrilevante ricordo.

Il 15 settembre, per iniziativa del Presidente del Consiglio, come si diceva, è iniziata una consultazione online su La buona scuola: gestita dall’apparato ministeriale, senza alcuna forma di trasparenza.

Mi chiedo: esiste certamente qualcuno, tra gli elettori del Pd, che un tempo avrà sinceramente aderito non ai principi dello stalinismo, ma a quelli della Costituzione repubblicana. Che avrà creduto in un’Italia migliore, basata non sulla velocità e sulla politica del fare, non sulla soppressione di tutele e garanzie diffuse, non sulla sottomissione acritica al mercato, non sulla dittatura personale a detrimento degli organi costituzionali e della democrazia; non sullo sberleffo, sull’irrisione, sullo scherno, ma sulla riflessione e lo studio, sui criteri di equità e uguaglianza; tra costoro, ci sarà pur qualcuno cui cominci ad affacciarsi alla mente quanto imbarazzante possa risultare la comune progettualità, l’idem sentire con il pregiudicato, l’abbraccio mortale con Berlusconi, con il quale il premier sta riscrivendo – d’amore e d’accordo – la Costituzione? Cui risultino imbarazzanti il plauso di Brunetta o di Centemero o Aprea, quando si tratti di soppressione dell’articolo 18 o di riforma della scuola? Ci sono, tra quegli elettori, donne e uomini che non più di 2 anni fa sono scesi in piazza per bloccare il pdl Aprea(-Ghizzoni); che hanno combattuto contro l’incursione dei privati nella scuola pubblica; che sono andati a votare, nella primavera del 2013, per il referendum di Bologna e per destinare alla scuola pubblica tutti i fondi, vincolando l’esercizio legittimo dei privati al “senza oneri per lo Stato” previsto dalla Costituzione? Che sono stati – con me e con altri 3 milioni di persone – al Circo Massimo, il 23 marzo del 2002 – a protestare contro l’abolizione dell’art. 18 voluta da Berlusconi? Avete tutti cambiato idea su questi fatti, voi che fate parte del proverbiale 40% che avrebbe votato Renzi alle recenti elezioni europee, firmando sostanzialmente una delega in bianco, e legittimandolo, in virtù di quel voto, a strappi clamorosi, ultimatum perentori, incapacità di dialogo reale con le parti sociali, destituite arbitrariamente e pericolosamente dall’esercizio della loro funzione?

Mi si dirà: il consenso bipartisan non è un disvalore; ed è questa un’altra affermazione del trionfo della “modernità”. Credo invece che lo sia, se si tratta di acquisire quel consenso attraverso la dismissione intenzionale di principi e valori che hanno determinato l’identità politica e culturale della sinistra; se si tratta, in poche parole, di concretizzare il programma della destra, ma facendolo da un’altra, opposta, postazione parlamentare.

Ebbene, a queste persone voglio ricordare che in Parlamento nel luglio scorso un gruppo di senatori di diversi Gruppi (Mussini, Petraglia, Montevecchi, Tocci, Liuzzi, Centinaio, Bignami, Bencini, Gambaro, Lo Giudice, Pepe, Ricchiuti, Maurizio Romani, Serra, De Petris) e, pochissimi giorni fa, alla Camera, i parlamentari Paglia, Scotto, Giordano, Fratoianni, Costantino, Duranti, Pellegrino hanno presentato come disegno di legge rispettivamente 1583 al Senato e 2630 alla Camera la Legge di iniziativa popolare (LIP) “Per una buona scuola per la Repubblica”, sottoscritta, in modo certificato, da oltre 100 mila elettori.

Ci tengo a sottolineare che i due concetti di “buona scuola” – quello della Lip, scritta nel 2006 e quello del documento Renzi – sono oltremodo distanti. Fatto salvo l’evidente scippo del nome, nulla li accomuna: nel primo caso si formula – attraverso i 29 articoli del testo – un progetto perfettamente aderente ai principi della Carta. Nel secondo l’occorrenza del termine “Costituzione” è unica, vincolata alla citazione dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”: provare per credere. Ma, d’altra parte, per citare Carlo Salmaso: “Utilizzando la funzione di ricerca associata ai programmi di lettura di files PDF, si possono fare alcune interessanti scoperte: nel documento la parola valutazione compare 51 volte, le parole impresa e/o azienda compaiono 19 volte, la parola merito compare 8 volte, la parola competizione compare 5 volte; compaiono una sola volta le parole condivisione e collegiale, risultano completamente assenti le parole cooperazione, compresenze, alunni per classe”. Incidenze non casuali. Ancor più clamorosa e significativa l’assenza del principio costituzionale della “libertà di insegnamento”, mai citata nel testo e che pure dovrebbe essere l’architrave della scuola statale.

La consultazione, completamente in mano al Governo, ha certamente la finalità evidente di presentarsi in Parlamento con una proposta che cambia inconfutabilmente la funzione della scuola come istituzione dello Stato asserita dalla Carta. L’eventuale consenso popolare non sarà in alcun modo verificabile; non risulta la possibilità di confronto con alcuna altra prospettiva, compresa quella della Lip (ci piace ancora chiamarla così), che sta seguendo pedissequamente e responsabilmente l’unico legittimo (fino a prova contraria) iter: quello previsto, ancora, dalla Costituzione. Appare particolarmente indicativo il fatto che il Governo, invece di sondare il gradimento di una proposta legittima, inserita in un percorso istituzionale, avallata dalla firma di 100mila cittadini, determinata dall’apporto di centinaia di docenti, studenti, genitori, preferisca scavalcare le funzioni del Parlamento e trascurare le regole democratiche del confronto, pur nella sua indubitabile prerogativa di presentare le proposte di legge che ritenga opportune. Altrettanto opportuno è però pretendere che i Presidenti della Camera e del Senato intervengano tempestivamente e puntualmente per garantire che la proposta di legge di iniziativa popolare (LIP), formalmente presentata da parlamentari di diversi gruppi politici (PD compreso) sia portata al confronto con la proposta governativa in modo da consentire all’opinione pubblica un corretto e democratico confronto.

Qui il pdf di una tabella, frutto di un attento lavoro comparativo di Giovanni Cocchi, Carlo Salmaso, Mauro Presini – che ringrazio – tra il testo della Lip e quanto si evince dal documento La Buona Scuola di Matteo Renzi.

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Marina Boscaino

Docente di italiano e latino in un liceo classico di Roma, blogger del Fatto Quotidiano e di MicroMegaOnline, e coordinatrice delll’Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica. Scuola e Costituzione il binomio cui ispira la sua attività di insegnante e giornalista e il suo impegno di cittadina.

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