Chi entra in un’aula tutti i giorni sa bene quanto rappresenti una sfida coinvolgere alunni e alunne in un’esperienza significativa di apprendimento, quanto sia da preparare e monitorare continuamente, in itinere, un percorso didattico che li/le trasformi verso la piena realizzazione del sé come persone e come studenti.
La DADA (Didattiche per Ambienti di Apprendimento) è un modello didattico che, sotto questo nome, è messo a punto in Italia e che prende spunto dal setting dei paesi anglosassoni; prevede, rispetto all’assetto tradizionale in Italia, un generale ripensamento degli spazi di una scuola, del loro utilizzo e della didattica. Lo scopo è quello di “attivare” la concentrazione e la partecipazione delle classi che si spostano da un ambiente all’altro, invece di rimanere nella stessa aula per tutto l’orario scolastico. Questo cambiamento, quando si attua, ha bisogno di tempo e strumenti per potersi realizzare, viste le varie componenti che mette in gioco, e deve essere accompagnato anche da un nuovo regolamento di istituto. Tutti gli ambienti della scuola, compresi quelli di servizio o di passaggio, come i corridoi, diventano spazi di apprendimento. Le aule vengono attrezzate in funzione della materia che viene insegnata al loro interno e vengono ri-nominate con parole chiave (“Galileo” per l’aula di scienze, “Tea time” per l’aula di inglese, solo per fare qualche esempio). Mentre i corridoi possono essere usati come spazi espositivi per linee del tempo, materiali prodotti in relazione a progetti di educazione civica, in modo interdisciplinare ecc., fruibili da tutti e tutte, liberamente, sia durante gli spostamenti da un ambiente all’altro, sia durante l’intervallo.
All’interno della scuola si predispone inoltre una sorta di segnaletica che aiuti le classi a muoversi in modo ordinato sullo stesso piano o su piani diversi. L’assistenza del personale scolastico coinvolto, durante gli intervalli, avviene per zone, non è più legato a una classe precisa.
Nelle scuole piccole, a ogni aula può corrispondere una sola materia e magari un solo docente. In quelle grandi tocca condividere un ambiente tra colleghi e colleghe, ma in ogni caso rimane la condizione di allestire un ambiente fortemente connotato tematicamente dove sia possibile svolgere attività prevalentemente di tipo laboratoriale. Il materiale è fornito dalla scuola, dall’insegnante o dalle classi, è già pronto o può essere costruito e rispecchiare/rappresentare le attività svolte in classe. Muta nel corso dell’anno scolastico e rende esteticamente accattivante l’aula.
Nell’aula di italiano e storia (lab delle Storie), condivisa per la prima volta da me con un collega quest’anno, si è proceduto con l’allestimento di una biblioteca di classe, con scaffali aperti, e con l’esposizione di un telo colorato collettivamente, in una classe, per un’attività di accoglienza di inizio anno, di cartelloni con incarichi assegnati tra alunni e alunne, di cartelloni con foto e didascalie esito di un’uscita all’archivio fotografico delle Gallerie d’Italia, di fotocollage realizzati per il progetto del Salone del libro “Educare alla lettura”, di poesie prodotte dalla classe ecc.
Si scardina così il rigido legame aula-classe fissa-materie varie e si richiede lo spostamento di alunni e alunne da un’aula all’altra. Il movimento rappresenta una pausa attiva, permette un’occasione inedita di socializzazione, di alleggerire eventuali stati di ansia creatisi durante una lezione, di interrompere l’immobilità a cui costringono i banchi. Il movimento del corpo, è ormai appurato, produce benefici sull’umore e contribuisce al benessere anche delle menti.
Di pari passo a questa nuova funzione degli ambienti deve andare anche la, anzi le, pratiche da adottare durante la lezione. La DADA, infatti, comporta anche una ricerca e un ripensamento delle strategie didattiche, che devono mettere al centro alunni e alunne e permettere loro l’acquisizione di una buona consapevolezza dei propri strumenti cognitivi.
La sistemazione dei banchi a isole, per esempio, incoraggia il cooperative learning, proponendo una condizione costante di condivisione in cui, un po’ per volta, nel tempo, si creano rapporti basati sul tutoraggio interno. Ciò si rivela particolarmente utile nel caso di ragazzi e ragazze con difficoltà di apprendimento, facilita attività come la consulenza a coppie nella produzione scritta e i lavori di gruppo.
Certo, molto è legato anche alle relazioni che si formano all’interno del gruppo, per questo è importante far turnare alunni e alunne nelle isole, operazione utile anche a mescolare i livelli.
Il/la docente abbandona la cattedra, che viene messa di lato e usata soprattutto come piano di appoggio. La spiegazione del/della docente si limita a contenuti in pillole, a minilesson, per lasciare ampio spazio a esercizi pratici, alla costruzione di mappe in gruppo o a interventi degli alunni/e. La lezione perde del tutto la formalità e rigidità della lezione trasmissiva, frontale. Il ruolo del/della docente è quello, soprattutto, di seguire i lavori nelle isole, di rendere alunni e alunne sempre più autonomi nelle attività e in grado di collaborare tra di loro.
Un’altra pratica che si sposa bene con la filosofia della DADA è quella della leadership condivisa. Si attuano azioni che coinvolgono le classi in processi strategici per la vita della scuola, come la valutazione e la creazione del clima di classe. Alle e agli studenti si chiede, in base a obiettivi definiti, di descrivere e valutare le proprie prove, cercando anche di individuare punti di forza e di debolezza in funzione di un miglioramento. Questo costruisce la consapevolezza, da parte loro, del fatto che la valutazione non è qualcosa da subire, calato dall’alto, e rispetto al quale non possono agire, bensì un processo a cui possono prendere parte attivamente.
Alle ragazze e ai ragazzi può essere inoltre lasciato lo spazio dell’assemblea di classe, gestita in autonomia da due rappresentanti eletti (un maschio e una femmina). I due rappresentanti firmano un patto con la scuola, alla presenza del dirigente scolastico, in merito alle funzioni da svolgere.
Il/la docente assiste ed eventualmente suggerisce opzioni, ma è la classe che fissa l’ordine del giorno dell’assemblea e discute liberamente, imparando a intervenire ordinatamente, a usare il linguaggio giusto per il confronto, a gestire le emozioni. L’assemblea di classe si rivela utile soprattutto nei casi in cui il clima di classe è condizionato da dissapori, da tensioni o incomprensioni. I ragazzi e le ragazze sanno che quello non è tempo perso, bensì l’occasione per chiarirsi, per impostare aggiustamenti allo stare insieme che migliorino il benessere generale. Perché sono in grado, a differenza di quanto spesso si crede, di prendersi responsabilità, di partecipare, anziché defilarsi, quando si rendono conto che vengono dati loro fiducia e ascolto.
In risposta e a parziale rettifica di quanto da noi qui sopra pubblicato, riceviamo il contributo del dirigente Fattorini, ideatore del Manifesto delle scuole DADA.
In relazione all’articolo pubblicato dal titolo “La didattica per ambienti di apprendimento (DADA)” è opportuno precisare quanto segue.
Nonostante la dizione DADA sia talvolta, quasi per antonomasia, erroneamente usata in relazione agli ambienti di apprendimento, essa fa riferimento ad un modello originale, i cui co-fondatori sono i Dirigenti scolastici Ottavio Fattorini e Lidia Cangemi, che ne hanno registrato il marchio, proprio per tutelarne il corretto uso.
Il costrutto di “Scuola Modello DADA” è definito dal “Manifesto delle scuole DADA”, ideato da Ottavio Fattorini, articolato in 10 principi (5 postulati e 5 caratteristiche). Da 10 anni il Manifesto è presente sul sito www.scuoledada.it, che è l’unico e il solo organo ufficiale di informazione sul Modello.
La caratteristica più evidente del modello DADA (ma che è solo una delle 10 che lo definiscono) è data dal fatto che gli istituti funzionano per “aula–ambiente di apprendimento”, assegnata a uno o due docenti della medesima disciplina e la rotazione dei gruppi classe nel cambio di insegnamento.
Tale circostanza di per sé non lo caratterizza in modo specifico ma solo per aspetti esteriori e inessenziali. Ciò lo può far “giornalisticamente” confondere con matrici organizzative del mondo anglosassone o scandinavo ove invece il Modello DADA prende le mosse da specifici presupposti scientifico-pedagogici e neuro scientifici e finalità pedagogiche e organizzative, che riverberano sugli aspetti didattici. La portata concettuale e ed i risvolti del Modello si esplicitano pienamente solo attraverso la lettura del “Manifesto delle scuole DADA” (e la specifica formazione), che rendono pienamente conto del costrutto pedagogico-didattico e filosofico che sostiene il dispositivo organizzativo. Il cuore del Modello non si gioca su aspetti esteriori (come armadietti o decorazioni dei muri) ma sulla comprensione da parte del collegio docenti dei “perché” che muovono un cambiamento didattico, senza i quali è inutile cercare specifici “come” e “cosa”, DADA o non DADA che siano. La massima pedagogica che sottende il modello è la seguente “il mio spazio didattico è il mondo, il mio tempo didattico – e le discipline – l’oggetto di studio”. È per questo che l’acronimo riporta al plurale la parola “Didattiche”. Da questa visione prendono le mosse alcuni principi del Manifesto come: la “Per-sona educante”, la “fiducia come infingimento pedagogico”, l’“Edificio apprenditivo” e la “Serendipity organizzativa”, finalizzate alla G.I.L., la Gioia Interna Lorda (Cfr. O. Fattorini, Manifesto delle scuole DADA sul sito www.scuoledada.it). Questa, al di là della umoristica dicitura, rappresenta qualcosa di oggettivamente rilevabile e riscontrabile, che costituisce la finalità prima del DADA, il benessere socio-emotivo di ciascun membro della comunità scolastica. Trascurare questi principi fondativi del costrutto vuol dire non parlare di DADA.
Bibliografia essenziale
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Fattorini O. (2024a). Il Modello DADA (Didattiche per Ambienti Di Apprendimento): paradigma di una governance innovativa delle istituzioni scolastiche italiane. In G. Benvenuto e S. Livi (a cura di), Scuola, formazione e dimensioni del benessere. Ricerche psico-pedagogiche Roma, Sapienza Università Editrice, pp. 173-204.
Fattorini O. (2023, 14 marzo), Parliamo di DADA (Didattiche per Ambienti Di Apprendimento): la scuola dell’”Eppur si muove!”, «Il Sole 24 Ore», https://imparadigitale.nova100.ilsole24ore.com/2023/03/14/parliamo-di-dada-didattiche-per-ambienti-di-apprendimento-la-scuola-delleppur-si-muove/?refresh_ce=1.
De Santis C. (2022), Competenze e valutazione nel modello DADA. Didattiche per Ambienti Di Apprendimento, pratiche educative e punto di vista genitoriale: uno studio di caso, Roma, Stamen.
Cecalupo, M. (2021). DADA (Didattiche per Ambienti Di Apprendimento): la percezione degli insegnanti a seguito dell’introduzione del Modello DADA. [Tesi di dottorato, Sapienza Università di Roma]. Iris Sapienza.
Benvenuto, G., Fattorini, O. (2020). La scuola come “Edificio apprenditivo”: Monitoraggio e ricerca-formazione nella scuola Modello DADA (Didattiche per Ambienti Di Apprendimento). pp.75-93 in Gabriella D’Aprile, Raffaella C. Strongoli (2020). [a cura di] Lo stato in luogo dell’EducAzione. Ambienti, spazi, contesti. Lecce: Pensa MultiMedia Editore s.r.l. ISBN volume 978-88-6760-698-6 – ISSN collana 1971-2324
Ottavio Fattorini, (2019), Atti del Convegno “Now! – A scuola si può” – ““Il Modello DADA (Didattiche per Ambienti Di Apprendimento): l’innovazione dell’“eppur si muove”! – Giunti scuola e CampuStore