Nell’Orto botanico di Palermo, dal 24 al 27 settembre si è tenuta l’undicesima edizione de “Una marina di libri”, rimandata all’autunno rispetto al solito giugno.
Ingresso scaglionato a fasce orarie, permanenza nell’area del festival limitata a sole due ore, obbligo di prenotazione e, ovviamente, di mascherina: difficile aver voglia di organizzare una manifestazione in queste condizioni; e tuttavia – durante quelle poche ore di tregua concesse dal vento fortissimo e dalla pioggia – i numerosi partecipanti hanno dimostrato gradimento per l’occasione che gli era offerta di passeggiare in uno dei più bei giardini d’Italia, tra gli stand degli editori e le postazioni delle scrittrici e degli scrittori impegnati in dibattiti, presentazioni e letture di grande qualità.
Il direttore artistico Pietro Melati ha espresso il suo punto di vista in un articolato editoriale che introduce il programma della manifestazione, intitolata “Mondimperfetti”.
Stiamo attraversando un deserto senza esserne attrezzati, il futuro che temevamo è arrivato troppo presto, anzi è già il passato. Siamo in transito tra due mondi e non per scelta, tutto si è fatto asimmetrico e deformato. Se organizzi una manifestazione di cultura, come il nostro festival indipendente siciliano, finisce che non devi occuparti tanto di libri e contenuti ma soprattutto di ingressi, flussi e deflussi, prenotazioni, distanziamenti e obbligo di mascherina. Pur senza esasperare (riaprire le scuole è stato indubbiamente molto più difficile) dobbiamo prendere atto che siamo chiamati – almeno per ora – a misurarci con una situazione generale che ci soverchia e lascia pochi margini. Tuttavia – proprio nei momenti in cui la navigazione si fa più perigliosa – possiamo raccogliere schegge, frammenti, ispirazioni, che spesso nella vita ordinaria – presi da mille impegni – tendono a sfuggirci. Possono diventare elementi utili per ridisegnare le nostre mappe personali e collettive. Diciamocelo pure: non è andato e non andrà tutto bene, per tanti versi troppe situazioni sono peggiorate, le condizioni già difficili del passato si sono ulteriormente acuite, molti dei nostri comportamenti sono anche peggiorati, come in una riproduzione inutile e meccanica della gratuità del male. Proprio per questo, a maggior ragione, spiccano le luci, i valori che sopravvivono al superfluo, i tentativi che vale la pena fare per mai rassegnarsi.
E di schegge, frammenti, ispirazioni, durante le ore trascorse all’Orto – e di bellezza, e di voci, e di parole – abbiamo comunque potuto fare scorta. Grazie a Masha Sergio, a Matteo Di Gesù e a tutte le persone coinvolte nell’organizzazione dell’evento, che per la qualità delle proposte e per l’unicità del luogo (immagino non facile da gestire) rimane davvero un appuntamento imperdibile: valeva davvero la pena riprogrammarlo sfidando lo scirocco e la pioggia e.
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Ancora: è vero, non sta andando tutto bene, e tuttavia negli stessi giorni, sempre a Palermo, si inaugurava – a pochi passi dall’Orto botanico, in via Santa Teresa, vicino a piazza Kalsa – la “bibliofficina occupata di quartiere” booq. Un luogo che deve trovare necessariamente spazio nella mia personale mappa dell’Italia in trasformazione, e che spero possa contaminare, con le sue idee, altri luoghi.
Si entra in un piccolo giardino, una porzione dell’antico convento delle Carmelitane Scalze, da cui si accede ad alcune stanze in cui poter stare insieme convivialmente – c’è anche una piccola cucina –, a leggere, a studiare o a conversare.
Al piano terra si trova la Bibliofficina, una vera e propria biblioteca delle cose: uno scaffale ingombro di trapani, forbici, set di chiavi, martelli, pompe, seggiolini per auto e altri oggetti che, si legge nel volantino di presentazione del progetto, «non ha senso che compri perché sai che li useresti poche volte per poi tenerli in casa in attesa di una seconda occasione, o perché magari costano troppo per le tue tasche».
Al primo piano ci sono le stanze della mediateca e della biblioteca per l’infanzia con un’area specificamente destinata ai più piccoli e ai loro genitori.
Gli scaffali bassi sono ad altezza dei piccoli lettori e lettrici; gli arredi sono scomponibili e ricomponibili (sedie affiancabili che si incastrano tra loro e che capovolte diventano tavolini), le finestre grandi, da cui entra la luce, il vento di quel giorno in cui l’abbiamo visitata.
Alle pareti, numeri della rivista Andersen, albi illustrati, libri di Gianni Rodari, appendiabiti colorati. Anche i bagni sono pensati per i più piccoli, con servizi a misura di bambino.
Una delle protagoniste del progetto, Giuliana Zaffuto, così racconta un episodio che ha preceduto l’inaugurazione:
Un nostro vicino è entrato in sede con aria bellicosa, perché non condivideva una questione riguardante un albero in giardino. Ma discutendo gli animi si sono placati e siamo finiti a parlare di suo figlio disabile che avrebbe potuto trarre giovamento dalle nostre attività. Noi la vediamo così, è anche il senso di APRIAMO (lo slogan usato per il manifesto dell’inaugurazione): aprire alla cittadinanza e curare spazi comuni significa creare spazi di dialogo, solidarietà e comunità. Eppure, non penso a questo progetto come un modo per pacificare gli animi. Piuttosto come una sfida a tutti quei princìpi che sono contrari ai valori di booq e del progetto Dappertutto. Ed ecco che l’inaugurazione di una semplice blbliofficina può diventare uno degli argomenti che ci aiutano a combattere la crescente disattenzione che si sta manifestando attorno alle politiche di welfare.
Ho lasciato Palermo con la solita borsa di libri da leggere con calma nelle prossime settimane, con la sensazione di aver consolidato alcune belle relazioni, e anche con una maggiore disponibilità ad accettare le regole previste da questa emergenza sanitaria.
Vale la pena fare qualche sforzo per stare insieme a persone che hanno scelto di condividere con gli altri spazi e risorse. Solidali.