
Parigi. Un ragazzo italiano che finge di fare l’università e sogna di scrivere sceneggiature si aggira, ombroso e fuori fuoco, per un mercatino di Natale, quando si imbatte nello sguardo di una ragazza che lo osserva da uno specchio con occhi di malachite. Sempre a Parigi, davanti a una galleria del Marais, un ragazzo italiano e una lanciatissima artista dai capelli rossi berranno una coppa di champagne dopo l’altra, guardandosi senza parlare. Questa è la loro storia.
Davos. Un ragazzo italiano innamorato e una giovane anarchica idealista incrociano dal finestrino di un NCC che lascia il World Economic Forum i volti luminosi di bellezza – e denaro – delle due persone che stavano disperatamente cercando. Ed è a Venezia che un ragazzo italiano stanco e una giovane anarchica in attesa di un figlio scambieranno le proprie costose maschere di Carnevale con gli abiti comuni degli studenti che bevono in campo san Polo o santa Margherita. Questa è la loro storia.
Deserto di Atacama, Cile. Un ragazzo italiano che sembra capace di prendere vita solo grazie alle donne di cui si innamora incontra un giovane criptomilionario, che potrebbe essere il suo più grande rivale e invece diventa subito qualcosa di completamente diverso. Finché a Berlino la storia di questo legame tra maschi – tra maschi che potrebbero essere la stessa persona e invece non lo sono, perché i soldi sballano qualsiasi equilibrio – giungerà al suo termine fatale. Questa è anche la loro storia.
A tenere insieme il duplicarsi delle relazioni è Martino, il detective sonnambulo che racconta, a due anni di distanza, le avventure che gli sono accadute e che l’hanno portato da Parigi – la città dove si aggirava inconcludente e fuori fuoco – a intraprendere un viaggio prima alla ricerca di Johanna, la misteriosa e formidabile ragazza di cui è innamorato, e poi, grazie all’incontro con un implausibile mentore (un milionario che si chiama Mirko ma si fa chiamare Manfredi), a cercare il suo posto e il suo ruolo, all’interno di un gruppo di persone bizzarro ma benintenzionato, e più in generale in un mondo che non capisce e nel quale si muove frastornato e, appunto, come sonnambulo. Affiancato da un’alleata solida e idealista, Tanya, Martino attraversa le stazioni della contemporaneità e i chakra del potere, trascinato suo malgrado a riflettere sul male, su come porvi rimedio, su quali opzioni siano percorribili – tanto, Manfredi ha i mezzi per provarle tutte.
L’inizio del romanzo è novecentesco e, dal punto di vista letterario, familiare. Il titolo rimanda naturalmente a Roberto Bolaño, un autore di riferimento per Santoni, ai Detective selvaggi dai quali prende spunto il titolo – ma anche il protagonista, un ragazzo genuino e puro, così simile a García Madero. Gli amici di Johanna che ciondolano al Maréchal sono la copia annacquata degli amici di Horacio nella Parigi di Rayuela, così come è novecentesca la storia d’amore tra Martino e Johanna dai capelli di fuoco. Ancora, ben nota è la zona in cui si svolgono la ricerca di una Johanna scomparsa e l’incontro con Tanya – generosa e ruvida quanto Johanna è ambiziosa e ammaliatrice –, ma appena entra in scena Manfredi, annunciato dalle sue donazioni (cioè dai suoi soldi), il libro schizza in zone più friabili e opache.

Divertente, snodato, rumoroso e vivace, il nuovo romanzo di Vanni Santoni è una commedia che nasconde, nella disinvoltura del racconto, un’inquietudine dolorosa. La grandiosità dei progetti di Manfredi – e di quelli che Johanna e Tanya portano avanti grazie ai soldi di lui – si mischiano all’orrore e alle ingiustizie a cui vorrebbero porre rimedio, e non sembra esserci soluzione di continuità tra problema e soluzione, perché i soldi di Manfredi, il suo tenore di vita, il potere che incarna sono osceni nella loro consustanzialità al sistema. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago…, diceva qualcuno. E infatti il ricchissimo Manfredi – colui che vuole curare la malattia di cui è causa – ne ha un’oscura consapevolezza. Non ce l’hanno invece Johanna, che oppone al male la forza paradossale dell’arte, né Tanya, che propone l’assiduità di azioni dirette e boicottaggi: un agire valido ma tarato in partenza, almeno finché hanno vicino Manfredi, almeno finché restano persone che in qualche modo sono state comprate.
Il detective sonnambulo è una riflessione morale che turba perché solleva domande alle quali i personaggi rispondono con la contraddittorietà del loro stile di vita. I loro progetti funzionano in sé, ma sono vani rispetto all’osceno che urla dai «luoghi mostruosi della nostra epoca»: dal grattacielo-lager di 26 piani di Ezhou, un allevamento intensivo di maiali con 650 mila posti; dalla Billy Stockholm, la chiatta per migranti che fino a qualche mese fa ospitava, diciamo così, i richiedenti asilo nel Regno Unito; dalle discariche a cielo aperto nel deserto di Atacama, con le loro 40 mila tonnellate di abiti invenduti gettati dalle aziende di fast fashion.
Mentre le rocambolesche vicende di queste quattro persone variamente intrecciate tra loro si sviluppano un capitolo dopo l’altro, con un tono scanzonato ma una prosa di grande eleganza e la consueta ottima messa a fuoco, non si può non avvertire il rumore lontano della rabbia, rappresentata dai dimostranti che protestano nelle strade di Parigi. Il lancio dei lacrimogeni e i manganelli della polizia sfondano la quarta parete, e la realtà irrompe dalla pagina. Non per niente, da Parigi si parte e a Parigi si torna.
Ringrazio Manuel Di Pinto per il ritratto di Vanni Santoni.
Vanni Santoni
Il detective sonnambulo
Mondadori, Milano 2025
348 pp. 19,50 euro