Il tema della guerra è divisivo per definizione. Più ancora che divisivo, è moralmente sfidante. È opportuno, ci si è chiesto in Redazione, parlare di guerra? Di guerra in senso proprio, tentando un’indagine (ontologica?) sul suo essere (di nuovo) qui, tra noi che la credevamo estinta e consegnata per sempre alla spazzatura della storia? Di guerra come condizione, o come destino, o come necessità… in ogni caso come realtà con cui, piaccia o meno, occorre fare i conti?
Le posizioni in Redazione sono diverse e spesso contrastanti. Non sulla guerra, ma sul parlare di guerra a scuola.
C’è chi ritiene che parlarne non dia un messaggio né educativo né appropriato per una rivista che si vuole occupare di didattica e di vita scolastica; e c’è chi pensa, invece, che non si possa considerare la scuola come una realtà avulsa dal contesto in cui opera. Vogliamo davvero nobilitare un concetto così aberrante, fino a dedicargli un intero numero della rivista, chiedono gli uni? Vogliamo davvero continuare a considerarlo solo un concetto? Rispondono gli altri.
C’è poi chi non pensa sia saggio dare dignità di trattazione a un argomento come questo senza almeno coniugarlo, in negativo, con sentimenti e valori più nobili e nei quali ci riconosciamo più facilmente: guerra e pace, quindi. O, se si preferisce, realismo vs idealismo. Argomento forte, a nostro avviso, che ha fatto valutare per un po’ possibilità alternative per il titolo di questo numero, e che si scontra però con una triste evidenza: di pace si è parlato tanto, tantissimo, nei decenni che ci separano dall’ultimo conflitto mondiale. Potrei anche dire “troppo” (se fosse lecito pronunciare un’aberrazione del genere), a giudicare dall’impreparazione psicologica e morale con la quale abbiamo visto precipitare gli eventi nel febbraio del 2022 e poi nell’ottobre del 2023. Per noi sarebbe stato anche comodo impostare così il numero: ci avrebbe definiti senza ombre né sfumature. Sarebbe stato anche onesto?
C’è infine l’obiezione più spinosa, quella che preoccupa maggiormente anche il sottoscritto, primo proponente del tema. Come fare a parlare di guerra senza contestualizzarla? Senza dichiarati riferimenti alle guerre attualmente in corso? Parlare di guerra in astratto non produce un vuoto esercizio retorico? E calarla nel concreto delle lacrime e sangue che ancora genera non fa rischiare uno schieramento indebito a una rivista che, della libertà di opinione, ha fatto la propria ragion d’essere identitaria?
È stata proprio la risposta che abbiamo dato a quest’ultima domanda a far pendere definitivamente la bilancia verso l’opportunità dell’argomento: parliamone, senza timore, ci siamo detti. Senza aggregarci collettivamente a nessuno schieramento né partito o movimento, ma lasciando a ciascuno dei nostri autori la libertà di esprimersi sul tema con la consueta indipendenza.
Da noi ogni opinione conta: la nostra ricetta per la pace è tutta qui.
In questo numero: Marco Aime, Johnny L. Bertolio, Silvia Capodivacca, Andrea Chimento, Marzia Freni, Tommaso Gennaro, Alessandro Gozzo, Francesca Nicola, Elena Rausa, Mauro Reali, Maria Stern, Sanna Strand, Aluisi Tosolini