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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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Fine anno, tempo di valutazioni. Si valutano i risultati degli alunni, si valutano i successi e gli insuccessi degli insegnanti. Anche senza volerlo si finisce prima o poi per valutare il sistema. LEGGI
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Nel Manifesto del nuovo realismo il filosofo Maurizio Ferraris accusa il postmoderno di aver portato con sé, nei suoi esiti, un populismo mediatico nel quale si è preteso di far credere qualsiasi cosa, quando se n’è avuto il potere. LEGGI
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Nelle scorse due settimane mi sono dedicato al tema: “un oggetto artistico è qualcosa che piace?”. Prima me ne sono occupato direttamente, poi attraverso il parere autorevole di Tiziana Andina. Oggi vorrei concludere la trilogia dando conto dell’esperienza didattica che nei mesi scorsi ho organizzato su questo tema e che ha coinvolto quattro classi di due istituti friulani. LEGGI
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Chi entrerebbe in un museo sapendo che le opere ivi esposte per unanime consenso non sono belle? Chi comprerebbe un quadro perché non è bello? Per contro, la bellezza dell’opera è motivo di interesse e l’apprezzamento estetico costituisce un canone classico di giustificazione della critica. LEGGI
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La misologia, alla lettera «odio verso la ragione», è una malattia che colpisce talvolta coloro che si dedicano alla filosofia. Chi ne è affetto farebbe bene a riandare a quella miniera di saggezza e umanità che è il Fedone di Platone. LEGGI
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In un gruppo sociale chi deve decidere? Si tratta di uno dei problemi tra il sociale e il politico più intriganti. La soluzione di Rousseau è una delle opzioni teoriche più note: “Ciascuno di noi mette in comune la sua persona e tutto il suo potere sotto la suprema direzione della volontà generale”. LEGGI
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Mi ha dato molto da pensare Claudio Giunta, quando spiega cosa ha spinto verso l’attuale modo di proporre la traccia d’italiano all’esame di Stato: “invitare gli studenti a scrivere quello che pensano di cose difficili come la letteratura o la democrazia o la pena di morte è un rischio, perché incoraggia il dilettantismo e la retorica dei pensierini: meglio glossare le opinioni di altri” (Il Sole 24Ore - 10.02.2013). LEGGI

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