#iorestoacasa: al museo col direttore #1

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In questo periodo di totale chiusura, molti musei, se non lo stavano già facendo, hanno reso disponibili le loro collezioni online, programmando visite guidate, il racconto di un’opera al giorno, video e documentari, storie e iniziative rivolte anche ai bambini. Sarà interessante, più avanti, valutare l’impiego che è stato fatto dei mezzi digitali, un utilizzo che non può essere improvvisato per poter sfruttare al meglio le loro potenzialità. Sono già usciti molti articoli che suggeriscono i musei da visitare stando a casa, quindi noi sceglieremo un percorso particolare: la visita al museo accompagnata dai direttori o da curatori ed esperti delle collezioni.
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Museo Egizio, Torino.

Iniziamo dal Museo Egizio di Torino, ricco di iniziative raccolte sotto il titolo Il Museo Egizio a casa tua: dalla possibilità di esplorare la collezione dei reperti e quella dei papiri, alle conferenze e alle attività per bambini. Durante la prima fase di chiusura del museo, a fine febbraio, il direttore Christian Greco aveva iniziato a raccontare online alcune curiosità sulla collezione con l’hashtag #Aportechiuse.
Dopo il decreto dell’8 marzo 2020, che sospendeva l’apertura di musei e luoghi di cultura, il museo ha lanciato Le passeggiate del Direttore, una visita, sala dopo sala, in compagnia di Greco, per scoprire la storia della collezione, i reperti più significativi e i contesti archeologici di provenienza.

Per partecipare alle passeggiate, dai 5 ai 10 minuti circa l’una, giovedì e sabato, ci si può collegare al canale Youtube del museo e ai suoi social, come la pagina Facebook. «Da anni ripetiamo che il museo è di tutti, è davvero la casa di tutti»: così ci accoglie il direttore, nel video, sottotitolato, introduttivo alla serie.

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Museo Egizio, Torino. Le passeggiate del Direttore, con Christian Greco.

La prima passeggiata è intitolata L’Egitto e i Savoia. Greco, nel sottolineare la necessità di stare tutti a casa, ci raccomanda di non preoccuparci: se noi non possiamo andare al museo, sarà il museo a venire da noi. Si presenta non in giacca e cravatta, come se fosse a una riunione ufficiale o a un convegno, ma vestito in modo più sportivo, comunicandoci ancora di più questo senso di vicinanza e di presenza del museo a casa nostra.

Scopriamo così che la prima statua che incontriamo al Museo Egizio è il sovrano Ramses II, uno dei primi oggetti ad arrivare nella collezione, e iniziamo a conoscere la figura fondamentale di Vitaliano Donati, professore di botanica che, inviato in Egitto, fece arrivare a Torino circa 600 oggetti, ancora in corso di studio. Fra questi, tre grandi statue: Ramses II, una della dea Sekhmet (il museo conserva 21 statue della divinità) e una della dea Iside.
Una domenica dello scorso novembre ho fatto una rapida incursione al Museo Egizio, dove ero già stata molti anni fa. Non avevo molto tempo, ma visto che ero a Torino non volevo perdere l’occasione, nella prospettiva di tornarci con più calma appena possibile. Era stata proprio la dea Sekhmet, la potente, dalla testa di leonessa, legata ai miti cosmogonici iniziali dell’Antico Egitto, una delle sculture che mi avevano colpito di più. E mi è venuto in mente quando, per il mio diciottesimo compleanno, conoscendo la mia passione per Tutankhamon, degli amici mi regalarono un libro sugli antichi egizi con la dedica «E ora puoi anche andare a scavare in Egitto».

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Museo Egizio, Torino. Le passeggiate del Direttore, con Christian Greco

Il direttore prosegue nelle sue appassionanti passeggiate raccontandoci rituali, evidenziando gli intrecci fra storia della collezione e storia dell’educazione, spiegandoci il perché di alcune scelte espositive nell’allestimento del museo e sottolineando il valore della cultura come colonna identitaria di un paese.

In questi video, in cui la visita alle sale è accompagnata da ulteriori immagini esplicative, ritratti e mappe, capiamo perché la Stele di Rosetta è al British Museum; ci interroghiamo sui rapporti dei classici, da Omero in poi, con l’Egitto; riconosciamo il ruolo del museo, nel passato, come luogo di studio e scopriamo l’utilizzo della fotografia; comprendiamo l’importanza della tutela del patrimonio culturale e ci turbiamo per i danni arrecati dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale al museo.
E ci sembra di essere lì con il direttore, quasi di conoscerlo, in questa comunicazione diretta, vasta e approfondita, ma alla portata di tutti. Uno studioso che conosce l’importanza della divulgazione.

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Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma

Dopo la chiusura di musei e luoghi di cultura, anche il direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, Valentino Nizzo, che utilizza la comunicazione video da anni, ha sentito la necessità di mettersi subito in contatto con noi dal suo profilo, per leggere un brano di Tito Livio relativo allo scoppio di una terribile pestilenza. Attraverso la lettura, scopriamo le basi del teatro contemporaneo, l’origine etrusca della parola “istrione” e la nascita di una nuova forma letteraria e di rappresentazione collettiva per vincere la paura dell’epidemia.

La cultura, quindi, anche come antidoto alla paura. Come ricorda Nizzo, in questi tempi difficili «le istituzioni culturali devono essere vicine ai cittadini per ricordare loro quanta bellezza […] ci circonda, la bellezza è anche custodita nella storia, nei racconti, nella nostra capacità di trasmettere memoria, ma anche di usare la nostra memoria per essere più responsabili».

E il legame con la situazione attuale fa un po’ da filo conduttore, con grande sensibilità, nei messaggi del museo, in cui il direttore e i suoi collaboratori non solo ci fanno conoscere i reperti della collezione, ma ci fanno anche sentire il senso della continuità fra passato e presente.

Quello di Villa Giulia è un museo a cui sono particolarmente legata. Quando, al liceo, ho visto per la prima volta l’immagine dell’Apollo di Veio sono rimasta folgorata. Una scultura così bella… dovevo assolutamente scoprire dove si trovasse, dovevo vederla dal vero. Non essendoci la possibilità di ricorrere a internet, è stata un’enciclopedia a dirmi dove potevo incontrare la statua di cui mi ero innamorata. Era a Roma, la città in cui vivevano i miei nonni materni. Così ho preso il treno dal Veneto e sono andata a trovarli. Mia nonna mi ha portato al museo e si è fermata in biglietteria a sferruzzare, mentre io sono rimasta incantata non so quanto tempo a guardare l’Apollo. Questa scultura, insieme alle visite a borghi, chiese e musei fatte con i miei genitori, è alla base della mia scelta di studiare storia dell’arte all’Università.

La comunicazione social del museo è molto varia, spesso spiritosa, e accoglie anche gli inviti fatti da altri musei, come la proposta di consigli pratici per trascorrere le giornate a casa, attraverso le opere presenti nel museo, suggerita dalla Pinacoteca di Brera, o la sfida #NomiCoseNeiMusei lanciata del Museo Poldi Pezzoli.

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Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Consigli pratici per trascorrere le giornate a casa, direttamente dalle opere del museo.

Il 10 marzo, Nizzo ha inaugurato la serie 42 musei per 42 giorni, #StoriediPersoneediMusei «una quarantena culturale per ricordare a tutti di essere responsabili. Un suggerimento per trascorrere il tempo mentre si resta a casa». Si tratta della riproposta, con un video al giorno, di conferenze tenute in passato a Villa Giulia relative a musei di Lazio, Umbria e Toscana. La pagina Facebook del museo, inoltre, offre attività per bambini, presentazione delle opere – anche attraverso il canale youtube Etruschannel –, racconti di scavo, documenti d’archivio e fotografie storiche, fra cui quella del ritrovamento dell’Apollo di Veio nello scavo di Portonaccio. E poi omaggi a Dante e Raffaello nelle giornate loro dedicate, ma anche al personale medico e sanitario il 7 aprile, Giornata mondiale della Salute.

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Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Scavo del Portonaccio a Veio, con le statue di Apollo e di Ercole (Foto di Giulio Giglioli. Archivio fotografico Museo Nazionale Etrusco).

Le visite con il direttore, intanto, diventano l’occasione anche per scoprire il dietro le quinte del museo e conoscerne i protagonisti, dalla restauratrice, agli addetti alle pulizie delle vetrine, all’operatore video. Sempre con un occhio rivolto al presente, come quando, a proposito dello straordinario Sarcofago degli Sposi, Nizzo sottolinea che l’opera «descrive un gesto che l’epidemia […] ci induce a non ripetere in questi giorni […]: un abbraccio». Le visite continuano anche fuori dal museo, con il direttore che ci porta in macchina con lui, nel suo tragitto verso il luogo di lavoro, raccontandoci la città con gli occhi dell’archeologo.

E arriviamo al 9 aprile, giornata dedicata all’anniversario della scoperta del Sarcofago degli Sposi nel 1881, 139 anni fa. Il direttore ci accoglie all’aperto nel Ninfeo di Villa Giulia, nella lunga diretta interattiva (una delle novità introdotte in questo periodo, insieme a quella dei video immersivi a 360 gradi), per raccontarci le leggi di tutela dell’epoca, il fenomeno delle contraffazioni, il ruolo di Felice Bernabei, di cui legge alcuni brani tratti dalle Memorie, nell’acquisizione del Sarcofago degli Sposi da parte del museo.
La visita continua davanti alla vetrina del sarcofago, ci giriamo intorno, scopriamo la posizione degli sposi, il perché della forma allungata degli occhi, i loro abiti, i gesti e la mentalità dell’epoca, la funzione dell’opera, alcuni aspetti della cottura dell’argilla.

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Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Le visite con il direttore Valentino Nizzo, il Sarcofago degli Sposi.

A conclusione delle descrizioni, prima di rispondere alle domande dei visitatori online, Nizzo confessa che alcune sue affermazioni non sono molto amate dai colleghi: «I grandi capolavori sono quelli che non hanno bisogno di mediazione, o comunque che hanno bisogno di una minima mediazione perché arrivano direttamente all’animo di chi li osserva. […] Questo è forse il senso dell’arte, di emozionare e vivere di vita propria».

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Museo Egizio, Torino.

Abbiamo visto, per ora, solo due esempi di visite con il direttore (due esempi che mi piacciono particolarmente), ne vedremo altri. Su internet, immagini di musei vuoti si sono sostituite a quelle brulicanti di visitatori. I musei sono chiusi, sono vuoti, ma non stanno dormendo. La vita all’interno di un museo continua, e, in attesa di poterci andare – o tornare – di persona, la sua storia e le sue opere possono comunicare, ed emozionarci, anche attraverso il filtro di un monitor.

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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