Promemoria, a due giorni dalla chiusura della consultazione

Tempo di lettura stimato: 16 minuti
Del sostituire la riflessione con la velocità. Partecipazione, validità, ricezione della consultazione sulla Buona scuola. E un appello.

Elena Centemero è la responsabile scuola di Forza Italia. Grande fan della scuola paritaria, è stata una delle prime a plaudire, poco ore dopo la pubblicazione del documento in pdf La Buona scuola di Matteo Renzi, alla proposta del Governo:

Nel mese di luglio Forza Italia ha presentato un patto per la scuola, sono contenta che il presidente Renzi abbia ripreso la nostra idea di un patto educativo, che è cosa diversa da una riforma. All’interno del documento del governo sul patto educativo ci sono una serie di punti che noi condividiamo e abbiamo sempre sostenuto. È stato proprio il governo Berlusconi a istituire per la prima volta il Fondo per il merito per premiare gli insegnanti più capaci. Quindi se si parla di merito e di valutazione delle scuole, ai fini del miglioramento del servizio offerto, noi di Forza Italia non possiamo che essere d’accordo [3 settembre].

Poi Centemero ha cominciato a sollevare alcune questioni; verso la fine di settembre – durante un’intervista a Gilda Tv e relativamente alla previsione di assunzione di 150 mila docenti dalle graduatorie ad esaurimento contenute nella Buona Scuola – propone di sostituire gli scatti di anzianità con gli scatti secondo il merito, prevedendo accuratamente una carriera specifica che sia costituita da figure come docente junior, intermedio e senior (come già da Ddl Aprea). Richiama l’attenzione sui docenti inseriti nelle graduatorie di istituto (non beneficiati dal piano di assunzione del Governo) che sono già al lavoro di poter essere immessi in ruolo:

Dobbiamo dare un occhio alle graduatorie ad esaurimento. Ci sono persone molto brave che hanno fatto i TFA o i PAS che sono nelle graduatorie di istituto che non potranno essere assunti. Questa è un’anomalia che va assolutamente sanata. Dalla altra parte, nelle graduatorie ad esaurimento, abbiamo persone iscritte ma che non hanno mai insegnato, che fanno un altro lavoro. Se l’obiettivo è avere insegnanti preparati bisognerà trovare una mediazione.

Nella stessa occasione sottolinea come manchi al documento del Governo un passaggio fondamentale: attualmente il dirigente scolastico conta solo su un vicario; manca uno staff vero e proprio che lo possa supportare fino al punto di qualificarlo come vero quadro intermedio con poteri rafforzati, una squadra che lo affianchi nelle funzioni differenziate. Anche il dirigente scolastico andrebbe poi valutato e lo si potrebbe fare osservando i risultati raggiunti durante l’anno scolastico. A queste osservazioni la legge di Stabilità, come è noto, ha risposto tagliando gli esoneri e il semiesonero per i collaboratori del dirigente. Si prevede per la fine dell’anno un bando di concorso per dirigente scolastico con modalità identiche a quelle che hanno suscitato critiche e ricorsi nell’ultima tornata contrattuale e spesso messo a dirigere scuole persone prive di esperienza e di adeguatezza. Un controsenso, visto il flop della precedente tornata concorsuale, soprattutto considerando che proprio il documento La Buona Scuola affida ai ds poteri straordinari sulla valutazione del docenti e persino sul loro reclutamento.

Venerdì 24 ottobre Elena Centemero ha presentato la prima interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione sulla presunta trasparenza della consultazione online relativa a La Buona scuola:

CENTEMERO — Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Per sapere, premesso che:
– nel Rapporto «la Buona scuola» presentato al Paese il 3 settembre 2014 è esplicitamente affermato che le proposte in esso contenute sarebbero state oggetto della «più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora»;
la consultazione pubblica è stata effettivamente avviata il 15 settembre 2014, su un sito internet dedicato, omonimo del Rapporto (www.labuonascuola.gov.it) e a cui tutti possono accedere previa registrazione, mentre la conclusione è prevista per il prossimo 15 novembre;
 ad oltre un mese dall’avvio dalla consultazione, secondo informazioni comunicate, in data 20 ottobre 2014, agli utenti registrati, i partecipanti sarebbero solo 60.000, mentre gli accessi sarebbero quasi 500.000. In termini percentuali, anche limitando la platea dei partecipanti ad una popolazione qualificata, quale potrebbe essere quella rappresentata dagli alunni della scuola secondaria, dalle rispettive famiglie, dai docenti e dal personale ATA, che nel suo insieme è di circa 13 milioni di persone, si avrebbe una percentuale di partecipazione poco superiore allo 0,4 per cento. Mentre si tratterebbe di un valore del tutto irrilevante e insignificante, qualora si tenesse conto dell’intera popolazione alla quale la consultazione intende effettivamente fare riferimento;
– 
se tale trend dovesse essere confermato il 15 novembre 2014, giorno di conclusione della consultazione, ci troveremmo davvero di fronte ad un misero risultato. Tutto ciò nonostante la grande mobilitazione dell’apparato del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dei suoi rappresentanti politici, una massiccia operazione mediatica condotta in parallelo anche dall’amministrazione periferica dell’istruzione che ha fatto leva anche sui dirigenti scolastici per orientare la comunità professionale, le famiglie e gli studenti;
– non si può non rilevare la contraddittorietà tra l’asserita trasparenza che avrebbe dovuto caratterizzare tutta l’operazione e quanto realmente è stato fatto. Ad oggi, infatti, non sono noti i nomi di coloro che hanno lavorato al rapporto, né di coloro che trattano ed elaborano le informazioni raccolte, né è dato conoscere il costo del loro lavoro, dei criteri con cui sono stati coinvolti e con quali fondi di bilancio vengono retribuiti;
– 
ancor di più, non si può non rilevare come le stesse modalità di svolgimento della consultazione online siano prive delle più elementari regole di trasparenza. L’utente che partecipa alla consultazione non ha alcun feedback sulla sua partecipazione, non è pubblicamente verificabile l’andamento generale della consultazione, né quello dettagliato riferito alle singole tematiche;
– 
la pubblicazione del questionario appare all’interrogante in palese violazione del Regolamento in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Rientrando, infatti, la consultazione/sondaggio nell’ambito di applicazioni di detto regolamento [«sondaggio d’opinione»: rilevazione campionaria, effettuata tramite questionario, generalmente strutturato, volto a raccogliere informazioni inerenti scelte comportamentali, sentimenti, credenze, valori, opinioni, atteggiamenti, articolo 1, comma 1, lettera d), allegato B alla delibera Agcom n. 101/10/CSP del 10 giugno 2010], esso avrebbe dovuto essere sottoposto alle prescrizione anche metodologiche in esso contenute. Invece non c’è traccia della nota informativa obbligatoria (articolo 4, Reg. Agcom) che avrebbe permesso anche di capire qual è la consistenza numerica dei partecipanti e dei rispondenti a cui la consultazione fa riferimento, nonché il numero o la percentuale dei non rispondenti;
 in particolare, non c’è traccia del documento di cui all’articolo 5 del regolamento Agcom che, tra l’altro, avrebbe permesso di attingere anche ad informazioni quali la popolazione di riferimento; distribuzione geografica partecipanti; rappresentatività; metodo di trattamento delle informazioni; percentuale delle persone che hanno risposto a ciascuna domanda, e quant’altro:

[Per sapere] quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato con riferimento a quanto rappresentato affinché alla consultazione vengano apportati i necessari correttivi che possano renderla trasparente in ogni suo aspetto, anche con riferimento ai risultati quando saranno pubblicati. (4-06585)

A queste inconfutabili richieste, si aggiunge il fatto che da più parti si sottolinea che La Buona scuola di Renzi non avrebbe alcuna rilevanza giuridica: “come si fa – ha chiesto Rino di Meglio, segretario nazionale della Gilda degli Insegnanti – a citare “in un’importante legge dello Stato (la finanziaria) un atto (La Buona Scuola) che giuridicamente non esiste?”. La risposta è che Giuridicamente, la Buona Scuola non ha nemmeno lo status più basso nella gerarchia degli atti ministeriali, quello di circolare.
“La Buona scuola è semplicemente un piano messo in internet e sottoposto all’attenzione del vasto pubblico. Giuridicamente non è nulla perché per essere un atto giuridico dovrebbe perlomeno essere stato approvato dal Consiglio dei ministri. Ma dove, quando? Siamo arrivati a un punto aberrante: una legge dello stato fa riferimento a un piano che non è nulla, che non ha nemmeno lo status più basso nella gerarchia degli atti ministeriali, quello di circolare”.

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Mentre scrivo, continuano ad arrivarmi segnalazioni di mozioni dei collegi dei docenti che esprimono un no netto alla Buona scuola del premier Matteo Renzi. Si tratta per lo più di mozioni argomentate, dense di studio e approfondimento, basate su un’analisi puntuale di quanto inserito nel documento. Tali mozioni verranno presentate il 14 novembre (giorno prima della conclusione della “consultazione”) al Miur dagli Autoconvocati delle Scuole di Roma e dagli studenti che avranno raccolte le più significative, a loro spedite da varie scuole d’Italia. Tra pochissimi giorni (il 15 novembre) le “consultazioni” e l’”ascolto” del Governo sul documento La Buona scuola saranno dunque concluse. Oltre alle dichiarazioni entusiaste di alcuni membri del partito di maggioranza e del Governo (si pensi al sen. Puglisi, la responsabile scuola del PD; o al ministro Giannini, solo per fare due tra i moltissimi esempi), non abbiamo alcuna evidenza concreta su quali saranno gli esiti che il Cineca – l’agenzia che si è occupata del sondaggio online, la stessa responsabile del clamoroso errore nei test per la specializzazione di medicina, qualche settimana fa – vorrà pubblicare. Ma la percentuale di partecipazione inserita nell’interrogazione dell’on. Centemero farebbe ipotizzare un certo esito.

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Intanto leggiamo: “Siamo a conoscenza della consultazione sulla Buona Scuola che premier e sottosegretari stanno promuovendo negli istituti scolastici. Tuttavia è improprio parlare di confronto, perché a quanto pare si tratta di incontri spesso senza il contraddittorio. Non è tollerabile che questa serie di eventi avviati negli istituti, già in principio opinabili, sfocino in mera pubblicità politica!”. Lo affermano le senatrici del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura al Senato Enza Blundo, Michela Montevecchi, Manuela Serra. Ci sono infatti giunte diverse segnalazioni – spiegano – su scuole nelle quali, invece che di confronto, sarebbe più opportuno parlare di propaganda. Ultimo il caso dell’Istituto Ernesto Balducci in provincia di Firenze, città cara al nostro premier, dove venerdì scorso alle 14:30 si è tenuto un “confronto” con la deputata PD Simona Malpezzi e il vice segretario PD della regione Sicilia Professoressa Mila Spicola”. “Chiediamo immediatamente al Ministro Giannini e a Renzi stesso – concludono – delucidazioni su quanto sta accadendo. Non accetteremo come risposta la scusa che l’Onorevole Malpezzi e la Professoressa Spicola stiano ricoprendo un qualche ruolo istituzionale, perché l’influenza politica è chiara così come la mancanza di contraddittorio. I tempi bui della propaganda politica nella scuola non erano forse passati?”.

È davvero la velocità una buona consigliera? Ancora – davanti al castello di carte costruito frettolosamente (un mese di tempo dalla negazione che il piano Reggi avrebbe potuto avere attuazione alla pubblicazione de La Buona Scuola di Renzi) sul quale si è altrettanto frettolosamente proposto un modello di pseudo ascolto, apparentemente democratico, ma fortemente scandito per portare a casa un certo risultato – una riflessione: è davvero la velocità una buona consigliera? Premesso che sono personalmente convinta che questo Governo potrà, se lo vorrà, pubblicare qualsiasi tipo di risultato, fare una bella legge delega forte di un presunto appoggio di milioni e milioni di cittadini (i toni in genere sono questi) nella quale inserire nel tempo decreti attuativi con i contenuti che loro riterranno di dover inserire (d’altra parte la frase “ascolto tutti ma poi decido io” non è una mia invenzione), mi chiedo: è davvero necessario sostituire la riflessione con la velocità? È, soprattutto, una produttivo? Dipende – ovviamente – dai punti di vista. Da qual è l’obiettivo. Io so, però, che quando l’obiettivo sono stati il diritto all’apprendimento dei bambini e dei ragazzi, laicità, inclusività, democrazia, i tempi sono stati ben diversi. Per scrivere i Programmi della Scuola Elementare ci vollero 5 anni. Ovviamente emerse da quel lavoro quel capolavoro di pedagogia e didattica che furono i programmi dell’’85. “L’aver proceduto alla definizione dei programmi prima che a quella delle forme istituzionali può essere stato senza dubbio un rischio calcolato non privo di qualche vantaggio. [Con] il primato del pedagogico sull’amministrativo o in generale sull’esecutivo si è voluto prima disegnare un nuovo modello di scuola, e poi decidere gli aspetti strutturali da esso richiesti. A sua volta il legislativo dovrebbe inquadrare e raccordare la nuova realtà con l’ordinamento generale”. Così Mauro Laeng, Ordinario di Pedagogia e al tempo vicepresidente della relativa Commissione ministeriale sui Programmi della Scuola Elementare. È la descrizione di un percorso costitutivo che parte dalle esigenze dell’apprendimento e non del bilancio. Oggi, i tempi della “modernità” e preoccupazioni ben meno nobili del primato della pedagogia, a quanto pare, impongono ben altri ritmi, che non sono però nemmeno quelli dell’Europa, che pur chiedendoci sempre qualcosa, ma mai di prendere spunto dai percorsi più significativi e raffinati della sua democrazia.

Ci troviamo “consultati” su un documento, che ha pretesa di riformare la scuola, compilato in un mese. Non sempre l’ansia del fare pur di fare (o del dire di far pur di dire di fare) ha prevalso sulla riflessione, l’approfondimento e la pratica realmente democratica. E l’esempio di ciò ci viene ancora dall’Europa. Mi ha detto Benedetto Vertecchi, che ho intervistato sui “tempi rapidi” del governo: “Ti ricordo i lavori della Commission du débat national sur l’avenir de l’école, in Francia. Quella Commissione, che fu presieduta e coordinata da Claude Thélot [che era stato incaricato di organizzare e di fare la sintesi del grande dibattito nazionale pubblico sull’avvenire della scuola in Francia, voluto da Luc Ferry e Xavier Darcos. La sintesi del dibattito fu inviata al ministro Francois Fillon nell’aprile del 2004 il “rapporto Thélot” fu inviato al primo ministro il 12 ottobre 2004: entrambe commissionate per alimentare la riflessione sulla legge Fillon sulla scuola, ndr], fu voluta non da un bieco sovversivo, ma da un presidente della Repubblica di Destra, Jacques Chirac. Per dare autorevolezza alla Commissione, Chirac decise di farla coordinare da un personaggio di grande autorevolezza e competenza, appunto Claude Thélot, non legato alle forze politiche di maggioranza. Il rapporto finale della Commissione (Pour la réussite de tous les élèves), cui si iniziò a lavorare all’inizio del 2003, fu pubblicato a ottobre del 2004 ed è ora disponibile in formato digitale all’indirizzo http://www.ladocumentationfrancaise.fr/rapports-publics/044000483/. Il rapporto si aggiungeva a una imponente documentazione, oltre che a riflessioni e apporti di carattere metodologico, che la Commissione aveva pubblicato in oltre un anno di intenso lavoro. In particolare, è interessante un rapporto intermedio, dal quale è possibile farsi un’idea di come la Commissione abbia proceduto in un lavoro di sintesi rispettoso degli apporti ricevuti  nel corso dei mesi (Les Français et leur école. Le miroir du débat)”. Più di un anno e mezzo, dunque. Qui da noi, invece, tutt’altra tempistica: ci troviamo “consultati” – per modo di dire – su un documento, che ha pretesa di riformare la scuola, compilato in un mese.

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Su «Left» leggo un’intervista a Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale di Openpolis, l’associazione che si occupa proprio di trasparenza e di partecipazione democratica attraverso la rete e che ha appena pubblicato un dossier sulla “produttività” dei parlamentari italiani. “Temo che la consultazione non andrà da nessuna parte. Mi sembra soprattutto un’operazione di comunicazione, non di partecipazione né di trasparenza”. I motivi, secondo Smaldore, dipendono un po’ dall’impianto generale da cui discende labuonascuola.gov.it, cioè il sito passodopopasso.italia.it che secondo Openpolis non fa quell’accountability che lo stesso Matteo Renzi ha dichiarato di voler fare in più occasioni pubbliche. Cioè non c’è “rendicontazione”, non si danno «informazioni base su tempi, azioni e risultati dell’attività dell’Esecutivo» in modo da permettere la valutazione delle scelte.

65mila: ecco il numero delle risposte al sondaggio ufficialmente dichiarato mentre scrivo, a distanza di 3 giorni dalla chiusura del “sondaggio”. Una cifra decisamente deludente, considerando che ci sono 728 mila prof che sono indicati nell’organico di fatto, e 101 mila insegnanti di sostegno; 2.580.007 sono gli studenti della secondaria di II Grado; complessivamente 7.878.661 è il totale degli studenti italiani, cui corrisponde un numero più o meno doppio dei rispettivi genitori  (dati: La Scuola in cifre 2013-14, Servizio Statistico Miur). Oggi stesso, 12 novembre  – a tre giorni dal fatidico 15 – non paghi degli spot pubblicitari, (con i fondi dei contribuenti, sul cui uso verrà presto presentata un’interrogazione parlamentare), dell’occupazione dei siti istituzionali e di una parte delle scuole – è pervenuta nella casella di posta elettronica istituzionali @istruzione.it la seguente comunicazione:

Il 3 settembre il Governo ha pubblicato “La Buona Scuola”, un piano per rilanciare il sistema scolastico italiano. Il testo è disponibile all’indirizzo www.labuonascuola.gov.it
Sullo stesso sito, dal 15 settembre e fino a sabato prossimo 15 novembre, è possibile valutare e commentare il piano, e inviare le proprie proposte di integrazioni, critiche e conclusioni.
Sul sito www.labuonascuola.gov.it si può contribuire a disegnare la scuola del futuro attraverso tre sezioni:
–       un questionario, la cui compilazione può essere “salvata” e ripresa in ogni momento;
–       un’area per segnalare, organizzare e comunicare i risultati dei dibattiti sul territorio;
–       una terza sezione, per la raccolta e la discussione pubblica tra cittadini di buone pratiche e proposte su obiettivi concreti.

Oltre un milione di persone hanno già avuto accesso al sito, oltre centomila hanno partecipato online. Il mondo della scuola è già stato particolarmente attivo, in particolare attraverso gli oltre 1.200 dibattiti sul territorio promossi da docenti, dirigenti scolastici, studenti, genitori, personale della scuola, associazioni, cittadini.

Adesso, nei pochi giorni che ci separano da sabato 15 novembre, ci piacerebbe che tutti potessero dire la loro. Per questo, se non lo avete ancora fatto, vi invitiamo a partecipare alla consultazione andando sul sito www.labuonascuola.gov.it e a diffondere ulteriormente l’iniziativa. 

La scuola è la prima soluzione strutturale al rilancio dell’Italia, ed è per questo che il Governo vuole che ogni cittadino abbia la possibilità di esprimere la sua opinione.

IL MIUR

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Intanto l’altra sera Matteo Renzi a Porta a Porta ha parlato – parlato ancora – di scuola, con un certo evidente affanno, ma con un atteggiamento accattivante, insolitamente meno aggressivo. Non sappiamo cosa aspettarci nelle prossime ore, mentre ancora nemmeno una parola è stata detta sulla Legge di Iniziativa Popolare, che attende di iniziare il suo iter in qualche cassetto del Senato e della Camera. La LIP, infatti, è stata formalmente presentata nelle due Camere come disegno di legge e, in base all’art. 71 della Costituzione, ha almeno pari dignità rispetto alla proposta governativa, peraltro ancora non formalizzata. Il Presidente Renzi ha ripetutamente affermato che la scuola deve essere al centro dell’attenzione generale; se – oltre alla proposta governativa  in Parlamento è stata presentata formalmente anche la LIP, le regole più elementari della democrazia imporrebbero che un dibattito pubblico sulla scuola tenga conto, in condizioni di parità, di entrambe le proposte. In questo senso desidero far partire da queste mie considerazioni in libertà anche una proposta concreta: accetti il presidente Renzi – se ha davvero a cuore l’ascolto e la considerazione delle posizioni altrui – un confronto pubblico con il Comitato per la Riproposizione della Lip discutendo di un disegno di legge appoggiato come minimo dai 100mila cittadini che firmarono la legge di iniziativa popolare nel 2006; ma anche, oggi, da tanti che non la conoscevano e stanno generosamente partecipando al tentativo di darle la visibilità che merita.

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Marina Boscaino

Docente di italiano e latino in un liceo classico di Roma, blogger del Fatto Quotidiano e di MicroMegaOnline, e coordinatrice delll’Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica. Scuola e Costituzione il binomio cui ispira la sua attività di insegnante e giornalista e il suo impegno di cittadina.

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