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Sono ormai tanti gli studenti italiani che desiderano frequentare prestigiose università straniere. Il percorso per accedere a queste università, che per la maggior parte si trovano in Inghilterra o negli Stati Uniti, è tuttavia piuttosto complesso e molto diverso da quello delle università italiane – un fatto che, purtroppo, frena e dissuade molti aspiranti connazionali dal provarci.

Nell’anno scolastico 2012-2013, per esempio, fra i quasi 7000 studenti frequentanti Harvard College (dai più considerato L’ateneo più prestigioso al mondo), solo 6 (meno del 0.1%) erano di provenienza italiana.
Prima di approfondire il tema delle ammissioni è però necessario determinare quali delle innumerevoli università americane e inglesi siano effettivamente le più stimate. Per facilitare una tale valutazione – che viene in genere effettuata, non dimentichiamolo, dagli educatori e genitori americani e inglesi – esistono i cosiddetti ranking, ovvero classifiche di università che, utilizzando metodi che variano da ranking a ranking, cercano di determinare quali sono le migliori.

I ranking
Sebbene sia tutt’altro che l’unico, il ranking pubblicato nella «U.S. News & World Report» è generalmente considerato il più autorevole per le università statunitensi. Nel Regno Unito, questo ruolo di ranking semi-ufficiale viene assunto invece da quello prodotto dal «Guardian», che, come il suo equivalente americano, è pubblicato annualmente. Entrambi si concentrano sulla ‘undergraduate experience’, tentando così di stabilire quali università offrano le migliori opportunità per i propri studenti.
Nel ranking del «Guardian» si trovano generalmente nelle prime due posizioni le università di Oxford e Cambridge – nomi che si uniscono nel gergo comune nel termine Oxbridge, che rispecchia anche il fatto che uno studente può fare domanda solo a una delle due, e non a entrambe- che, insieme ad alcune università londinesi (London School of Economics, Imperial College, King’s College), formano il golden triangle, il triangolo d’oro delle tre università inglesi più rinomate.
Nei primi dieci posti del ranking americano della «U.S. News» si collocano invece ben sei delle otto che fanno parte della ‘Ivy League’, gli atenei privati sulla costa dell’est che sono tra le più antiche università americane:

Nome Posizione nel ranking
Princeton University 1
Harvard University 2
Yale University 3
Columbia University 4
University of Pennsylvania 7
Dartmouth College 10
Brown University 14
Cornell University 16

Assieme alle appartenenti alla Ivy League, nei primi posti nel ranking vi sono anche delle università di fondazione più recente, e solitamente maggiormente orientate verso le materie scientifiche. Fra queste: il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la Stanford University e il California Institute of Technology (Caltech).

I requisiti
Mentre l’accesso alle università italiane dipende solamente dai voti e dai risultati dei test d’ammissione, la maggior parte delle università inglesi e americane si basa su un approccio ‘olistico’, che prende in considerazione non solo punteggi e rendimento, ma anche attività extracurricolari e qualità personali.
Nonostante non siano i soli fattori, i voti rimangono tuttavia molto importanti, specialmente per le università inglesi, che dichiarano quasi tutte delle grade boundaries, cioè i voti minimi che i candidati devono ottenere nelle loro rispettive maturità.
Fortunatamente per gli studenti provenienti dal sistema educativo italiano, le università del golden triangle specificano chiaramente i voti minimi da raggiungere negli esami di stato:

Cambridge University 98
Oxford University 95
London School of Economics 90-95
Imperial College 95
King’s College 90-95

A questi prerequisiti si aggiunge poi un altro problema, che scaturisce dalle differenze fra il sistema scolastico inglese e quello italiano: siccome l’iter per inoltrare domanda d’iscrizione comincia a gennaio (o, per Oxbridge, a ottobre dell’anno precedente), le università devono essere informate dei predicted grades, cioè i voti che, secondo i propri professori, uno studente potrebbe ricevere agli esami di stato – voti che, se non ottenuti, portano solitamente all’annullamento dell’offerta di ammissione.
Un ulteriore passo necessario all’ammissione a Oxford e Cambridge è invece l’interview, cioè un colloquio che viene offerto a ogni studente con voti predicted sufficienti, e nel quale lo studente dovrà mostrare il suo interesse in e la sua conoscenza della materia che vuole studiare.
Mentre le università inglesi utilizzano i voti previsti, quelle americane basano i loro giudizi relativi alle capacità accademiche degli studenti sulla media dei voti raggiunti (che viene però di fatto ignorata quando vengono valutate le domande degli studenti italiani) e, in particolar modo, sui risultati raggiunti nei test standardizzati, i quali possono essere separati in due categorie: i test di ragionamento e i test di conoscenza.
Il test di ragionamento indubbiamente più conosciuto fuori dagli Stati Uniti è il SAT (pronunciati ess-ei-ti) Reasoning Test, che dura quattro ore, può essere sostenuto presso scuole internazionali ed è diviso in tre sezioni (tutte, chiaramente, in inglese): Critical Reading (comprensione scritta), Math (matematica) e Writing (produzione scritta). Il punteggio complessivo, dato dalla somma dei punteggi nelle sezioni individuali, va da un minimo di 600 a un massimo di 2400.
La sezione di comprensione scritta, che valuta l’abilità dello studente di estrarre informazioni da testi inglesi di diversi tipi (articoli, narrativa etc.), è interamente a scelta multipla, mentre la sezione di matematica è suddivisa in una parte a scelta multipla e una di ‘student-produced responses’, in cui lo studente deve inserire direttamente i risultati dei suoi calcoli. La predilezione americana per domande a scelta multipla si evidenzia anche nella sezione di produzione scritta, che è composta sì da un essay (da scrivere, fra l’altro, in soli 25 minuti!), ma anche da una sezione multiple choice, che determina il 70% del punteggio della sezione.
I test di conoscenza, chiamati SAT Subject Tests e disponibili per ben 20 materie, durano invece un’ora ciascuno e vengono sostenuti negli stessi luoghi dove vengono anche effettuati i test di ragionamento (per esempio a Milano all’American School of Milan). Anche qui, ogni esame ha un punteggio massimo di 800. Le università dell’Ivy League richiedono due Subject Tests, sebbene le materie richieste varino in base all’università (alcune delle quali, a esempio Harvard, lasciano addirittura la scelta agli studenti).
Per entrambi i test esistono innumerevoli manuali e corsi di preparazione, messi a disposizione da case come Princeton Review, Kaplan e Barron’s. Per quanto l’utilità di questi libri (specialmente quelli per il SAT Reasoning Test) sia in genere contestata, la loro disponibilità e il loro basso costo li rende molto attraenti – specialmente in confronto ai corsi, i quali sono piuttosto cari e disponibili, almeno in Italia, solo presso le scuole internazionali.

 

I costi
Un altro ostacolo da affrontare per gli studenti italiani desiderosi di studiare all’estero è quello dei costi, che possono sembrare spropositati, specialmente se messi a confronto con quelli, più contenuti, delle università italiane.
Per le università inglesi questi costi sono, per quanto maggiori di quelli degli istituti italiani, relativamente bassi, essendo limitati per legge a 9000 sterline (ca. 11000 euro) all’anno – un limite raggiunto da tutte le università appartenenti al golden triangle. Questi costi devono solitamente essere pagati in toto, poiché sono assai poche le borse di studio disponibili per studenti non provenienti dal Regno Unito.
Le università americane, invece, hanno costi ben più elevati: gli istituti della Ivy League, per esempio, richiedono fra 40.000 e 60.000 dollari (30.000-50.000 mila euro) all’anno.
Queste tariffe possono tuttavia essere ridotte attraverso borse di studio e prestiti , elargiti in modo diverso a seconda delle università. Quelle della Ivy League, ad esempio, offrono tutte borse di studio in base al reddito familiare agli studenti (anche non statunitensi) “bisognosi” (che, dovendo mandare le loro informazioni finanziarie solo dopo l’ammissione, non vengono penalizzati in alcun modo); altre, come Stanford e Caltech, limitano il numero di studenti internazionali “bisognosi” ammessi ogni anno.

Il processo di ammissione
Dopo aver passato in rassegna i requisiti necessari per fare domanda d’iscrizione a un’università inglese o americana, rimane ora da chiedersi in che modo la richiesta debba essere inoltrata.
In questo caso, i sistemi inglesi e americani sono piuttosto simili: mentre per far domanda a qualunque università inglese viene usato il sito UCAS, l’equivalente per gli Stati Uniti è la Common Application (spesso abbreviata Common App).
Nel sistema UCAS, la domanda è composta dai voti previsti (predicted grades), dal Personal Statement, ovvero un testo di 4000 caratteri che dovrebbe mettere in evidenza la passione dello studente per la materia per cui ha fatto domanda, e da due referenze scritte da professori scelti dallo studente(che però non possono essere lette da lui stesso). Questa domanda è mandata a cinque università scelte dallo studente; per la maggior parte degli atenei deve essere inoltrata entro il 15 gennaio dell’anno solare nel quale si comincerebbe a frequentarla; per corsi di medicina e per Oxford e Cambridge la deadline è invece addirittura da anticipare al 15 ottobre dell’anno precedente. Il colloquio necessario per l’ammissione a Oxbridge si svolge all’inizio di dicembre.
Le decisioni delle università sono trasmesse allo studente entro il 31 marzo; lo studente deve poi scegliere fra gli istituti che hanno accettato la sua domanda una firm choice e una insurance choice (università salvagente): in questo modo, anche se lo studente non dovesse raggiungere nell’esame finale i voti previsti, potrebbe comunque essere ammesso alla sua insurance choice, che dovrebbe essere un’università che richiede voti ben inferiori a quelli richiesti dalla firm choice.
Nella Common App americana le domande di ammissione sono corredate da: la high school transcript – cioè le medie dello studente in ciascuna delle sue materie nei tre anni passati-; dei mini-temi di 200-600 parole uno (i titoli dei quali variano da anno a anno e da università a università, e che trattano generalmente attività extracurricolari); le referenze di due professori. Le domande possono essere Early Action o Regular Action: le Early Action (assieme ai risultati dei test standardizzati, che vanno mandati alle università individualmente) devono essere inoltrate entro il 1° novembre per la maggior parte delle università, e sono, a eccezione di alcune università come Harvard, vincolanti (binding). Se lo studente è ammesso all’università (decisione di cui sarà informato verso metà dicembre) deve ritirare le sue application da qualunque altro ateneo presso il quale ha fatto domanda. È per questo motivo che una early action può essere inoltrata solamente a una università.
Le domande Regular Action vanno invece mandate entro il 1° gennaio; le decisioni riguardanti l’ammissione o meno di questi candidati sono pubblicate a fine marzo.
Va notato che, data l’assenza di esami finali nel sistema scolastico americano, le decisioni di ammissione sono di fatto definitive: anche se lo studente dovesse avere un voto anche molto più basso di quello previsto nei suoi esami di stato, avrebbe comunque l’opportunità di confermare la sua disponibilità e frequentare l’università che l’aveva accettato in base a credenziali accademiche ben diverse.

È vero che il processo così descritto può spaventare, ma è anche vero che molti studenti di tutto il mondo riescono ad accedere a questi illustri atenei. È quello che l’autore di quest’articolo tenterà di fare nei mesi a venire… Wish me good luck!

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Martin R. Seiffart

Studente italiano diciassettenne. Frequenta una scuola britannica a Milano e farà domanda di ammissione a diverse università inglesi e americane, fra le quali Oxford e Harvard.

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