«Bambina tra le amazzoni»: Giulia Caminito e le sue Amatissime

Tempo di lettura stimato: 7 minuti
Il nuovo libro di Caminito ricostruisce le vicende biografiche e letterarie di Morante, Masino, Ginzburg, Bonanni e De Stefani, ponendosi sulle loro variegate scie di scrittrici e maestre.

 

Qualcuna, qualcuno saluterebbe le cinque scrittrici a cui è dedicato Amatissime di Giulia Caminito (Giulio Perrone, in uscita venerdì 28 ottobre) soltanto con il nome proprio (non si dica «di battesimo», non expedit): Elsa, Paola, Natalia, Laudomia, Livia. Nomi che rimangono impressi nella memoria, biblici o mitologici, letterari o storici, nomi che ci suonano più o meno familiari, a cui si dovrebbe aggiungere quello di Giulia. Oppure si ricorrerebbe ai loro cognomi, accompagnati dall’articolo la: la Morante, la Masino, la Ginzburg (l’unico caso in cui forse avrebbe un senso, per distinguerla da «il» Ginzburg, Leone e poi Carlo e Andrea), la Bonanni, la De Stefani. Oppure ancora alcune di loro potrebbero essere ricordate in quanto «compagne di»: Elsa Morante di Alberto Moravia; Paola Masino di Massimo Bontempelli; Natalia Levi di Leone Ginzburg e poi di Gabriele Baldini. Da tutte queste possibilità – non così inattuali, ahinoi – rifugge Amatissime: l’affetto verso le cinque, l’identificazione, la gioia orgogliosa di averne curato gli scritti non fanno mai perdere di vista, a Giulia Caminito, la necessità di riconsiderarle in tutta la loro complessità, nelle luci e ombre della loro vicenda storica, senza canonizzazioni nazionalistiche in nome del riscatto dall’oblio (non sarà un caso che una precoce Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 sia uscita sotto il fascismo, nel 1930, a cura di Jolanda De Blasi, un’autrice scomoda anche lei da riscoprire).

Giulia Caminito fa un’operazione diversa, ragionata anziché raffazzonata tanto per fare numero e arricchire elenchi di donne fuori dagli schemi (sulla stessa linea si vedano le sue Donne d’America). Pone infatti queste madri letterarie, sue e che dovrebbero diventare nostre, in un percorso in cui riflette sul proprio io di scrittrice (lasciamo l’aggettivo «giovane» a più pedestri commenti) ma anche di redattrice, curatrice di edizioni volte a rimettere in circolazione nomi e opere sepolte sotto altri titoli oppure banalmente dimenticate, per pigrizia, per conformismo, per viltà. Un percorso reso non facile dalle dogane che si fregiano di riconoscere il presunto unico passaporto di accesso alla repubblica letteraria, come Caminito stessa confessa:

Non riuscii a pubblicarle, non tutte, non con successo, non senza far arrabbiare più di una studiosa – ma come arrivi tu, l’ultima delle ultime, questa Caminito, e pensi di fare le cose, pensi di sapere come si fanno? Ero una bambina tra le amazzoni e trovavo solo misteri, stanze vuote. Le scrittrici erano difficili da tirar fuori dal loro baule, la loro soffitta umida, lo spazio delle muffe. C’era ancora intorno un mondo per loro? Cosa volevo dimostrare? (p. 114)

Inizialmente in maniera confusa, catalogatoria, com’è forse tipico di chi scopre un tesoro e vuole valutarne il pregio, farne l’inventario, quindi con metodo affinato sul campo, nella sala Falqui della Biblioteca Nazionale di Roma e a contatto con eredi e conoscenti, la «bambina» non diventa tanto «amazzone» a sua volta, ma sale sulla cavalcatura delle antenate e impara a guardare con occhi diversi, restando umana.

Ecco che Elsa Morante, con il suo ombrello puntuto e minaccioso, conduce la piccola Giulia verso la letteratura, senza però rivelarsi mai nel suo «grande arcano» (p. 22) – «mistero» è una sensazione ricorrente per l’autrice di Amatissime. La vita trascorsa da Morante nel quartiere romano di Testaccio si sovrappone a quella di Caminito, la trasfigura come lo sguardo di Arturo aveva trasfigurato Procida. Le coincidenze casuali tra le due diventano segnali, profezie interpretate post eventum ma non per questo meno credibili: lo studio dell’analista vicino alla casa di Morante e la comune anemia, e in seguito il gusto per la moda e i cambi d’abito di Paola Masino (stupende le pagine sui colori: il bianco, il rosso e soprattutto il nero), il giardino con la vasca in cui si accoccola una pensierosa Natalia Levi, il bruxismo o Stridor di denti del romanzo di Laudomia Bonanni, fino a un vero e proprio intrecciarsi di vita e pagina nell’esame dell’archivio di Livia De Stefani, che anche grazie a Caminito avrà una collocazione e quindi possibilità di essere studiato, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma.

Livia De Stefani

Nel corso del racconto, infatti, le due parallele del passato e del presente si avvicinano fin quasi a coincidere, a fare di Amatissime ora un romanzo storico-biografico, ora un memoriale, ora un saggio critico. Su quest’ultimo punto si veda l’analisi della poesia Memoria di Ginzburg, struggente, della sequenza metamorfica dei romanzi di Bonanni o dell’immagine del giardino, ricorrente nella vita e nell’opera delle scrittrici come luogo di riposo e riparo, di isolamento dagli sguardi e dai giudizi maschili, di ricerca di emancipazione, quantomeno letteraria. Il giardino, che saremmo portati a far risalire a quello incontaminato dell’Eden, alla «Valle delle donne» del Decameron o all’«orto chiuso» di Digitale purpurea, perde le connotazioni artificiosamente estetiche o moralistiche per diventare uno spazio di sé e per sé, prima del ritorno, con nuove consapevolezze, nei più comuni abitati, nei centri urbani come Roma, con il «clima vibrante, collettivo» del secondo dopoguerra (p. 76). bell hooks direbbe «from margin to center», cioè, parafrasando, dal cortile e dalla casa alla città, dai tavoli domestici alle scrivanie delle redazioni, dalle bambole di pezza ai salotti e ai premi letterari, dalle isole al continente.

Insieme con le quinque mulieres sono citate molte altre autrici, tanto che, nelle pagine finali, si sente il bisogno di un indice analitico: Maria Bellonci, l’amante dei gioielli matrona del Premio Strega e degli Amici della Domenica grazie alla quale tante scrittrici sono giunte alla ribalta; e (in ordine sparso) Contessa Lara, Anna Maria Ortese, Clelia Pellicano, Marise Ferro, Alba de Céspedes, Renata Viganò, Anna (Anne) Frank, Lalla Romano, Elena Ferrante, Sandra Petrignani, precorritrice del genere Amatissime con le sue Signore della scrittura, La corsara e Lessico femminile. E sono citati gli uomini, i familiari, gli amici e gli amanti, gli autori e i critici sotto la cui ala di recensori sono ancora ricordate alcune di loro: Cesare Garboli, Giacomo Debenedetti, Eugenio Montale, Ignazio Silone, Luigi Pirandello. Infine gli editori e i colleghi, i Pavese e gli Einaudi, i Mondadori, i Bompiani, al centro di dinamiche di appropriazione, sollecitazione o rifiuto, pretese e rinunce capaci di far sprofondare nel silenzio, di far inaridire la penna se non anche di far perdere la salute.

Elsa Morante e Maria Bellonci al Premio Strega del 1957, vinto dalla prima con L’isola di Arturo.

Si compone così un quadro multiforme, in cui il famigerato soffitto di cristallo si forma, ispessisce, quindi incrina e frantuma. Adesso sappiamo chi e come ha costruito la scala per raggiungerlo, i nomi e cognomi, i parti letterari della fantasia mai disgiunta dalla tenacia, benché talvolta le scelte delle costruttrici paiano in contrasto con le nostre attese (la scelta delle apposizioni al maschile, la diffidenza verso i movimenti d’opinione progressisti, gli impegni familiari soverchianti, un’interpretazione eterodossa di resistenti e fascisti). E sappiamo anche che ci sono stati e sono carpentieri e carpentiere che quella scala hanno salvato dai tarli e dall’usura, con altrettanta perseveranza e passione: Giulia Caminito è una di loro, anzi di entrambe le categorie. La sesta, come Dante nella «bella scola», «tra cotanto senno». Amatissima.

Condividi:

Johnny L. Bertolio

Si è diplomato alla Scuola Normale Superiore di Pisa e ha conseguito il PhD alla University of Toronto, dove ha maturato una variegata esperienza nella didattica dell’italiano. Attualmente collabora con Loescher come autore e redattore nell’ambito umanistico.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it