Madame Vigée-Le Brun, ritrattista di Maria Antonietta

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
150 opere della pittrice francese al Grand Palais di Parigi.

La pittrice di corte
Elisabeth Louise Vigée-Le Brun (1755-1842) è stata una dei più grandi ritrattisti del suo tempo, soprattutto per il ruolo che ebbe alla corte di Francia, dove divenne la pittrice ufficiale della regina Maria Antonietta. Ma basta guardare la data di nascita e di morte della brava artista francese per capire come la sua vita sia stata attraversata dall’evento chiave del Settecento, e cioè da quella Rivoluzione che cambiò per sempre il volto dell’Europa e che portò la capricciosa Maria Antonietta (ormai meglio nota come Madame Déficit, a causa dispendiosissimo tenore di vita) a subire la ghigliottina nel 1793, qualche mese dopo il marito Luigi XVI. Evento al quale seguirono, a catena, altre non meno significative tappe della Storia con la S maiuscola, e cioè l’ascesa al potere di Napoleone e il successivo tramonto del suo sogno imperiale, che coincise con la Restaurazione in larga parte del Vecchio Continente (e non solo!).
Una mostra, ora terminata, al Grand Palais di Parigi ci mostra come i ritratti della Le Brun siano stati in realtà una sorta di galleria di volti di un’Europa che stava vivendo un’epocale trasformazione facendo (forse) finta di non accorgersene.

Da Versailles alla fuga: il Grand Tour forzato
Ma andiamo con ordine. A Versailles e dintorni Elisabeth ritrasse più volte – come abbiamo detto – la regina, ma anche la sua famiglia e le dame che bazzicavano la corte, non ultime la bella duchessa di Polignac e la contessa du Barry, amante del re e acerrima rivale di Maria Antonietta. Fama, successo e bella vita segnarono quegli anni, che però si arrestarono nel fatidico 1789, quando, a tumulti iniziati, la pittrice (che stava allora realizzando proprio il ritratto della du Barry) fuggì da Parigi con la figlia, avuta delle nozze con il mediocre pittore Jean-Baptiste-Pierre Le Brun.
Iniziò allora una sorta di Grand Tour coatto, che la vide continuare la sua attività pittorica negli ambienti regali o nobiliari di mezza Europa: in Italia (Firenze, Roma, Napoli…), a Londra, a Vienna, a San Pietroburgo. Dipingeva per lo più volti di nobiluomini e soprattutto di nobildonne convinti di appartenere a una “celeste prole” o a un “concilio di semidei” – come ebbe a scrivere la penna satirica di Giuseppe Parini nel Giorno – impermeabili alla caducità della Storia. Tra di loro la principessa Maria Cristina di Borbone, la contessa Isabella Teotochi Albrizzi (di foscoliana memoria), il gotha dell’aristocrazia polacca e russa, anche se nulla, a nostro avviso, eguaglia i ritratti dell’inglese Lady Hamilton (donna di umili origini divenuta poi regina del gossip napoletano e amante dell’ammiraglio Nelson) in veste di Sibilla Cumana o di Baccante con lo sfondo del Vesuvio.

  • xAutoritratto
  • xLa regina Maria Antonietta
  • xLa duchessa di Polignac
  • xMadame Du Barry
  • xIsabella Teotochi Albrizzi
  • xLady Hamilton come baccante
  • xVarvara Ivanovna
  • xCarolina Bonaparte

Il ritorno a Parigi: un impossibile viaggio all’indietro
Nel 1802, quando la ghigliottina smise di mozzare teste e a Parigi si stava ricostituendo un potere di natura monarchica, Elisabeth tornò in Francia e riprese a dipingere in patria nobili e potenti: tra questi vi fu nientemeno che Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone e moglie di Gioachino Murat.
Nulla però fu più come prima, e la nostra pittrice – la cui lunga vita fu funestata da numerosi lutti familiari – vide un po’ inaridirsi la sua vena artistica. D’altronde – già lo si è detto – il “suo” mondo si stava spegnendo, e di certo chi aveva immortalato principesse e regine non poteva diventare una credibile testimone della società borghese che andava affermandosi. I “tempi belli” della nobiltà stavano infatti svanendo un po’ ovunque, e perfino l’esuberante Lady Hamilton era morta in miseria dopo avere ammaliato uomini di ogni nazionalità: ma questi erano ormai scomparsi o decaduti, e dunque non più in grado di mantenerla.
Certo, chi detesta vestiti eleganti, cappelli piumati, volti incipriati e un po’ ingessati, non amerà il mondo dei quadri della Le Brun. Eppure non potrà fare a meno di apprezzarne le straordinarie doti tecniche, ma anche la capacità – pur nel solco di una pittura accademica – di ammiccare a suggestioni neoclassiche o preromantiche che la avvicinano alla grande cultura europea. Il tutto con la tecnica della pittura ad olio, ma anche – come dimostrano alcune delle 150 opere al Grand Palais – con quella meno consueta del pastello, nella quale Elisabeth dimostra grande perizia.

Libri e film sul suo mondo
Utile forse, dopo avere visto i suoi quadri, un completamento con una lettura adeguata, e cioè con il libro dello scrittore austriaco Stefan Zweig, Maria Antonietta. Una vita involontariamente eroica (scritto nel 1932), ma anche con la visione del discusso film di Sofia Coppola, Marie Antoniette (2006). E integrare il tutto con il recente volume tra lo storico e il turistico di Alice Mortali, Guida alla Parigi di Maria Antonietta, Mursia, Milano, 2015, la cui autrice ha attivato anche un vivace blog.
Difficile dire se da questa sinergia (quadri-libro-film) possa scaturire una qualche nostalgia per quel mondo lontano, oppure un inno di lode alla ghigliottina che l’ha messo a tacere; di certo serve (a noi e ai nostri studenti) a capire perché la Rivoluzione Francese (1789) o il Congresso di Vienna (1815) nei vecchi manuali di Storia venissero viste come possibili date convenzionali di definitiva archiviazione dell’età moderna e di inizio dell’epoca contemporanea.
I quadri di Elisabeth Louise Vigée Le Brun sono dunque la testimonianza del crepuscolo dell’Ancien Régime, anche se non danno affatto – con la loro levità – l’idea di voler perpetuare una memoria postuma di chi vi è rappresentato; sembrano invece dirci che le “dame e i cavalieri” dipinti resteranno per sempre così, giovani e belli, e che il mondo che essi rappresentano troverà il modo di non scomparire.
Era una bugia, e forse lei stessa sapeva di mentire, ma “l’arte è una menzogna che ci avvicina alla verità”, come dirà poi Pablo Picasso: e senza le menzogne dei quadri di Elisabeth la verità storica di quel mondo ci sarebbe oggi assai meno chiara.

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Gisella Turazza

Classicista, docente di Liceo a Monza, è autrice storica di Loescher (da “Genius loci” a “Primordia rerum”, per la letteratura latina; di “Le pietre parlano”, nel 2018, per geostoria biennio, del versionario greco/latino “Allos Idem”, nel 2020) e consulente editoriale. Ha pubblicato articoli in riviste scientifiche e curato opere di autori greci e latini.

Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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