Uno sguardo alla fantascienza cinese #2

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A pochi giorni dalla quinta edizione milanese di Book Pride, fiera nazionale della editoria indipendente, nel cui contesto l’Istituto Confucio proporrà una tavola rotonda sulle novità della fantascienza cinese, proviamo a fare il punto per suggerire ai nostri lettori una mappa con la quale orientarsi in questo complesso fenomeno letterario. Seconda parte – qui la prima.
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Una copertina della rivista «Kehuan Shijie», Mondo fantascientifico.

Accanto ai filoni tematici più coltivati dalla fantascienza cinese fino alle soglie del nuovo millennio (robotica e clonazione; spionaggio tecnologico; viaggi spaziali), se ne sono aperti degli altri che affrontano, ad esempio, la pervasività dei nuovi media, la catastrofe ambientale, la competizione economica nell’era della globalizzazione e la formazione dell’uomo del futuro. Questa letteratura appare dunque come un’invisibile mano che trascrive un imponente diario collettivo, o come un rigoroso sismografo che registri anche i più impercettibili sommovimenti della realtà cinese e mondiale.

A sostegno di queste mie osservazioni generali, propongo qualche spunto tratto da recenti letture di testi ora disponibili anche sugli scaffali delle librerie italiane; mentre per orientarsi sulle più aggiornate dinamiche della cultura cinese contemporanea e sondarne le diverse traiettorie, consiglio l’eclettica piattaforma Sinosfere, che tra l’altro rimanda a un’utile sitografia sull’universo socio-politico-culturale cinese, da consultare in italiano.

Nel suo romanzo di fantapolitica, scritto nel 2008 e intitolato Shengshi: Zhongguo 2013, tradotto in italiano da Giovanni Garbellini e pubblicato con il titolo Il demone della prosperità, Longanesi 2012, Chan Koonchung fa risalire agli anni immediatamente seguenti la XXIX Olimpiade, quella che si svolse nel 2008 a Pechino, l’avvio di una sorprendente fase storica che lui definisce «Età dell’Oro dell’Ascesa cinese», in cui, oltre alla ricchezza e alla forza in campo economico, anche la mentalità del popolo cinese, soprattutto dei giovani, incomincia a mutare profondamente rispetto al passato. Essa si caratterizza per una diffusa “prosperità” e prende forma proprio nel momento in cui numerosi paesi dell’opulento Occidente vivono le dure e lunghe conseguenze di una tempesta finanziaria (il romanzo allude chiaramente al flop dei mutui subprime e al crollo della Lehman Brothers del 2007-08). Quest’occasione irripetibile spinge la dirigenza del Partito comunista cinese a mettere rapidamente in atto piani a lungo studiati e teorizzati. La Cina potrà così diventare sempre più forte e ricca, una grande e compatta nazione in costante e inarrestabile crescita, la nuova superpotenza mondiale di cui però non è ancora chiaro il ruolo, se riformista o autoritario, che vorrà svolgere il Partito Unico in un futuro a lungo termine.

È infatti responsabilità dei suoi vertici l’aver avvallato una decisione spregiudicata e machiavellica: diffondere fra la popolazione di questa “prospera” Cina un’epidemia ben più catastrofica della SARS che aveva funestato i primi anni del millennio: una droga simile all’ecstasy che procura l’oblio della Storia, la dimenticanza totale soprattutto di quanto avvenuto negli ultimi vent’anni. Chan ci mostra un paese trasformato in un’immensa terra di lotofagi: tutti soddisfatti, euforici, proprio come, aggiunge sarcasticamente, «gli operai, i soldati e i contadini rivoluzionari dalla faccia entusiasta che si vedono sui poster della Rivoluzione culturale».

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L’artista Ai Wei Wei nel film di fantascienza indipendente “La tempesta di sabbia” del 2014.

Da qui la domanda più o meno implicita che Chan Koonchung, ma anche altri autori di fantascienza, si pongono: davvero i cinesi sono disposti a vivere questa prosperità, che inebetisce e rende acritiche le persone? e quali sono il coinvolgimento e le responsabilità dello Stato e soprattutto dei suoi intellettuali in questa delicata fase di cambiamento della società?
Molte parti del libro hanno un taglio da inchiesta giornalistica, e la vicenda raccontata sembra uscire dai dossier secretati del Politburo cinese. La sinotopia, che Chan Koonchung colloca in un futuro per lui molto prossimo (2013) e che noi abbiamo già alle nostre spalle, ha toni chiaramente orwelliani, ma è pur vero che il XVIII Congresso del PCC del 2012, nel suo documento finale, utilizzò proprio l’espressione «perseguire la via alla prosperità», e i nuovi leader che vi si affermarono, Xi Jinping e Li Keqiang, incarnano proprio questa nuova linea di sviluppo.

Xin Lijian, blogger ed educatore molto seguito nel suo paese, in un articolo di commento “a caldo” sulle prospettive del nuovo governo Xi-Li (reperibile online sul sito Caratteri Cinesi nella traduzione di Tania Di Muzio), metteva bene in evidenza il primo nodo da sciogliere per indirizzare verso una “Cina umanista” e “più bella” gli imponenti programmi di sviluppo annunciati.

Infatti il progresso del benessere dipende certamente dal progresso della democrazia, e viceversa. Se così non fosse, se la democrazia non fosse che una conseguenza del benessere, ciò equivarrebbe a realizzare solo le aspirazioni personali; e se il benessere si sostituisse alla democrazia, ostacolandola, […] non solo non risolverebbe i problemi, ma intensificherebbe i conflitti, sarebbe uno sforzo vano e un’offesa agli altri.

[…] Un benessere che non fosse sorretto dalla democrazia, che si realizzasse sotto un sistema autocratico, sarebbe estremamente instabile, creerebbe quei privilegi che danno origine a una corruzione diffusa; sfruttando l’opportunità del benessere, la degenerazione si estenderebbe dall’alto al basso, con il risultato che quando il benessere raggiungerà le masse dei lavoratori, si tratterà di benefici piccoli come gocce nell’acqua. E dopo la diffusione progressiva di corruzione e degenerazione, il benessere sarà ancora degli autocrati. […]

Si comprende dunque perché la fantascienza cinese sia così seguita e apprezzata: sottotraccia tocca temi di scottante attualità a carattere socio-politico, laddove la censura ufficiale e soprattutto l’autocensura della carta stampata e dei media nel paese della Grande Muraglia è ancora severa e capillare. 

Ma c’è un’altra faccia della medaglia che occorre tenere presente. La evidenzia con chiarezza l’esauriente articolo di Michele Bellone, giornalista esperto nel settore della comunicazione scientifica, intitolato Fantascienza e progresso e pubblicato nel gennaio del 2018 sul sito Il Tascabile.

L’innovazione occupa un posto centrale nelle strategie di sviluppo cinesi. Il primo ministro Li Keqiang l’ha citata 61 volte nel discorso tenuto all’Assemblea nazionale del popolo nel 2016. In quel discorso, con il quale presentava il piano quinquennale di sviluppo economico, Li Keqiang ha annunciato le priorità del Paese del Dragone per quanto riguarda la scienza: l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di passare dal 2,05% del PIL nel 2014 al 2,5% entro il 2020; la diminuzione delle barriere burocratiche per i ricercatori; una riduzione del 18% delle emissioni di anidride carbonica e del 15% del consumo di energia; il raddoppio della produzione di energia nucleare. Oltre allo spazio, i progetti scientifici in cima all’agenda cinese riguardano neuroscienze e genetica, cybersicurezza, robotica, big data. E qui entra in gioco anche la fantascienza. Il sostegno governativo alla kē huàn, il termine che in mandarino indica la science-fiction, va infatti di pari passo al crescente investimento cinese nella divulgazione scientifica (kēxué pují, abbreviato kepu), alla quale già nel 2015 erano stati destinati circa due miliardi di dollari.

Pertanto, la notizia del 2 febbraio di quest’anno – che ha fatto rapidamente il giro del mondo – della sonda Chang’e-4 inviata dall’Agenzia spaziale cinese (Cnsa) e atterrata con successo sulla faccia nascosta della Luna, quella non visibile dal nostro Pianeta, non fa che sancire il successo di questi investimenti e confermare il paese asiatico come superpotenza spaziale.

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La sonda cinese sul lato oscuro della Luna.

Anche questo è stato lucidamente anticipato dalla sua fantascienza. In un racconto di qualche anno fa apparso su «Mondo fantascientifico», Han Song ci descrive un astronauta cinese che atterra sulla Luna. Il primo gesto che compie non è quello di esclamare «Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità», ma quello di tirar fuori la merce che ha a bordo e cominciare a fare pubblicità. L’ironico paradosso voleva da una parte sottolineare l’enorme slancio produttivo della Cina, dall’altra le ambiziose prospettive di certi programmi della Cnsa. Le missioni lunari cinesi, infatti, hanno il compito di studiare la superficie e sotto-superficie lunare, e quindi la geologia della Luna, per ricavare informazioni circa la composizione mineralogica e topografica del nostro satellite in vista di un suo ipotetico sfruttamento.

Se, come scrive Xia Jia nel suo testo saggistico inserito a conclusione di Festa di primavera, un florilegio di suoi racconti brevi tradotti dal cinese da Gabriella Goria, Alessandro Montana, Aurora Nori e pubblicati nel gennaio 2019 dalla già citata «Future&Fiction», le nostre storie sono costruite principalmente per un’audience cinese, i lettori di quel paese potranno dire di aver sperimentato grazie alla SF sia la rappresentazione di uno spazio siderale romantico, sfuggente, misterioso come avevano proposto alcuni testi degli anni Ottanta (Terra allo specchio (1980) di Zheng Wenguang, o Amore immenso (1987) di Jiang Yunsheng); sia quello triste, meditabondo, perfino funereo di Han Song (Le tombe del cosmo, 1992) o di Liu Cixin (Pianeta errante, 2000), e di venire ora forse proiettati verso un cosmo in cui la Cina è rappresentata come un competitor agguerrito e determinato a prolungare all’infinito l’e-commerce.

Ma gli scrittori cinesi di fantascienza non trascurano la base di queste avveniristiche missioni spaziali, il nostro pianeta Terra, e secondo i canoni di quello che Chen Qiufan definisce «realismo fantascientifico» (in “Uno sguardo alla Cina attraverso gli occhi della fantascienza”, pg.8 dell’antologia cit. L’eterno addio) sono intensamente connessi a problemi che riguardano la quotidianità di tutti noi. Proprio il trentottenne autore del Guandong, nell’“illuminato” racconto Buddhagram (2012), inserito sia nell’antologia di suoi testi ideata da Francesco Verso, con la traduzione di A. Cristallini e F. Secci intitolata L’eterno addio, a cura di Future & Fiction 2018, sia nel già citato libro antologico Nebula, ha rappresentato con ironia e suspence il perverso controllo da parte di gruppi di potere politico-finanziario delle informazioni che circolano a valanga sui media.

(continua)


Il futuro arriva da oriente: fantascienza cinese e dove trovarla – nel contesto di Bookpride. Francesco Verso, esperto di fantascienza, e Alessandra Lavagnino, direttore dell’Istituto Confucio, parleranno del fenomeno mondiale della fantascienza cinese, dello sviluppo del genere, e delle due antologie di racconti di fantascienza cinese in doppia lingua, «Nebula! e «Sinosfera», pubblicate da Future Fiction.
Il 17 marzo presso la Fabbrica del Vapore (via Procaccini 4, Milano), alle ore 16.00. Ingresso libero.

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Gennaro Rega

È stato docente di Lettere nei Licei. Ora è impegnato in alcune istituzioni culturali del territorio milanese, tra le quali le biblioteche di Pioltello e di Cernusco S/N e l’ACTEL di Segrate.

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