Prendersi cura delle opere attraverso il commento
Commentare un’opera, dotarla di «un apparato di illustrazioni verbali destinato a rendere più comprensibile un testo»1, è un’attività tra le più artigianali che si trova a compiere lo studioso di letteratura, il quale, come l’uomo artigiano descritto dal filosofo Richard Sennett, deve dominare l’intero processo produttivo, dialogare con il committente, l’editore, e anche con il pubblico a cui il prodotto è destinato2. L’artigiano, sostiene ancora Sennett, aspira a compiere un lavoro ben fatto, costruisce la propria identità a partire da pratiche socialmente riconoscibili e trasmissibili e, soprattutto, conosce il mondo attraverso il dialogo costante tra pensiero e azione, tra teoria e pratica, conoscenza astratta e esperienza concreta.
«Atto essenzialmente pratico di accompagnamento e di affiancamento, prima ancora che di guida, della lettura», secondo Domenico De Robertis il commento è «in stretto, simbiotico legame col testo: come una sorta di controtesto, com’è stato dalle sue origini, nota o esclamazione in margine, poi avvolgente tutt’intorno il testo, […] infine sistemato, accucciato, non so se definitivamente, ad ogni modo idealmente, a piè di pagina»3. Potremmo paragonarlo alla cornice di un quadro, oppure a un restauro di completamento o di innovazione, nei quali le parti aggiunte sono ben riconoscibili dall’originale.
Un genere ibrido – un «ibrido consapevole», ha scritto Paolo Giovannetti4 – che asseconda docilmente il testo5 e mette a frutto l’eclettismo del lettore-commentatore, il quale ha il compito di testimoniare il risultato degli atti di lettura (il significato prodotto) e, quindi, di delucidare il testo andando a chiarire quegli elementi dell’enciclopedia dello scrittore che sono ritenuti «presumibilmente ignoti al lettore medio»6, per poi individuare le intertestualità e gli autocommenti, analizzare le eventuali varianti.
Ogni testo – stando alla lezione di Domenico De Robertis – richiederebbe il suo commento («ogni commento, quindi, per ogni testo»), e il commentatore dovrebbe «commentare tutto»7, mettendosi in ascolto del testo e tenendo sempre d’occhio il suo svolgersi nello spazio della pagina, andando eventualmente alla ricerca di soluzioni editoriali che consentano all’occhio di percepire il dialogo tra testo e commento. Definito da Cesare Segre «un apparato di illustrazioni verbali destinato a rendere più comprensibile un testo»8 il commento avrebbe senso «esclusivamente in rapporto col testo: preso in sé, non ha valore di testo perché privo di autonomia comunicativa», per cui «mentre il commento presuppone il testo, il testo non presuppone un commento»9.
Senza ripercorrere per intero il dibattito degli ultimi cinquant’anni sull’opportunità e la validità di quel particolare atto critico che è il commentare10, è opportuno ricordare che il commento, una volta realizzato, diventa anche «fonte di autorità», perché, come afferma Romano Luperini, «costituisce e tramanda l’identità del testo», assicurando la trasmissione di un patrimonio di valori e svolgendo un duplice servizio, «di conservazione e di attualizzazione del testo»11. Paragonabile all’attività del restauratore, quindi, quella del commentatore è un’opera di comprensione, di interpretazione e di valorizzazione che può essere compiuta solo attraverso una più o meno lunga pratica di lettura puntuale del testo.
L’artigiano della lettura, infine, prendendosi cura dell’opera costruisce la propria identità professionale, che si manifesta attraverso il prodotto finale, l’opera commentata, per la cui realizzazione ha dispiegato il meglio delle proprie competenze tecnico-professionali di esperto di lingua e di letteratura, gestite in autonomia e con senso di responsabilità. Non so se sia possibile chiedere qualcosa di meglio a uno studioso di letteratura. Di sicuro non conviene chiedere di meno, almeno in uscita a un percorso di studi che si conclude con una laurea in lettere e che poi, in futuro, potrà condurre all’insegnamento linguistico e letterario.
Insegnare attraverso l’esperienza della lettura
Per quanto sia opportuno se non necessario che l’insegnante di letteratura sia un buon artigiano del commento, imparare a commentare non è e non dovrebbe essere lo scopo della scuola secondaria italiana. Gli alunni, che sono spesso dei fruitori di opere commentate, devono costruire competenze che non sono ancora di tipo tecnico-professionale, come quelle richieste all’artigiano-commentatore che abbia la ventura di essere anche un insegnante.
La finalità della scuola non è conservare e valorizzare le opere ma prendersi cura delle persone attraverso la costruzione di competenze linguistiche e orientative, anche grazie alla fruizione delle opere più o meno commentate. Anziché insegnare la letteratura, la scuola secondaria dovrebbe insegnare con la letteratura, usando le opere allo scopo di perseguire i risultati di apprendimento espressi in termini di competenze previsti dalle leggi dello Stato12.
È in questo senso che possiamo porre l’esperienza della lettura a fondamento della fruizione della letteratura. È attraverso la lettura, infatti, che le opere che una determinata civiltà considera letterarie possono attivare nelle persone le risorse cognitive ed emotive in modo tale da dare vita a un’esperienza estetica. Con la lettura avviene l’immersione nell’universo presentato dall’opera – il mondo narrato13 – e si realizza un’esperienza che è «reale quanto qualsiasi altra esperienza vissuta»14.
Durante la lettura – in particolare durante la lettura di un’opera narrativa – avviene una simulazione che il neuroscienziato Vittorio Gallese ha definito «liberata», poiché all’interno del mondo narrato, in una situazione protetta e a una distanza di sicurezza, «siamo liberi di amare, odiare, provare terrore»15. L’esperienza «mediata»16 dalle opere della letteratura e, in generale, dalle storie, è libera e liberatoria, consente di «moltiplicare la vita»17, di allenare l’empatia e di sviluppare l’«immaginazione narrativa»18. Un’esperienza che – esattamente come le esperienze reali – lascia tracce di sé nella memoria, preparando il terreno ad altre esperienze, tracciando piste per comportamenti futuri, aprendo la strada ad altre interpretazioni19.
Ovviamente l’esperienza estetica, e in particolare quella della lettura, così concepite non sono necessariamente collegate alla fruizione di opere d’arte. D’altronde, secondo Schaeffer la nozione di esperienza estetica è logicamente indipendente da quella di opera d’arte: «Un événement ou objet, quel que soit son statut ontologique, sera qualifié d’ esthétique ici dès lors que sono usage est esthétique»20.
Le opere della letteratura – che molto probabilmente sono state intenzionalmente concepite per far compiere delle esperienze estetiche attraverso la lettura – possono mobilitare, attivare e riorientare le risorse cognitive di alcuni determinati lettori, ma possono anche fallire la loro missione e rimanere inerti, inattive. Ed è altrettanto vero che una persona può fare un’esperienza estetica senza ricorrere necessariamente alla fruizione di opere d’arte. Ciò non toglie che le opere letterarie in molti casi siano degli strumenti ben selezionati e collaudati, capaci di ottenere effetti su una grande varietà di lettori in diverse società e epoche storiche. Si tratta, in ambito educativo, di metterne a frutto le potenzialità estetiche.
In un altro saggio intitolato Petite écologie des études littéraires, Schaeffer si domanda retoricamente se convenga «insegnare la conoscenza della letteratura» o, piuttosto, non sia «più importante attivare prima di qualsiasi altra cosa la scrittura «letteraria», come particolare tipo di accesso alla realtà»21. I programmi scolastici francesi sembrano aver scelto chiaramente la prima strada, mentre il senso comune22 e la fenomenologia dell’esperienza estetica suggeriscono di imboccare la seconda. Attivare le opere significa farle interagire con i lettori – gli apprendenti – al fine di mettere in opera alcune risorse cognitive ed emotive comuni, che sono già a disposizione dell’individuo e che nel caso specifico dell’esperienza estetica sono combinate in modo particolare.
Le risorse che sono mobilitate durante l’esperienza estetica sono di tre tipi: risorse attenzionali, risorse emotive e risorse edoniche, che hanno cioè un rapporto con il piacere. Senza entrare nel dettaglio delle spiegazioni e delle argomentazioni fornite da Schaeffer, è importante ribadire che non si tratta di risorse specificamente estetiche ma di risorse comuni che sono combinate tra loro in modo particolare. Nel caso dell’attenzione, per esempio, si può dire che le stesse risorse che sono impegnate nei normali processi attenzionali della vita quotidiana possono essere mobilitate con particolari strategie che definiamo estetiche e che sono caratterizzate da un «superinvestimento attenzionale»23 e, soprattutto, dalla «polifonia», cioè dalla possibilità di implicare e di far interagire differenti livelli, strati e modalità di focalizzazione dell’attenzione24.
Nell’esperienza estetica, inoltre, come può essere qualsiasi esperienza di lettura della narrativa, sono sempre implicate le emozioni, sia pure in una forma diversa da quella comune. Nella vita di tutti i giorni, infatti, le emozioni preparano l’azione, mentre nell’esperienza estetica, pur mantenendo intatta la loro forza, non si traducono in comportamenti25. La dimensione emotiva è inseparabile da quella cognitiva, poiché l’emozione è il prodotto di una valutazione cognitiva, anche e non è sempre cosciente.
Nel suo lavoro dedicato a Le emozioni della lettura, Levorato definisce «piacere della mente» quella particolare forma di interazione tra cognizione ed emozione che si attiva durante la lettura della narrativa, per cui «al variare delle informazioni disponibili elaborate dal sistema cognitivo varia anche lo stato emotivo»26. È il motivo per cui le informazioni elaborate dal lettore durante la lettura di una narrazione sono più memorabili di quelle immagazzinate attraverso descrizioni o argomentazioni.
La lettura di un’opera che una determinata civiltà considera letteraria – per esempio la novella di Tancredi e Ghismonda del Decameron di Boccaccio (novella I della IV giornata) – comporta dunque l’impegno di risorse emotive e cognitive da parte della persona coinvolta, la quale esprime, durante la lettura, una valutazione edonica (in termini di piacere/dispiacere) sull’esperienza in corso e, quindi, mantiene la sua attenzione viva sul testo. Si tratta di un’operazione dispendiosa, che comporta l’impiego di energie e che non ha una funzione che vada al di là dell’esperienza in sé, anche se, come ogni lettore comune sa, leggere narrativa comporta di per sé un cambiamento:
La fruizione della narrativa implica una ricapitolazione degli aspetti del sé significativi, per questo può svolgere una funzione importante per la crescita della persona, consentendole di esplorare sé stessa e le proprie emozioni attraverso il coinvolgimento affettivo e mettendo alla prova i sistemi di credenze che danno senso alla realtà27.
Leggere letteratura, quindi, è un’operazione non solo dispendiosa, ma anche potenzialmente pericolosa, poiché mette in crisi il rapporto della persona con sé stessa e con la realtà. Questo almeno è ciò che accade nella vita quotidiana ai lettori che leggono per scelta personale.
Nelle istituzioni scolastiche e universitarie, invece, si usano approcci e strumenti didattici che tendono a neutralizzare le opere e non ad attivarle. Le stesse opere, in definitiva, possono essere usate come oggetti di conoscenza, per esempio attraverso l’analisi del testo, oppure come oggetti di esperienza, attraverso una vera «attivazione» che potrebbe avvenire anche semplicemente attraverso «una lettura in comune ben guidata e arricchita dall’insegnante»28.
Per comprendere meglio il processo di interazione tra opera e lettore – e, quindi, in ambito didattico, tra opera e studente – è opportuno ricorrere anche alle acquisizioni della poetica cognitiva, un approccio di ricerca che si occupa proprio dello studio degli effetti della lettura sul lettore concreto, avvalendosi a sua volta dei metodi e dei risultati della linguistica cognitiva:
[la poetica cognitiva] ritiene che l’analisi non possa ridursi a una descrizione tecnica del testo, ma debba interessarsi anche all’esperienza emotiva prodotta dalla letteratura, al piacere provato dal lettore nel leggere quel testo, ai processi di identificazione e di empatia con i personaggi, agli effetti tangibili dell’opera letteraria sui lettori e sul mondo reale29.
La teoria dei mondi del testo30 è uno dei suoi capisaldi, ed è anche uno strumento prezioso per comprendere i processi fisiologici e psicologici che sono alle fondamenta dell’uso della letteratura nell’apprendimento-insegnamento. I suoi strumenti di analisi sono utili agli insegnanti per capire come semplificare i testi narrativi, come tradurli e trasferirli da un mezzo di comunicazione a un altro (per esempio dal testo scritto alla narrazione orale) conservando la loro potenzialità immaginativa.
Secondo questo approccio è innanzitutto necessario tener conto della materialità del libro o, comunque, del supporto usato per fruire l’opera, compresa la voce, nel caso si scelga di far ascoltare il testo, «perfino l’odore del libro»31. Occorre inoltre includere nell’analisi, oltre al testo in sé come oggetto linguistico dotato di significato, «la conoscenza, l’esperienza i ricordi, i sentimenti, le emozioni che il lettore porta dentro l’atto di lettura di quel libro» e quindi, «la relazione testo-lettore»32.
In estrema sintesi, dunque, sempre secondo Costa, «il lettore non è un elemento addizionale nell’analisi, ma è costitutivo»33.
Formare gli insegnanti alla fruizione delle opere
La pratica del commento all’opera letteraria – che andrebbe affiancata da una consapevole prassi traduttoria, non importa da quale lingua, purché sia affiancata e seguita da un’attività di riflessione traduttologica34 – dovrebbe rappresentare un banco di prova per tutti i laureandi e i laureati in lettere, che possono trovare ormai molte riviste – tra cui «Per leggere», il semestrale pubblicato da Pensa Multimedia da cui sono tratti i capitoli che compongono questo libro – e molti volumi che pubblicano gli esiti di esperimenti di lettura e di commento condotti con metodi e strumenti i più disparati.
Tuttavia, essa non è sufficiente a formare degli insegnanti di lingua e di letteratura, i quali non possono e non devono ripetere con i loro studenti l’insegnamento di quegli strumenti, di quei metodi e di quelle pratiche che richiedono una expertise estranea alle finalità, prima ancora che ai prerequisiti, dell’istituzione scolastica. È il docente che, in qualità di esperto di commento e di commenti, deve saper anche guardare alla relazione che si può instaurare tra quella specifica opera e il lettore concreto, quello specifico alunno che deve essere sollecitato ad attivare il testo e a compiere così un’esperienza di lettura significativa.
La pratica dell’analisi del testo – che si auspica sia presto sostituita, nelle prove di esame di Stato, da prove di comprensione e di scrittura argomentativa – ha contribuito a formare tanti aspiranti quanto inesperti commentatori, che sono stati così distratti da una più sensata esperienza di lettura. È il momento di tentare altre strade, dotando i docenti presenti e futuri di strumenti concettuali più adeguati ai bisogni della didattica della letteratura.
Qui di seguito sono formulate alcune ipotesi di lavoro accomunate dall’idea di usare le opere della letteratura per mobilitare le risorse cognitive ed emotive degli studenti al fine di allenare, tra le altre, anche le competenze linguistiche. La lettura in comune – fondata soprattutto sulla pratica della lettura ad alta voce da parte del docente e non solo – diventa sempre più ineludibile, anche perché senza di essa non è possibile garantire pari opportunità a tutti gli studenti. La lettura ad alta voce contribuisce a spostare in modo repentino il fuoco dell’attenzione sull’atto concreto della fruizione dell’opera letteraria, i cui effetti dipendono anche dalle condizioni ambientali, dai mezzi di trasmissione e dai manufatti usati (voce, impianti audio, libri, tablet ecc.).
Nonostante la formazione del docente di lingua e letteratura non preveda un’attenzione specifica all’uso della voce, quest’ultima gioca un ruolo importante durante la lettura in comune, contribuendo in modo implicito a stipulare quel particolare patto sociale che è alle fondamenta della letteratura. La voce implica un ascoltare ed è quindi di per sé un fatto sociale: «Radicalmente sociale al pari che individuale, la voce segnala il modo in cui l’uomo si situa nel mondo e rispetto all’altro. Parlare implica infatti un ascoltare […] è una procedura duplice in cui gli interlocutori ratificano insieme dei presupposti fondati su un’intesa, di solito tacita ma sempre (all’interno di uno stesso ambiente) attiva»35.
Il sociologo Paolo Jedlowski definisce comunità narrativa «la comunità posta in essere dal fatto che fra certe persone, con una certa regolarità, circolano certi racconti e certe storie sono messe in comune»36. Il concetto è affine a quello, utilizzato nell’ambito della psicologia delle organizzazioni, di comunità di pratiche37. Una comunità di pratiche narrative non si fonderebbe su interessi comuni, su relazioni di vicinato o sulla condivisione di determinati scopi (come potrebbe essere la classe stessa intesa come comunità), quanto semmai sul fatto stesso di praticare in modo collaborativo l’arte della narrazione nelle sue varie forme: lettura silenziosa e ad alta voce, narrazione orale e ascolto degli stessi racconti selezionati dall’insegnante, invenzione e condivisione di storie, visione di film ecc. Andando periodicamente – a ogni lezione – ad abitare metaforicamente gli stessi ambienti, i membri della comunità rafforzerebbero le relazioni interpersonali e, inoltre, svilupperebbero una memoria condivisa di personaggi, situazioni, azioni, personaggi, ovvero di parole, di frasi, di schemi di storia, di metafore.
Altrettanta attenzione va dedicata agli approcci narrativi e allo studio della narrazione anche dal punto di vista della psicologia cognitiva, delle neuroscienze e delle scienze biologiche e sociali. Una storia, quando è condivisa da un certo numero di persone, può essere un ideale «ambiente di apprendimento»38 all’interno del quale simulare azioni e comportamenti, fare scelte e quindi acquisire schemi di storie e ampliare il lessico di un determinato campo semantico.
Abbiamo già visto che la condizione necessaria per riuscire ad abitare le storie è rappresentata dalla capacità di attivarle nella mente di ciascuno studente, aiutandolo a immaginare i personaggi, gli ambienti e le azioni. Allo scopo di guidare lo studente nel suo viaggio testuale è utile tener conto delle lezioni della poetica cognitiva, che mette a disposizione, per esempio, gli strumenti necessari a individuare il funzionamento del testo nella mente del lettore, che quando legge o ascolta una storia è sollecitato a «realizzare una proiezione deittica di sé nel testo»39 e, quindi, a muoversi nel mondo immaginato, spostandosi nello spazio e nel tempo. Essere in grado di indicare il «centro deittico» del testo40 e, quindi, gli «spostamenti deistici»41, cioè i movimenti mentali del lettore nel testo, è utile a guidare gli studenti in un viaggio significativo.
Il futuro degli studi letterari passa anche da qui, dalla capacità di contaminarsi con quelle discipline che possano aiutarci, a noi artigiani delle opere, a mettere in relazione queste ultime con la mente e con il corpo degli alunni.
NOTE
1. C. Segre, Per una definizione del commento ai testi, in Il commento ai testi. Atti del seminario di Ascona 2-9 ottobre 1989, a cura di O. Besomi, C. Caruso, Birkhäuser Verlag, Basel-Boston-Berlin 1992, pp. 3-17, poi in Id., Notizie dalla crisi, Torino, Einaudi, 1993, pp. 263-73, a p. 263.
2. R. Sennett, The Craftsman, New Haven & London, Yale University Press, 2008.
3. D. De Robertis, Commentare la poesia, commentare la prosa, in Il commento ai testi cit., pp. 169-213, a p. 171.
4. P. Giovannetti, L’interpretazione rilegittimata. Prospettive di metodo sullo sfondo dell’Otto/Novecento, in Dieci anni di «Per leggere. I generi della lettura». Atti della giornata di studio all’Università Europea di Roma (7 ottobre 2011). Indici della prima serie (nn. 1-20), a cura di I. Becherucci, Lecce, Pensa Multimedia, 2011, pp. 43-50, a p. 50.
5. Cfr. M. Riffaterre, La produzione del testo, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 14-15.
6. Segre, Per una definizione del commento ai testi cit., p. 265.
7. De Robertis, Commentare la poesia, commentare la prosa cit., p. 176.
8. Segre, Per una definizione del commento ai testi cit., p. 263.
9. Segre, Per una definizione del commento ai testi cit., p. 264.
10. Per un resoconto aggiornato sul dibattito intorno al commento come pratica ermeneutica, cfr. I. Nardi, La deriva del commento, in Il commento ai testi letterari, a cura di S. Gentili, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006, pp. 9-31.
11. R. Luperini, L’interpretazione dei testi letterari: la parte del commento, in Il commento dei testi letterari cit., pp. 1-8, a p. 8.
12. Rinvio ai miei articoli Per un curricolo di lingua e letteratura italiana centrato sulle competenze, in La letteratura in cui viviamo. Saggi e interventi sulle competenze letterarie, a cura di P. Giovannetti, Torino, Loescher, 2015, pp. 23-49; Letteratura e competenze: una questione didattica, in Per una letteratura delle competenze, a cura di N. Tonelli, Torino, Loescher, 2013, p. 83-93.
13. P. Jedlowski, Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, Milano, Bruno Mondadori, 2000, pp. 26-41; P. Jedlowski, Il piacere del racconto, in Imparare dalla lettura, a cura di S. Giusti e F. Batini, Torino, Loescher, 2013, pp. 20-22.
14. J.-M.Schaeffer, L’expérience esthétique, Paris, Gallimard, 2015, p. 20.
15. V. Gallese, Corpo e azione nell’esperienza estetica. Una prospettiva neuro scientifica, in U. Morelli, Mente e bellezza. Arte, creatività e innovazione, Torino, Allemandi, 2010, pp. 245-62, alle pp. 260-61.
16. P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, Roma, Carocci, 2008, pp. 91-105.
17. Jedlowski, Il piacere del racconto cit., p. 22.
18. M. Nussbaum, Not for Profit. Why Democracy Needs Humanities, Princeton, Princeton University Press, 2010 (trad. it. di R. Falcioni, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 111).
19. K. Oatley, The mind’s flight simulator, «The Psychologist», XXI (2008), pp. 1030-33.
20. Schaeffer, L’expérience esthétique cit., p. 44.
21. J.-M. Schaeffer, Petite écologie des études littéraires. Pourquoi et comment étudier la littérature?, Paris, Marchaisse, 2011 (trad. it. di M. Cavarretta, Piccola ecologia degli studi letterari. Come e perché studiare la letteratura?, Torino, Loescher, 2014, 23).
22. T. Todorov, La littérature en péril, Paris, Flammarion, 2007 (trad. it. di E. Lana, La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti, 2008, p. 66).
23. Schaeffer, L’expérience esthétique cit., p. 77.
24. Schaeffer, L’expérience esthétique cit., pp. 90-99.
25. Schaeffer, L’expérience esthétique cit., p. 164.
26. M.C. Levorato, Le emozioni della lettura, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 194.
27. Levorato, Le emozioni della lettura cit., p. 81.
28. Schaeffer, Piccola ecologia degli studi letterari cit., p. 24.
29. S. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva, Roma, Aracne, 2014, p. 41.
30. P.N. Werth, Text Worlds: Representing conceptual space in discourse, London, Longman, 1999; Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., pp. 40-43.
31. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., pp. 41-42. Anche Schaeffer, L’expérience esthétique cit., p. 96, evidenza la necessità – dal momento in cui si adotta il punto di vista dell’esperienza estetica e non quello dell’opera d’arte – di accettare che la realizzazione acustica di un’opera o l’organizzazione spaziale del testo scritto divengano oggetto di indagine.
32. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., p. 42.
33. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., p. 42.
34. Il discorso ci porterebbe lontano. Si rinvia sull’argomento a Le traduzioni dei poeti, i poeti in traduzione. Per il commento e la didattica del testo tradotto, in I cantieri dell’italianistica. Ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo. Atti del XVIII congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti (Padova, 10-13 settembre 2014), a cura di G. Baldassarri, V. Di Iasio, G. Ferroni, E. Pietrobon, Roma, Adi editore, 2016.
35. P. Zumthor, Introduction à la poésie orale, Paris, Editions du Seuil, 1983 (trad. it. di C. Di Girolamo, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 30).
36. P. Jedlowski, Il racconto come dimora. Heimat e le memorie d’Europa, Torino, Bollati Boringhieri, 2009, p. 38.
37. S. Giusti, Insegnare con la letteratura, Bologna, Zanichelli, 2011, pp. 52-53.
38. Giusti, Insegnare con la letteratura cit., pp. 101-15.
39. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., p. 63.
40. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., p. 64.
41. Costa, Introduzione alla poetica cognitiva cit., p. 67.
Sfoglia l’indice e il primo capitolo del Quaderno
Acquista la versione digitale su Scuolabook
I QdR sono ordinabili in tutte le librerie (anche online) d’Italia; i docenti possono richiederli agli agenti Loescher di zona.