Battesimi in redazione: scherzare sul serio con le parole

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Man mano che l’anno editoriale scorre frenetico e le nuove opere prendono consistenza e forma, in redazione ci si affeziona di molto ai figli adottivi che ci sono toccati in sorte o che ci siamo scelti: alcuni arrivano con un nome-titolo, per altri di tanto in tanto, al caffè o più solennemente chiedendo aiuto via mail, partono votazioni e pareri.

 

Alcuni libri, come nella vita vera, quella dei reparti maternità, dopo un’esistenza intrauterina portata avanti con un anonimo nome tecnico (manuale di storia per la scuola secondaria di primo grado) vincono il loro nome-titolo solo quando non se ne può più fare a meno: alla copertina, così come all’anagrafe, si arriva sempre. E poi lo guardi, il tuo libro, e da quel momento non potrebbe chiamarsi che così. Tutto chiaro, già noto, rassicurante. Bello come trovare il nome di un bambino. Ma poi: i battesimi si fanno impegnativi. Il tuo libro ha dei “satelliti”, il tuo libro ha nel suo DNA delle sorprese mica male! Devi prendertene cura, e – come un Tanguy dell’editoria – non ti lascia mai, diventa un sistema tentacolare, si espande a dismisura per soddisfare le esigenze che derivano dall’effettivo utilizzo in classe, dalla crescita scolastica dei nativi digitali, dal Ministro Profumo e dalla sua agenda digitale, dalla concorrenza.

Da molto ci stiamo attrezzando, ma le riunioni con i fornitori di intellighenzia digitale mi mandano ancora  un po’ in crisi: se manca un foglio di carta per schematizzare ciò che a parole mi raccontano, comincio conversazioni esibendo competenza e consuetudine pari al compagno di viaggio del proprietario del sarchiapone che, terrorizzato, se potesse lascerebbe lo scompartimento ma si è ormai troppo sbilanciato per poterlo fare. Talvolta, il battesimo multimediale genera mostri; talvolta scambi in culla: sto immaginando di collegare a quel libro cartaceo il corrispettivo LIM, il fratello tutto interattivo e solo multimediale, non stampabile e autocorrettivo, oppure  lo sfogliabile ma solo consultabile online, al quale affianco dei tools dalle funzionalità di base, o altro ancora? E dove lo leggo? E dove lo compro? E come lo chiamo per renderlo riconoscibile a una prima occhiata alla quarta di copertina data dall’insegnante, che dovrebbe riconoscere subito  ciò che sta per adottare, come a colpo sicuro una madre riconosce il suo bambino, chiamandolo per nome (senza confondersi però) sulla battigia affollata? Riprendo fiato: il battesimo multimediale in questi giorni ci sta occupando con riunioni di scambi di idee in redazione a proposito della creazione dei portali di materia.

Non per essere pignoli, ma le parole nella vita e nel nostro mestiere sono importanti: portale o sito web? Mi tengo il dubbio, rintuzzato però da  una collaboratrice alla quale avevamo chiesto di ragionare di un possibile portale scrive a me e al direttore editoriale dicendoci : “Uso il termine piattaforma perché dà l’idea di blended learning/teaching e non solo di repository (ciò che si definisce portale) anche se questi termini sono soggetti a cambiamenti di mese in mese ;)”. Mi incuriosisce, mi incaponisco, cerco un po’ in giro; voglio lavorare a qualcosa che ancora non ha un volto, ma forse un nome posso darglielo: portale, sito web, mini-sito, repository, forse non piattaforma?? Se so cosa voglio metterci all’interno ci sarà pure un criterio per chiamare il mio sarchiapone. Se devo mettere via il necessario per due giorni di viaggio prendo una cosa che chiamo trolley, per un viaggio di mesi mi organizzo con un set di valigie, per il trasferimento della vita un camion traslochi, o un container, se evado oltreoceano. Mi metto alla ricerca. Da qualche parte leggo che un portale è “un aggregatore di informazioni che offre un servizio di navigazione sul WWW facilitando il lavoro di ricerca”. Scopro che è nato come evoluzione dei motori di ricerca, e che associa agli strumenti tipici di questi (search engines e categorizzazione delle informazioni) altri servizi, informativi e non, allo scopo di proporsi come accesso preferenziale e guida per la navigazione via Internet. È un portale quello che ho in mente? Forse, non del tutto, in gran parte sì, però. Prima di decidere come battezzarlo farò un altro giro tra i parenti della redazione, magari qualcuno mi dirà che invece è meglio sito web; magari qualcun altro mi dirà di chiamarlo portale: è di moda, così come chiamare tutte le bambine Sofia.

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Laura Cavaleri

Già redattore per la casa editrice Loescher, ora responsabile dell’area lingue straniere presso RCS MediaGroup.

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