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Autore

Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

Mentre che vi siano nativi digitali è alquanto controverso, è stato invece di recente pubblicato un interessante lavoro che getta una prima luce sull’impatto che possono avere le nuove tecnologie sui nonni digitali.
Nell’articolo di fondo uscito sul Corriere della Sera del 10 settembre 2013, Biopsia dei mali italiani, Antonio Polito avanza una serie di considerazioni amare sulla scuola, sul suo modo di valutare e sul sistema di valutazione che la misura. Mi pare che, come molti, Polito sia vittima di una serie di abbagli. Proverò a spiegare il perché.
Sally Haslanger, docente di filosofia al MIT, racconta che la sua risposta di essere una filosofa, alla richiesta su che lavoro facesse, suscitava ilarità. Una volta, alla sua richieste delle ragioni di quel riso, si sentì rispondere: “Penso ai filosofi come a uomini vecchi con la barba, e tu di sicuro non sei così! Sei troppo giovane e attraente per essere un filosofo”.
Alcune considerazioni in merito all’articolo di Elena Ugolini, uscito sul Corriere della Sera del 2 settembre, “Ma è giusto punire le classi dove ci sono studenti più bravi?”.
Quando si parla di scuola, ormai sempre più spesso, le espressioni usate inclinano al dramma. L’allarmismo sta diventando così ordinario che si rischia di non poter più destare alcun senso di urgenza.
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Attraverso le Romanae Disputationes si intende offrire una occasione per innovare il modo tradizionale di studiare filosofia, proponendo un approccio tematico e non soltanto storico.

"Il Topolino tutto legge-e-ordine è nato ribelle: non solo un burlador campagnolo, ma un ostinato dissenziente capace di battersi contro ogni forma di prevaricazione, anche se l’esito non è affatto scontato e la vittoria non è sempre dietro la porta”.

Mi piacerebbe lanciare un gioco, del resto è il momento dell’anno migliore per le sfide proposte con leggerezza eppure pensose, come quando si gioca a scacchi con un amico o ci si cimenta in una partita a bridge.
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Non essere cortesi non significa essere scortesi, essere maleducati. Tra la cortesia e la scortesia vi è una zona neutra, una terra di nessuno in cui si può abitare e anzi molti vi dimorano, se non proprio stanziali, almeno di frequente.
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In generale, si è notato che le parole dell’ambito della cortesia sarebbero meno usate di un tempo, mentre lo sarebbero di più quelle di una società individualista, competitiva e poco educata.

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