Dentro la scatola nera #7. «Fa quel che può, quel che non può non fa»

Tempo di lettura stimato: 13 minuti
Nel settimo articolo della rubrica, a cura di Sonia Bacchi, sui “racconti di scuola senza voto”, l’esperienza di Orzinuovi, dalla “monarchia assoluta” dell’insegnante dispensatore di numeri alla “democrazia partecipativa” degli strumenti di autovalutazione.

 

Cronistoria

L’esperienza della scuola “Sacra Famiglia” è nata a Orzinuovi (BS) già nell’anno scolastico 2015/16, quando parlare di “scuola senza voti” poteva sembrare un pensiero azzardato. Allora i voti erano l’unico strumento in itinere e finale, assunto dai docenti e richiesto dai genitori, per valutare gli alunni posizionandoli in una graduatoria centrata sui risultati. La scelta, allora radicale, di trovare altre modalità valutative per sostituire i voti in decimi ha da subito conquistato le insegnanti della primaria, incoraggiate sia dalla lungimiranza del dirigente di allora (padre Antonio Consonni), sia dal forte riferimento valoriale che la scuola aveva e continua ad avere per la sua fondatrice, Suor  Paola Elisabetta Cerioli, che dell’accoglienza e dell’accompagnamento educativo aveva fatto una ragione di vita.

La scelta valoriale e pedagogica di orientarsi verso una scuola che agisce «non per profitto», come già scriveva Martha Nussbaum (2010), ma per far crescere e valorizzare le potenzialità di ciascun alunno, ha coinvolto sin da subito le famiglie, che hanno espresso inizialmente non poche perplessità e preoccupazioni. Sicuramente le riflessioni provenienti dai lavori di Ferdinando Ciani e dai pionieri della “scuola del gratuito” hanno contribuito a orientare ancora di più le insegnanti verso il loro lavoro di ricerca, finalizzato a rispondere alle domande:

  • Di fronte all’azione dell’alunno che si muove «in conformità al desiderio che lo abita» (Lacan, 2008), com’è possibile rilevare il risultato del suo investimento e quantificarlo in un voto?
  • Come si può impostare una scuola basata sulla personalizzazione degli apprendimenti che però esclude anche una valutazione personalizzata?
  • Come coinvolgere le famiglie nel supportare il percorso di miglioramento di quell’alunno specifico, unico e irripetibile, che non può essere uguale a nessun altro?

 

I primi passi incerti sono stati tentativi diversi per trovare le forme che potessero sostituire i numeri con una relazione più diretta ed empatica con gli alunni e con le loro famiglie: lettere incrociate delle maestre agli alunni e ai loro genitori, incontri a tre (maestre/bambini/genitori), corrispondenze scritte individuali e semplici commenti lasciati in itinere; il tutto per bypassare i voti, affidati a un iniziale patto educativo tra adulti che però le famiglie faticavano a rispettare.

Gradualmente, è sorta l’esigenza di dare spessore pedagogico e didattico alle scelte effettuate ed effettuabili dalla scuola, ed è partito il lavoro di ricerca che ha poi permesso di stimolare la direzione ancora oggi perseguita. Da «professionisti riflessivi» (Schon, 1993) che ragionano sulle proprie pratiche, è stato necessario con le insegnanti approfondire il significato di valutazione per scoprirlo non disgiunto dai momenti della progettazione e dell’offerta formativa; ciò ha permesso di dare il via alla costruzione di una cultura di scuola capace di tradursi in «apprendimento organizzativo», il quale trasforma esperienze, riflessioni e scoperte di ciascuno in «patrimonio comune dell’intera organizzazione, codificandolo in norme, valori, metafore, mappe mentali in base alle quali ciascuno agisce» (Argyris & Schon, 1998).

Il seminario, organizzato nel giugno 2019, dal significativo titolo Fa quel che può, quel che non può non fa (il riferimento è al Maestro Alberto Manzi, che nel 1981 aveva utilizzato la frase per timbrare allo stesso modo tutte le pagelle dei suoi alunni), è stato la prima occasione per un confronto allargato con altre realtà scolastiche per «dire no alla legge dei voti» (Recalcati, 2019) e consolidare consapevolmente la scelta della scuola.

A piccoli progressivi passi, superando tutti gli ostacoli, si è passati dalla «monarchia assoluta» dell’insegnante dispensatore di numeri alla «democrazia partecipativa» (Corsini, 2023) degli strumenti di autovalutazione che sviluppano consapevolezza meta-cognitiva.

Lo sfondo integratore

Molte sono state le voci che la scuola ha ascoltato per promuovere la valutazione formativa oggi acquisita e assunta da tutti i documenti ministeriali (D.Lgs. 62/2017), “formativa” non in quanto atto conclusivo che si limita a tener conto dei risultati e dei processi, ma perché direttamente innestata sulle strategie cognitive e meta-cognitive utilizzate in itinere dall’alunno e strettamente correlata, anche per il docente, alla regolazione del proprio insegnamento.

Già la distinzione di Mario Castoldi (2009) tra una logica di controllo, centrata sulla valutazione dell’apprendimento, e una logica di sviluppo, proiettata invece su una valutazione per l’apprendimento, ha permesso di mettere a fuoco la stretta correlazione tra insegnamento e apprendimento inteso come «azione complessa che richiede all’allievo consapevolezza del senso del percorso proposto, […] che implica attivazione delle sue mappe cognitive, […] gestione delle proprie emozioni, orientamento della volontà, capacità di riflessione ed autoregolazione dei processi e dei risultati» (Castoldi & Martini, 2011).

Pier Cesare Rivoltella (2013) parla di «valutazione diffusa» in quanto basata su compiti direttamente innestati sull’attività ordinaria e assegnati in itinere dallo stesso insegnante, che funziona da “provocatore” di apprendimento; Hadji (2017) definisce la valutazione una “relazione d’aiuto» che si basa sulla descrizione della competenza acquisita e permette allo studente, come al docente e alle famiglie, di comprendere non solo quanto è stato appreso, ma anche di individuare i possibili ostacoli da superare per attivare un miglioramento.

Gli studi sulla meta-cognizione come capacità di conoscere e controllare il funzionamento dei propri contenuti mentali (Cornoldi, 1995) sono stati oggetto, soprattutto negli ultimi decenni, di grandi approfondimenti, e hanno messo in luce le enormi potenzialità sottese alle nostre capacità mentali. La nascita di un pensiero consapevole è alla base della conquista di una reale competenza che ognuno di noi è in grado di utilizzare, a scuola come nella vita, solo quando è conscio di possederla. Il pensiero consapevole di ciascuno sembra evolversi e diventare in grado di ristrutturarsi continuamente quando sviluppa una sensibilità non solo riferita al “sapere di sapere”, ma anche in relazione al “sapere di non sapere”; il fatto di rendersi conto che alcune conoscenze non sono ancora possedute, alcuni inciampi rimangono da superare, sembra essere in effetti la spinta motivazionale intrinseca per innescare la ricerca di nuove conoscenze, fino ad arrivare al “piacere di pensare”.

Le vie dell’autovalutazione

Nella scuola “Sacra Famiglia” di Orzinuovi la scelta di bypassare i voti in decimi, declinata in strumenti diversi ogni anno oggetto di miglioramento (lettere agli alunni, manuali descrittivi centrati sul singolo e capaci di andare oltre i livelli introdotti dall’O.M del 4-12-2020, schede di autovalutazione singole o di gruppo, diagrammi proiettivi, colloqui istituzionali con gli alunni, biografie narrative prima e dopo la correzione dei docenti) ha ben presto innescato un processo a spirale capace di incrementare sempre di più il circolo virtuoso dato dallo sviluppo di competenze e dalla consapevolezza che le stesse, una volta acquisite, sono punti di forza che ogni alunno può utilizzare per continuare a crescere. Anche le richieste e i contributi degli stessi alunni per controllare le parti di sé che entrano in gioco nel processo di apprendimento si sono fatti via via più articolati e stringenti. Le insegnanti, convinte che la scuola debba permettere al bambino di esprimersi per ciò che lui stesso desidera, sogna e proietta nel proprio futuro, per come lui stesso si percepisce in qualità di studente, ma anche per l’immagine di sé come persona, hanno lasciato spazio alle domande degli alunni, alle loro proposte, al fine di individuare tutte le dimensioni da prendere in considerazione per riconoscere, gestire e valorizzare le proprie potenzialità attraverso l’attivazione dei processi meta-cognitivi di controllo (Cornoldi, 1995):

  • so dirigere la mia attenzione e lavorare in autonomia?
  • affronto le sfide perché penso di farcela?
  • ho fiducia nelle mie capacità?
  • mi impegno al massimo quando le utilizzo?
  • so organizzarmi e scegliere i compagni con cui lavorare?
  • so chiedere aiuto quando sono in difficoltà?
  • so assumermi le mie responsabilità?

 

Recitano le Indicazioni Nazionali per il curricolo 2012: «Fin dai primi anni la scuola promuove un percorso di attività nel quale ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppare al meglio le inclinazioni, esprimere le curiosità, […] assumere sempre maggiore consapevolezza di sé, avviarsi a costruire un proprio progetto di vita».

L’attenzione al progetto di vita di ciascuno è diventato, pertanto, il punto focale per l’apertura, da parte della scuola, di due diverse vie di declinazione dell’autovalutazione. 

Prima via: la riflessione auto-valutativa riferita ai traguardi formativi acquisiti (le conoscenze di tipo dichiarativo e procedurale) che risponde alle domande: come vado in matematica? Come sono migliorato nell’abilità di studiare e di esporre ciò che ho studiato? Come so pianificare un testo scritto?

Per alimentare questo tipo di riflessione sono state utilizzate le rubriche disciplinari già messe a punto dalla scuola, rese “accessibili” a livello bambino; per ogni indicatore sono state definite le domande da farsi per capire se è stato raggiunto il traguardo previsto. In questo modo, a conclusione di ogni singola esperienza didattica, anche gli alunni possono comprendere se ce l’hanno fatta e, a seguito della valutazione espressa dalle insegnanti, possono discutere con loro le cause dell’insuccesso o del successo raggiunto e ipotizzare insieme le strategie per puntare al miglioramento.

Seconda via: l’autovalutazione riguarda in questo caso la sfera del sé che rinvia all’immagine che ognuno ha di sé stesso e a ciò che vuole diventare, al suo senso di auto-efficacia, alle idee sul proprio sé reale e sé ideale, agli stili motivazionali adattivi o disadattivi, alla consapevolezza del funzionamento della propria mente, al proprio stile attribuzionale. In questo caso gli strumenti costruiti fanno riferimento alle teorie sulle convinzioni e immagini di sé in base alle quali ciascuno organizza il proprio mondo e attribuisce significato alle proprie esperienze, con conseguenze fondamentali anche per l’apprendimento (esempio in tabella 1).

ASPETTO DEL SÉ TEORIA DI RIFERIMENTO STRUMENTO
 

Approccio al compito

Th di attribuzione delle cause (Weiner) Griglia per analisi successo/ insuccesso
Th della motivazione (Atkinson, Dweck) Cosa mi muove?
Orientamento all’apprendimento (Watkins) Perché lavoro?
Autostima Studi di Craighead e al. Questionario sui diversi sé
Modi di imparare Th Stile di pensiero (Stenberg) A chi assomiglio?
Th Stili di apprendimento (Cornoldi e al.) Questionario su come imparo

 

Le due vie sono strettamente intrecciate, ma si influenzano a vicenda e concorrono alla maturazione complessiva della persona, di qualsiasi persona, con tutte le sue specificità. In coerenza con l’approccio bio-psico-sociale assunto dall’ICF (OMS 2001), la scuola aiuta l’alunno a eliminare le barriere che ne ostacolano lo sviluppo introducendo le facilitazioni che ne favoriscono la crescita e ne promuovono il benessere, assicurando a ciascuno un processo di apprendimento inclusivo e necessariamente personalizzato.

Naturalmente, nella condivisione di un sistema di valutazione centrato sull’attribuzione di valore per le conquiste degli alunni, cambia decisamente il modo di fare scuola, anche perché i feedback che arrivano dagli alunni e dalle famiglie vengono assunti dai docenti per ragionare sulle proprie pratiche riadattandole ai bisogni emotivi, cognitivi e sociali degli alunni.

Così in aula viene dato spazio al lavoro cooperativo dei gruppi, alle esperienze fatte con le mani e con il corpo capaci di lasciare le “tracce significative” anche emotive che aiutano a crescere, ai momenti di riflessione comune per focalizzare “ciò che ci portiamo a casa oggi e che ci è utile anche nel fuori”, ai planning settimanali per imparare a gestire i tempi dello studio a scuola, ma anche a casa.

E i genitori?

Quest’anno anche i genitori delle classi quinte sono stati chiamati a valutare l’esperienza vissuta a scuola dai propri figli con la valutazione “senza voti”.

A conclusione del percorso le docenti hanno predisposto un questionario centrato sulla percezione di efficacia della valutazione descrittiva, sull’acquisizione della capacità organizzativa degli alunni nella gestione degli adempimenti scolastici, sulla valorizzazione dei loro talenti, sulla consapevolezza acquisita dagli stessi nell’autovalutazione sia delle competenze disciplinari sia della percezione di sé in funzione emotiva, motivazionale e sociale.

I genitori, gli stessi genitori che cinque anni prima si erano espressi con preoccupazione e diffidenza, alcuni anzi proprio contrari, oggi rispondono a raffica evidenziando di aver scoperto che il /la proprio/a figlio/a:

  • è migliorato ragionando sui propri sbagli;
  • ha imparato a gestire le proprie emozioni;
  • si è sentito compreso e valorizzato;
  • ha preso coscienza di sé ed è riuscito a contenersi;
  • si sa autogestire;
  • ha sviluppato capacità di fare autocritica;
  • sa capire dove ha sbagliato ed esprime i propri sentimenti;
  • ha saputo essere sempre presente per i suoi compagni;
  • ha compiuto una lenta, ma consapevole maturazione nella gestione del proprio tempo e delle proprie energie;
  • ha acquisito un metodo proprio per studiare;
  • ha capito che imparare serve a lui stesso;
  • ha scoperto che gli piace studiare;
  • soprattutto, ha iniziato a chiedersi/ricordarsi da solo quali fossero le cose da fare senza essere incalzato, è diventato responsabile.

 

Ci piace il tifo dei genitori nel sostenere le conquiste emotive, scolastiche e sociali dei loro figli, nel valorizzare il loro entusiasmo e il loro impegno per far emergere ciò che di bello hanno scoperto di sé; è anche il tifo della scuola che evidenzia a priori, come sostiene Biesta (2022), tutta la sua fiducia nel chiedere allo studente “ciò che ancora non è visibile nel presente”, ma che, proprio per questo, non è per nulla impossibile.

Ultimi sviluppi

L’esperienza sta continuando nella scuola di Orzinuovi coinvolgendo, come sempre, tutte le classi della primaria, ma contaminando con il processo di autovalutazione anche la scuola secondaria di primo grado che, non potendo eliminare del tutto i voti, ha costruito il proprio sistema di valutazione sulla corrispondenza tra i voti e la descrizione dei traguardi disciplinari e accompagna tutte le attività degli alunni con strumenti di autovalutazione/riflessione.

Dopo alcuni momenti formativi di presentazione delle pratiche valutative di Orzinuovi, da settembre del prossimo anno scolastico anche la scuola primaria di Martinengo (l’altra scuola della stessa Congregazione della Sacra Famiglia) ha deciso di mettersi in gioco per dare spazio alle parole degli alunni impostando, anche qui, un sistema di valutazione e di organizzazione didattica puntato sul piacere di imparare e sulla promozione dell’uso consapevole delle proprie potenzialità.

Il guadagno formativo, partito dalla riflessione di un plesso, si è tradotto in “cultura delle regole” per tutta una scuola che di fatto cambia strumenti, procedure professionali e norme codificate per dare senso alle azioni professionali dei docenti sia nel lavoro d’aula che nello sfondo educativo che le ispira.

Come ci ricorda Bertagna (2004), «la valutazione, nelle sue varie forme, se intende rimanere educativa, è un processo, non uno stato; un percorso, non un traguardo; un passaggio, non un luogo; in questo senso non è un momento separato dal processo educativo […] ma una modalità costante del suo svolgersi».

Per questo noi continueremo a interrogarci, insieme alle famiglie, per sintonizzare le offerte della scuola ai bisogni di crescita consapevole degli studenti.


Riferimenti bibliografici

C. Argyris, A. Donald, Apprendimento organizzativo. Teoria, metodo e pratiche, Guerini e Associati, Milano 1998.
G. Bertagna, Valutare tutti, valutare ciascuno. Una prospettiva pedagogica, La Scuola Editrice, Brescia 2004.
G.J.J. Biesta, Riscoprire l’insegnamento, Raffaello Cortina Editore, Milano 2022.
M. Castoldi, Valutare le competenze. Percorsi e strumenti, Carocci, Roma 2009.
M. Castoldi, M. Martini, Verso le competenze: una bussola per la scuola, FrancoAngeli, Milano 2011
F.M. Ciani, Vi insegno a prendere il volo, Sempre Editore, Rimini 2017.
F.M. Ciani, A scuola senza profitto, Sempre Editore, Rimini 2008.
F.M. Ciani, Pedagogia della gratuità. Un cammino verso la felicità, Sempre Editore, Rimini 2021.
C. Cornoldi, Metacognizione e apprendimento, Il Mulino, Bologna 1995.
J. Lacan, Il Seminario. Libro VII. L’etica della psicoanalisi (1959-60), Piccola Biblioteca Ei-naudi, Torino 2008.
C. Corsini, La valutazione che educa, FrancoAngeli, Milano 2023.
C. Hadji, La valutazione delle azioni educative, ELS La Scuola, Brescia 2017.
M. Nussbaum, Non per profitto, Il Mulino, Bologna 2011.
M. Recalcati, Dico no alla legge dei voti, in «la Repubblica», 13/06/2017.
P.C. Rivoltella, Fare didattica con gli EAS. Episodi di Apprendimento Situato, La Scuola, Brescia 2013.
D. Schon, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993.
OMS, Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, 2001.
MIUR, Linee Guida per la Certificazione delle competenze (D.M. 742/2017).
MIUR, Indicazioni Nazionali per il curricolo, 2012.

Condividi:

Luciana Ferraboschi

già dirigente scolastica nella scuola statale e formatrice, è da alcuni anni coordinatrice didattica ed educativa delle scuole paritarie della “Sacra Famiglia” di Orzinuovi (BS) e di Martinengo (BG).
Come Dirigente scolastica ha avuto incarichi di formazione e conduzione di progetti nazionali e regionali riferiti alla Scuola dell’infanzia, alla disabilità, alla diffusione delle Indicazioni Nazionali.
Ha partecipato a diversi convegni nazionali della Erickson presentando lavori di ricerca poi pubblicati presso la stessa Casa editrice.
È docente a contratto presso l’Università Cattolica di Brescia, di Milano e Piacenza per l’insegnamento di didattica e pedagogia speciale all’interno dei corsi Cas/sostegno.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it