L’identità sessuale: assente a scuola?

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
La questione dell’identità sessuale si propone oggi con forza ed interroga la contemporaneità. Recenti ricerche di ambito pedagogico e psicologico hanno mostrato, da parte di soggetti differenti, il basso livello di informazione/conoscenza/consapevolezza circa le quattro costituenti – sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale – che la maggior parte della letteratura attribuisce all’identità sessuale (seppure esistano teorie alternative al riguardo), nonché la resistenza a parlare di sé in questi termini, e la mancanza di informazioni al proposito.

mf1

Emergono inoltre notevoli difficoltà nel rappresentare la propria identità sessuale, anche in modo informale, senza richieste di precisione scientifica; molta confusione (e sovrapposizione) tra identità di genere e orientamento sessuale (o, addirittura, tra orientamento sessuale e sesso biologico); attribuzioni stereotipiche dei ruoli di genere in relazione agli orientamenti sessuali. Veri e propri malintesi, che fanno coincidere l’intera identità sessuale di un soggetto con il suo orientamento sessuale, con una categorizzazione in termini di liceità/illiceità (o di moralità/immoralità e addirittura giusto/sbagliato, patologia/normalità) degli orientamenti sessuali differenti da quello eterosessuale. È stato quindi fatto un tentativo di verificare, attraverso un numero limitato di interviste in tre continenti diversi, se si possa riscontrare anche in altre latitudini la stessa incidenza di incomprensione e di bassa conoscenza rilevata in Italia, e la sostanziale assenza di percorsi educativi specifici o di contenuti appropriati nei curricoli dei sistemi di istruzione in tal senso (come emerge anche dalle recenti indagini, in corso di pubblicazione, relative ai giochi ed alle fiabe, alle narrazioni ed ai testi proposti nei sistemi di istruzione sin dalla scuola dell’infanzia).
La questione legata all’identità sessuale è complessa. In Italia la percezione “popolare”, al di fuori dell’ambito scientifico e specialistico, come dimostrano rilevazioni non ancora edite (materiale disponibile nei prossimi mesi), lega in maniera piuttosto netta l’identità sessuale di un soggetto ai suoi comportamenti sessuali o alle sue attrazioni sessuali (l’aggettivazione non è scelta a caso: pare infatti essere negata, per chi ha orientamento sessuale differente da quello eterosessuale, un’affettività non coincidente ed esaurita in un’attività sessuale).
Tale questione è parimenti complessa anche in ambito scientifico, sia per l’interesse che desta, con angolature e sguardi differenti, in campi disciplinari diversi (dopo il dominio e la medicalizzazione operata per molto tempo da parte prima della medicina e poi dalla psicologia), sia per la compresenza di teorie di riferimento anche molto diverse tra loro: sono noti, in tal senso, i due modelli di identità sessuale denominati “comportamentale” e “bio-psico-sociale”, entrambi insoddisfacenti per chi scrive.
Nel primo caso, l’identità sessuale di matrice comportamentale si definisce come l’insieme di identità di genere, ruolo di genere e orientamento, che appaiono come l’esito dei comportamenti sessuali di un soggetto. L’insoddisfazione per questo modello sta in un ruolo eccessivo attribuito al comportamento sessuale, tale da assegnare, proprio come nella vulgata sopra riferita, un ruolo fondante dell’identità sessuale nell’orientamento sessuale, e fornendo in tal modo appiglio ai criteri di comportamento normale vs. comportamento deviante e fornendo giustificazione persino ad alcuni modelli di “terapie riparative”.
Nel secondo caso, quello del modello “bio-psico-sociale”, ci si riferisce ai fattori anatomici, biologici e fisiologici di un individuo, ossia ai cromosomi sessuali, alle gonadi, alla componente neuro-endocrina, alle strutture riproduttive accessorie interne e agli organi sessuali esterni, separandoli nettamente dagli altri costrutti (ruolo di genere, identità di genere, orientamento sessuale). Questo modello, pur presentando indubbi vantaggi nella comparazione con le altre specie, reca in sé delle ambiguità per il suo approccio dicotomico tra aspetti biologici ed aspetti sociali, psicologici e culturali, quasi che – ad esempio – nelle transazioni sociali non vi fosse una retroazione del sesso biologico come appare, che consente negli attori sociali modalità di relazione/reazione. In alcuni testi appare poi, tra i sostenitori di questo modello, una sovrapposizione tra ruolo di genere e identità di genere (quasi che l’uno determinasse l’altro, confermando dunque una visione dicotomica).
L’assunzione di un modello di identità sessuale come rappresentazione schematica di processi complessi e interrelati – dei i quattro costrutti che quel modello comprende (sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale) – permetterebbe di individuare la preminenza degli aspetti biologici, intrapsichici ed autoesplorativi rispetto a quelli sociali per tre su quattro delle componenti (eccettuato il ruolo di genere, circa il quale gli aspetti culturali e sociali sono, effettivamente, dominanti), come efficacemente dimostrato da tutte quelle società e culture in cui omosessualità e transessualità si manifestano regolarmente, a dispetto di persecuzioni violente e di criminalizzazione delle stesse (sino alla pena di morte). Gli aspetti sociali e culturali costituiscono, semmai, in molte società, impedimento e ostacolo alla consapevolezza di sé ed al sereno vissuto delle proprie eventuali differenze rispetto all’essere maschio o femmina con identità di genere in accordo al proprio sesso biologico e orientamento sessuale eterosessuale. Una pedagogia della differenza assume questo tipo di definizione dell’ìdentità sessuale, anche perché capace di rappresentare efficacemente i bisogni in termini educativi, formativi ed informativi che i soggetti in evoluzione esprimono esplicitamente o implicitamente.
Le dimensioni che fenomeni come quelli del bullismo omofobico stanno assumendo nel nostro paese richiedono con urgenza un’alfabetizzazione su questi temi – per prima cosa da parte degli insegnanti, affinché possano garantire la prevenzione di fenomeni di violenza e di denigrazione reinserendo, nel curricolo, contenuti che ne sono stati espulsi proprio per la loro caratterizzazione sessuata.

Per approfondire:

Batini F., Santoni B. (a cura di, 2009), L’identità sessuale a scuola. Educare alla diversità e prevenire l’omofobia, Napoli, Liguori.

Batini F. (2011a), Comprendere la differenza. Verso una pedagogia dell’identità sessuale, Roma, Armando.

Condividi:

Federico Batini

Insegna Metodologia della ricerca educativa, dell’osservazione e della valutazione, Pedagogia sperimentale e Consulenza pedagogica all’Università degli Studi di Perugia. Ha fondato e dirige le associazioni Pratika e Nausika, da cui è data la LaAV. È autore Loescher. federicobatini.wordpress.com

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it