Connessione senza fili

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“Per italiano invece non so esattamente come incastrare esattamente Bertold Brecht… se riesce a darmi qualche consiglio mi farebbe molto comodo”, mi confessa candidamente M. via posta elettronica, in quella pallida imitazione di classe rovesciata (flipped classroom per i cultori del pensiero pedagogico unico) che abbiamo organizzato durante l’anno e che ora – è tempo di esami, è stagione di “tesine” – è particolarmente attiva.

L’argomento scelto dal mio allievo è “il Muro di Berlino”, come mi ha annunciato mesi fa con grande compiacimento e come mi ripete ogni volta che gli chiedo di precisare meglio che cosa intenda, quali siano le ragioni della scelta e come abbia in mente di articolare la sua esposizione. Con “Italiano” intende riferirsi alla prospettiva letteraria, con il fantastico “incastrare” alla necessità di trovare una connessione logica e culturale.
Siamo nel campo dei famigerati “collegamenti”, quelli che terrorizzano gli studenti e in buona misura anche gli insegnanti e che spesso trovano soluzione in legami soltanto associativi, anche unicamente di tipo lessicale.
L’iterazione di “esattamente”, poi, la dice lunga non tanto sulle conoscenze di M. in ordine alle figure retoriche, quanto piuttosto sull’urgenza della sua domanda, che più in generale è una richiesta di concretezza, che coinvolge i suoi compagni, non solo lui, anche se il già citato “incastrare” potrebbe forse assumere un’ulteriore connotazione in questo senso.
E pensare che lavoriamo alle “tesine” da settembre! E pensare che, ancora pochi giorni fa, ho pubblicato quanto segue nel nostro gruppo chiuso su Facebook:

“1. Non serve a niente che accumuliate roba scopiazzata da Internet un foglio dopo l’altro, senza citare correttamente la fonte.

2. La fonte deve essere qualificata, non spazzatura culturale. Ve l’ho detto la prima volta a settembre 2013.

3. Si deve indicare il nome del sito e non l’url. E la fonte va indicata dove si scrivono la citazione (copia-e-incolla, ma con le virgolette) o la parafrasi, non in fondo a tutto. Non me ne importa nulla di cosa vi sia stato detto. Si fa così. E basta.

4. Ci vuole uno schema. Oppure una scaletta. O quello che volete. Ma con un filo conduttore esplicito. I pezzi sparsi non servono a niente. E si fa PRIMA di accumulare il materiale di merito. E non dopo.

5. Non dovete collegare “materie”, ma argomenti appartenenti al campo di conoscenza di una o più materie.

6. I collegamenti devono essere espliciti. E non possono essere “poi”.

7. Dovete usare immagini di cui avete i diritti.

8. Dovere scrivere una didascalia per le immagini che usate. Evitate immagini inutili, di solo ornamento.

9. Per storia e per letteratura NON potete usare Wikipedia: è solo divulgazione. E voi storia e letteratura le studiate a scuola. Potete usare Wikipedia per filosofia, che NON studiate. QUI vale la divulgazione. Ricordatevi che ci sono i libri, e le biblioteche per prenderli senza pagare. Non potete pretendere di fare un lavoro serio solo con Internet. E in fretta.

10. Potere usare la zona “Treccani per le tesine”, ma solo come punto di partenza per un ulteriore approfondimento qualificato.

11. Non potete solo citare genericamente un autore o la trama di un testo. Dovete citare un esempio della sua produzione originale, commentandolo in base a quello che sapete di tematiche e scelte espressive. Il collegamento è fisso: per quale cavolo di motivo li citate (l’autore e il suo testo) in rapporto al vostro tema globale?

12. Dovete sintetizzare il vostro approfondimento. Avrete più o meno 20 minuti. Sono circa 3′ e 20′ per materia. Non potete sbrodolare.

Scusate la brutalità, ma siamo ancora in tempo per evitare figuracce”.


Incurante del “dodecalogo”, che per altro ripete raccomandazioni fornite più e più volte, M. preferisce imitare un modello, chiaro e concreto perché sottoposto ai sensi e non alla riflessione. Quello che ha visto materializzarsi più volte: alla commissione si consegna un fascicolo di fogli A4, rilegato con una stecca di plastica, stampato una volta a colori, riprodotto con fotocopie in bianco e nero, composto di testi e di immagini reperiti il più rapidamente possibile in rete, su pagine WEB sciattamente elencate nell’ultima pagina sotto forma di semplici URL, e recitato più o meno a memoria, in genere con un affanno e una meccanicità che le menti ingenue degli studenti attribuiscono all’emozione del momento. Del resto, perfino il Superiore Ministero si ostina romanticamente a chiamare “Maturità” l’esame di Stato.
Nei casi particolarmente fortunati il presidente permetterà al candidato di tenere la sua copia in mano e di darle una sbirciata ogni tanto.
Salvo poi costellare il tutto di “praticamente”, inconsapevoli confessioni della debolezza e della limitatezza della propria esposizione.

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Marco Guastavigna

Insegnante nella scuola secondaria di secondo grado e formatore. Tiene traccia della sua attività intellettuale in www.noiosito.it.

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