L’episodio è tratto dal libro di una delle più note scienziate cognitiviste, Maryanne Wolf, intitolato Lettore, vieni a casa, pubblicato nel 2018 dall’editore di Milano Vita e pensiero.
L’autrice conduce ricerche su ciò che fa il cervello quando legge e sul perché alcuni bambini (ma anche adulti) abbiano maggiori difficoltà a leggere e imparare. Wolf sostiene che abbiamo bisogno di processi cognitivi più lenti per favorire il pensiero critico e l’empatia, per costruire i fondamenti di conoscenza. Purtroppo, però, siamo abituati a leggere le informazioni “saltellando”, grazie agli stimoli del mondo digitale, e questo non favorisce la nostra attenzione. Siamo distratti e stiamo crescendo bambini distratti.
Nel libro, attraverso delle lettere al Lettore, l’autrice ci parla delle piste neuronali che il cervello attiva quando legge una parola, una frase, un testo, quando analizza e fa inferenze. Analizzando la realtà digitalizzata la neuroscienziata si dice sempre più preoccupata della relazione fra il numero di caratteri con i quali scegliamo di leggere o scrivere e il modo in cui pensiamo.
La pazienza cognitiva
Maryanne Wolf utilizza il termine (più intuitivo che scientifico) «pazienza cognitiva» per spiegare una grave perdita, negli ultimi dieci anni, della capacità di attenzione: «gli studenti stanno diventando sempre meno pazienti nei confronti del tempo necessario per comprendere la struttura della frase sintatticamente complessa nei testi più densi, e sempre più avversi allo sforzo richiesto per approfondire la propria analisi del testo» (p.89).
Quando leggiamo tendiamo a scremare (skimming) dei concetti tralasciando le fonti, prove di supporto che costituiscono l’argomentazione delle tesi. Il cervello non si allena dunque dentro la complessità, ma tende a semplificare il pensiero nella ricezione del messaggio, quindi ancora di più nella produzione. Non è un problema di intelligenza, ma è un problema di mancanza di pazienza cognitiva «nei confronti dell’impegnativo pensiero critico e analitico». Si osserva una «carenza di conoscenze pregresse che può rendere il lettore facile preda di informazioni non verificate o perfino false» (p. 90).
Emblematico l’esperimento (questa volta non scientifico) che Wolf attua su di sé, tentando di rileggere Il giuoco delle perle di vetro di Hermann Hesse. Giunge quasi a odiare un libro che ha segnato la sua formazione. «Leggevo troppo velocemente per comprendere i livelli più profondi, il che mi costruingeva continuamete a tornare indietro e rileggere varie volte la stessa frase, con crescente frustrazione; ero impaziente» (p. 96).
La democrazia e la cultura dei tweet
Il fatto preoccupante è che Maryanne Wolf, in queste pagine, raccoglie e considera anche la realtà universitaria, popolata da ragazze e ragazzi che formeranno i dirigenti di domani. Ma una società democratica si regge sulla capacità di tutte le persone di leggere e valutare criticamente le informazioni, le decisioni di un tribunale, la storia di un candidato politico, il vero e il falso in un dibattito.
Quanto costa nutrire i bambini?
Torniamo ai lupi ai quali dare da mangiare: come nutrire i bambini, affinché crescano alfabetizzati dal punto di vista emotivo, affettivo, cognitivo? Un esempio non banale: conosco molti genitori che, spendendo una somma di denaro minima, riescono a costruire una piccola biblioteca di famiglia per i propri figli. Diciamo una trentina di libri buoni, scritture solide, pensate per quell’età, testi di autori che lasciano tracce indelebili nelle menti dei giovani lettori. E alla sera, si sa, c’è il rituale della lettura e dell’ascolto, momento che nasce ben prima che i bambini imparino a parlare, a leggere, a scrivere. Cosa significa, per una bambina ascoltare la storia della Principessa allegra di Gianni Rodari (tratto da Venti storie più una) letta da mamma o papà?
La storia
Si racconta di una principessa, divenuta Regina a soli sedici anni dopo la perdita del padre e della madre. La protagonista ride sempre, infatti si chiama Allegra. È osteggiata e destituita dal cugino che scatena, a sua insaputa, guerre sanguinose, mentre la giovanissima Allegra vive rifugiata in un capanno. Tornerà presto al potere, acclamata dal popolo e inconsapevole delle guerre in corso. Viene il momento di trovare il marito: lei sposerà chi, nel dichiararsi, non la farà ridere. Viene il giorno in cui i contendenti si presentano in piazza. Come previsto, molti di loro ne escono sconfitti e se ne tornano a casa, ma improvvisamente la Regina Allegra vede, in fondo alla piazza, un ragazzo mutilato che non ride mai. È attratta da lui. Chiede allora informazioni al ciambellano che la informa sull’identità del giovane: era un soldato, probabilmente ha perso il braccio in guerra. In quel momento la Regina Allegra smette di ridere, non c’è più spazio né per la distrazione, né per lo svago. Allegra non sapeva della guerra. Non ha mai consociuto il dolore. Scende dal trono, si avvicina al ragazzo silenzioso e gli chiede se vuole sposarla. Lui risponde: sì.
Cosa succede nel cervello?
Il fatto che sia lei a chiedere la mano al popolano mutilato rivela, si sa, la voce di un grande autore, capace di metterci in discussione. Ma è soprattutto l’idea di decentrare il punto di vista, di spostare l’attenzione e la tensione narrativa sul popolano, che ci importa. Il giovane lettore, il bambino, ascolta, il suo cervello attiva delle piste dell’empatia, la prospettiva dell’intrattenimento e delle spensierate risate si sposta su una realtà scomoda e imbarazzante. Il lieto fine ha un significato ben marcato, non neutro. Leggere questa storia, ma anche ascoltarla, è per un bambino un passo importante, soprattutto se a scuola incontra bambini che la guerra l’hanno magari conosciuta: le conoscenze si aggiungono ad altre conoscenze, i lettori fanno inferenze, collegano, connettono, attivano enciclopedia e emozione. Quanto sarebbe interessante, poi, leggere l’albo illustrato Il giorno che venne la guerra della poliedrica Nicola Davies (Nord-Sud edizioni) che parte da un episodio reale con grande talento letterario e artistico.
Questo conta, affinché nei Paesi del mondo si continui a educare al pensiero critico.
Cervelli pazienti o cavallette?
Stiamo attenti alla mente “cavalletta”, abituata dall’infanzia a svolazzare da uno stimolo all’altro, senza profondità, senza il tempo necessario, senza la “pazienza cognitiva” di cui parla Maryanne Wolf. Questo va a detrimento della corteccia pre frontale, «che vuole rimanere concentrata sul compito da svolgere e guadagnarsi le ricompense dell’attenzione e dell’impegno costante. Dobbiamo allenare noi stessi a scegliere la ricompensa a lungo termine e rinunciare a quella a breve termine» (D. Levitin, The Organized Mind, p.170)
Stiamo attenti soprattutto nella scuola, pensando a un futuro non lontano nel quale, ce lo auguriamo, potremo gradualmemnte tornare al luogo dei corpi e degli sguardi presenti nello spazio e nel tempo, con continuità. La ricerca lascia aperte molte questioni; noi dobbiamo riflettere e usare bene le tecnologie. A nostro vantaggio. Cominciamo leggendo, ai bambini, le storie sulla carta.