La trilogia di Krzysztof Kieślowski torna al cinema in 4K

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Segnate le date in agenda: a partire dall’11 settembre la trilogia di Krzysztof Kieślowski torna al cinema. L’evento rappresenta un imperdibile appuntamento per rivedere tre capolavori che sono restati nella memoria di una generazione e un’occasione per i più giovani di scoprire la poetica di uno degli autori più importanti del cinema moderno.

A trent’anni di distanza, saranno proiettati in versione restaurata 4K Film blu (1993), Film bianco (1994) e Film rosso (1994). La trilogia rappresenta una sorta di testamento cinematografico di Kieślowski, scomparso prematuramente nel 1996 per problemi cardiaci. Nato a Varsavia nel 1941, dopo gli studi accademici in campo teatrale e cinematografico cominciò la sua carriera nel settore documentaristico, per poi rivelare il tuo talento a livello internazionale con i dieci episodi del famoso Decalogo (1988). Seguirà il successo di La doppia vita di Veronica (1991) e la consacrazione definitiva con la Trilogia del Colore.

Juliette Binoche in Film blu.

L’opera è ispirata alle parole manifesto della Rivoluzione Francese, Liberté, Égalité, Fraternité, rappresentate simbolicamente dai colori del tricolore: Blu, Bianco e Rosso. I film rappresentano tre atti di un unico discorso cinematografico, che costituisce il punto più alto della poetica dell’autore polacco.

Irène Jackob in Film rosso.

La trilogia offre a Kieślowski l’opportunità di mettere a fuoco e approfondire la sua indagine sui sentimenti umani e sul senso profondo della vita. Una riflessione drammatica e struggente, che tocca i temi del dolore, della perdita degli affetti, delle speranze tradite, del peso del passato, del vuoto esistenziale, dell’imponderabile e imprevedibile destino.

Julie Delpy in Film bianco.

Il suo cinema, rarefatto e rigoroso, si materializza sullo schermo in dialoghi essenziali, in sguardi assoluti e in silenzi rivelatori di senso, tenuti insieme da una messa in scena carsica, che rivela la sua potenza espressiva proprio in un processo di sottrazione, di ricerca di profondità e di verità. Un cinema che, quasi in un paradosso ontologico, sembra voler rinnegare la superficie dell’immagine, per proiettarsi negli abissi oscuri e misteriosi dell’inconscio, del non detto e dell’invisibile.

I tre film non si limitano a mettere in scena un racconto, tra le immagini e le parole si aprono vertiginosi spazi che svelano voragini sentimentali con cui lo spettatore è chiamato a confrontarsi e a fare i conti. Il cinema di Kieślowski non è tranquillizzante e consolatorio, ma inquieto e destabilizzante, scomodo e irriverente. Alla fine della trilogia, ognuno sceglierà il suo colore, il suo film preferito, ma resterà comunque l’impressione di aver fatto un profondo viaggio dentro sé stessi, anche in territori dell’anima che non si è soliti frequentare.

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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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