Mela o gallina? Fiabe, immaginario e differenze sociali

Tempo di lettura stimato: 9 minuti
Pensando a Rodari, rileggere le Fiabe italiane di Calvino per ragionare sulle diverse realtà storiche e regionali e sui differenti modi di vivere riflessi nei testi, diversità che si rispecchiano nello stile e nell’estetica.

 


Fiaba, materia prima dell’immaginazione

La fiaba è un oggetto robusto, che Rodari considera materia prima dell’immaginazione, perché in grado di sopportare manipolazioni e parodie, scomposizioni e ricomposizioni degli intrecci che ne evidenziano la struttura e la possibilità combinatoria. La mescolanza di episodi e di personaggi che evoca il fascino dell’ibrido, l’attualizzazione delle situazioni che collegano la fiaba al presente o la continuazione di una storia oltre il finale canonico sono solo alcune delle strategie di (ri)scrittura suggerite negli undici capitoli di Grammatica della fantasia dedicati alla fiaba.

Riscoprire Le fiabe italiane

Queste manipolazioni e (ri)scritture fiabesche non nascono dal nulla, ma si nutrono della «grande impresa di filologia fantastica che ha permesso a Italo Calvino di dare alla nostra lingua quello che essa non aveva ricevuto nell’Ottocento per l’assenza di un Grimm italiano» (Rodari, 1973). Rodari evidenzia qui il suo legame con le Fiabe italiane e considera le strategie fantastiche suggerite quasi delle (ri)scritture collegate alla tradizione folklorica, ribadendo l’importanza della fiaba a partire dalla quale prendono senso tutte le rivisitazioni, i ribaltamenti, e le trasformazioni.

Ma le Fiabe italiane possono essere anche un’occasione per riflettere sulle diverse realtà storiche e regionali e sui differenti modi di vivere riflessi nei testi, da cui emergono le distanze sociali, ad esempio, attraverso alcune metamorfosi esteticamente differenti.

Verranno ora presentate alcune osservazioni emerse dal confronto tra due fiabe italiane, simili per intreccio ma diverse per ambiente, interpretate con gruppi di studenti del corso di Letteratura per l’infanzia a cui erano state fornite delle domande-guida per innescare una discussione in piccolo gruppo.

Un confronto tra La ragazza mela e La gallina lavandaia

La ragazza mela e La gallina lavandaia provengono dalla Toscana e dalla Campania e, pur avendo un intreccio simile, presentano alcune diversità significative con ricadute stilistiche e estetiche dovute all’appartenenza ad ambienti sociali lontani.

La ragazza mela è segnalata da Calvino nell’introduzione come una delle fiabe più belle della raccolta: «Guardate quanto senso della bellezza in quelle comunioni o metamorfosi di donna e frutto, di donna e pianta: le due bellissime fiabe (sorelle tra loro) della Ragazza mela […] e della Rosamarina. Il segreto sta nell’accostamento – metafora: l’immagine della freschezza della mela e dalla ragazza» (Calvino, 1956).

La sterilità della regina e quella della lavandaia

La ragazza mela

C’era una volta un Re e una Regina, disperati perché non avevano figlioli. E la regina diceva: – Perché non posso fare figli, come il melo fa le mele?

La gallina lavandaia

C’era una volta una lavandaia, che era senza figlioli. Un giorno, mentre stendeva i panni, vide una gallina chioccia con dietro i suoi pulcini, e disse: – Madonna mia, anche se mi faceste fare per figlia una gallina, sarei contenta.

Il dolore per la sterilità, frequente nelle fiabe, accomuna regine e lavandaie, ma profondamente diverso appare l’atteggiamento dei personaggi nelle due fiabe. Il re e la regina si disperano mentre la lavandaia, abituata alla durezza della vita, appare fiduciosa. La regina si rivolge al re: «Perché non posso fare figli, come il melo fa le mele?» mentre la lavandaia, senza un marito a cui rivolgersi, si apre alle possibilità della preghiera: «Madonna mia, anche se mi faceste fare per figlia una gallina, sarei contenta». La regina, assuefatta al potere, non si spiega l’accaduto, mentre la lavandaia, abituata a accontentarsi, è disposta ad accettare per figlia anche una gallina e si affida alla Madonna con religiosità autentica. Il desiderio della regina e la preghiera della lavandaia vengono esauditi in modo diverso perché ai re della fiaba toscana nasce una mela, mentre alla lavandaia campana tocca una gallina.

La metamorfosi in mela e quella in gallina

 

Ora successe che alla Regina invece di nascerle un figlio le nacque una mela. Era una mela così bella che e colorata come non s’erano mai viste. E il re la mise in un vassoio d’oro sul terrazzo.

 

 

E così veramente le nacque per figlia una gallina. La lavandaia era contenta, e la teneva cara, e non passò molto tempo che questa figlia diventò una gallina grossa come non se n’erano mai viste

La seconda somiglianza è nella nascita straordinaria di una mela e di una gallina che darà origine alle metamorfosi in ragazza. Ma il tipo di creatura e la sistemazione presentata dalle due fiabe marcano le differenze sociali: la mela, esposta in un vassoio d’oro, è il frutto nobile e ambìto che evoca la mela dell’Eden e la contesa di Paride; la gallina sistemata in una cesta di vimini è una risorsa del mondo contadino, giudicata rozza e stupida dal senso comune (“il cervello di gallina”).

L’intreccio delle due fiabe è simile, anche se nella Ragazza mela si aggiungono gli episodi della partenza del principe per la guerra, l’intervento malefico della matrigna e l’aiuto risolutivo della zia fata del servitore fedele.

Creature straordinarie sottratte dai potenti alla famiglia

La terza somiglianza è nella richiesta pressante dei due re che, forti del loro ruolo, sottraggono le due creature straordinarie ai genitori. I reali per buon vicinato, e la lavandaia per soggezione sociale, sono alla fine costretti a cedere.

La ragazza mela

 

Ma il re tanto disse tanto insistette, che non gli si potè dir di no per mantenere l’amicizia tra vicini. Così lui si portò la mela in camera sua.

La gallina lavandaia

 

Ma il figlio del re disse tanto tanto fece, che la lavandaia non potè dir di no e si separò dalla sua figlia gallina.

A un ambiente sociale più alto corrisponde una maggiore complessità di intreccio e un maggior numero di situazioni, relazioni e personaggi (re, regina, altro re, dirimpettaio, matrigna, servitore, fata zia, ragazza mela) rispetto ai pochi personaggi della Gallina lavandaia (lavandaia, re, fate e gallina lavandaia).

Nell’episodio che segue la partenza del re per la guerra nella Ragazza mela si attivano l’inganno, il furto della chiave, la violenza contro la ragazza da parte della matrigna, in una scena suggestiva che evoca le invidie e le perfidie, il sangue e le violenze di corte.

Camille Pissarro, “La lavandaia”, 1878, collezione privata

La ricchezza degli oggetti e la complessità d’intreccio segnalano le differenze sociali

Anche la diversa quantità di oggetti presenti nelle due fiabe è significativa, perché contribuisce a connotarle socialmente. Nel caso della Gallina lavandaia la semplicità di vita e la povertà dell’ambiente è evocata dai pochi e poveri oggetti: i panni da lavare, uno straccio e una cesta. Nella Ragazza mela gli oggetti e la loro natura richiamano la ricchezza, il prestigio sociale e la violenza di chi li usa. Il vassoio d’oro, il pettine, la chiave della camera, l’oppio nel vino, lo stiletto e la polverina magica evocano sotterfugi, violenze e intrighi, assenti nell’altro testo. Se a corte servono oggetti preziosi e ricercati – stiletti e vassoi d’oro, oppio e polverine magiche –, alla lavandaia ne bastano tre: uno straccio per lavare, un cesto e un letto. A un ambiente sociale più basso corrisponde dunque un immaginario essenziale e meno evocativo.

Conclusione amara e contraddittoria

Esaminando la somiglianza degli intrecci, a prima vista, viene voglia di dar ragione Calvino quando dice che le fiabe sono sono vere perché sono il catalogo dei destini umani. Nonostante la distanza tra le classi sociali, c’è una parità sostanziale di fronte alle difficoltà della vita: la sterilità, le pene d’amore, la comune sorte di soggiacere a incantesimi e metamorfosi e il non poter liberarsi da soli. Ma la ricchezza narrativa, la suggestione dell’intreccio, i collegamenti intertestuali, la metafora poetica della ragazza che esce dalla mela, e non ultimo il parere di Calvino stesso finiscono per dimostrare che, alla fine, re e regine la spuntano sempre sulle lavandaie, fosse anche soltanto sul piano estetico.

La preferenza per una fiaba o per l’altra e l’identificazione degli studenti e delle studentesse nei personaggi si sono rivelate delle opportunità per esplorare sentimenti e atteggiamenti e per mettere a fuoco come le differenze sociali si riflettano nelle metamorfosi delle fiabe con risultati diversi sul lato estetico. La ragazza mela è stata indicata spesso come la fiaba più bella, ma un buon numero di ragazzi/e hanno preferito identificarsi nella gallina o nella lavandaia. Insomma, l’umanità calda e la fede della lavandaia in parecchi casi hanno riscosso più simpatia delle invidie di corte e della bellezza algida della ragazza mela.

 

Domande-guida per il laboratorio

 

La gallina lavandaia e La ragazza mela tratte da Fiabe Italiane di Italo Calvino

•       Quale fiaba vi piace di più?

•       Confrontate le due fiabe e individuate somiglianze e differenze.

•       Confrontate gli intrecci. Quale è più semplice ? Quali somiglianze di contenuto?

•       Che cosa potrebbe segnalare il fatto che in una fiaba c’è una mela e nell’altra una gallina?

•       Esaminate le caratteristiche e la numerosità degli oggetti.

•       Confrontate le differenze di numero e di comportamento dei personaggi delle due fiabe.

•       Compaiono elementi ironici o comici?

•       Quali collegamenti intertestuali?

•       Qual è il testo più poetico e più efficace esteticamente secondo voi?

La ragazza mela Link al testo

La gallina lavandaia Link al testo


Riferimenti bibliografici

I. Calvino, Fiabe italiane, Einaudi, Torino 1956
A. M. Cirese, Italo Calvino studioso di fiabistica, in Delia Frigessi (a cura di), Inchiesta sulle fate: Italo Calvino e la fiaba, Atti del Convegno, Lubrina Editore, Bergamo 1988
C. Lavinio, Calvino (ri)scrittore di fiabe, in La magia della fiaba tra oralità e scrittura, La nuova Italia, Firenze 1993
M. Lavagetto, Introduzione, in I. Calvino, Sulla fiaba, Einaudi, Torino 1988
G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino 1973

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Raimonda Morani

È ricercatrice dell’Indire e collabora al progetto Avanguardie Educative, coordinando un gruppo dedicato al tutoring e al lavoro autonomo a scuola. Col progetto “Didattica della scrittura attraverso la letteratura. Una ricerca sulla scrittura creativa a scuola” studia le pratiche didattiche degli insegnanti – scrittori. I suoi interessi di ricerca sono orientati sull’educazione linguistica e sulla letteratura per ragazzi, sulla promozione della lettura e sulla didattica della scrittura. Insegna a contratto Letteratura per l’infanzia a Formazione primaria alla “Sapienza” di Roma.

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